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Professioni digitali online: dalle più remunerative a come fare business in Rete

Professioni digitali online: come fare business in Rete

Spopolano le professioni digitali online: quali sono le più remunerative e qualche riflessione su cosa significa oggi fare business in Rete.

I nuovi professionisti del digitale sono tra le figure più ricercate oggi all’interno di un mercato del lavoro in profonda trasformazione e in cui, per altro, il match tra competenze – sia tecniche, sia decisamente più soft e trasversali – richieste dalle aziende e possedute dai candidati sembra essere sempre meno scontato. Capacità di adattamento, aggiornamento continuo, intraprendenza, multitasking sono così tra i requisiti che fanno di un lavoratore del digitale un buon lavoratore del digitale. Il contraltare sono risultati concreti – popolarità, successo, più pragmaticamente guadagni – che (ne hanno fatto un mantra i sostenitori dello smartworking e del lavoro in remoto) per le professioni digitali online possono arrivare ormai grazie soltanto (o quasi) a un computer e a una connessione a Internet.

Professioni digitali online: alcune opportunità di carriera

Business Insider ha provato a stilare una top ten delle carriere da poter svolgere online e direttamente da casa. Dal blogger al social media manager, passando per l’assistente virtuale e il gestore di b&b, si tratta di mestieri che permettono di arrotondare un po’ a fine mese o che possono rappresentare invece delle vere e proprie entrate fisse. Basta saperci fare, ovvero basta avere una certa mentalità imprenditoriale e una vision chiara. Tra le professioni digitali online che più possono rivelarsi remunerative, così, ci sarebbero per esempio

  • l’assistente virtuale: sono ormai tantissime le aziende e le società che, non avendo una sede fisica, optano per il remoto anche quando si tratta di segretari e figure assistenziali che si occupino degli aspetti più organizzativi o logistici (fissare appuntamenti, curare il planning delle attività e delle scadenze aziendali, ecc.) o di mantenere una relazione con il cliente, tanto nel caso di un semplice primo contatto telefonico quanto per livelli più avanzati di customer care;
  • le lezioni online: se la parola d’ordine negli ambienti digitali è condivisione, i saperi sono da sempre, anche molto prima del web, oggetti per eccellenza di condivisione. Perché non mettere allora le conoscenze che si sono acquisite negli anni a disposizione degli altri internauti e, magari, provare a guadagnarci? Non importa che si tratti di decorazioni in pasta da zucchero, yoga o grammatica in mandarino: oggi ci sono decine di piattaforme che incrociano domanda e offerta di lezioni private, con tanto di sistemi di recensioni che assicurano il miglior servizio possibile a ciascuna delle due parti;
  • l’oste 2.0: il riferimento è, ovviamente, alla nascita di servizi come Airbnb che, nel pieno della filosofia della sharing economy, permettono a chiunque di mettere a disposizione di turisti e viaggiatori stanze che non si usano del proprio appartamento, con una serie di vantaggi per l’ospite che vanno dalla flessibilità nei tempi di prenotazione o di check-in e check-out, al risparmio oppure, ancora, alla possibilità di trovare la soluzione che fa più al proprio caso;
  • gli sviluppatori per il web: la categoria è fluida e comprende tanto figure specializzate nello sviluppo e nell’organizzazione di un sito web per esempio, quanto esperti di architettura dell’informazione o di web design. Inutile sottolineare come in questo caso conoscenze e abilità tecniche siano indispensabili;
  • il coach aziendale: la tendenza delle aziende è affidarsi ad un coach che provi, per esempio, a tirar fuori il meglio da ogni elemento e da ogni processo aziendale. In questo caso la presenza fisica in azienda può non essere fondamentale, almeno non quanto altre qualità come empatia, carisma, capacità d’ascolto e di problem solving;
  • il proprietario di un negozio virtuale: la soluzione più veloce ed economica e (quasi) a rischio zero è aprire un negozio sui più famosi marketplace , come eBay. Una nicchia d’oro è in questo senso quella del collezionismo: prime edizioni di libri introvabili, giocattoli d’epoca e altri oggetti che si trovano comunemente su bancarelle e nei mercati delle pulci possono essere rivenduti a cifre importanti. Più in generale, comunque, aprire un eCommerce potrebbe essere un buon punto di partenza.

Cosa significa oggi fare business online

Non importa, insomma, che tipo di prodotti o servizi si offra: per molti la Rete sembra essere diventata ormai una sorta di Eldorado da conquistare a tutti i costi; quello che spesso non si dice però quando si parla di business e professioni digitali online è proprio che la Rete può essere anche «teatro di tante sconfitte: tante persone provano a posizionarsi online pensando che basti creare un sito, investire in campagne di affiliazione o pubblicità su Facebook, provare a diventare uno youtuber o a creare video virali o l’app del momento. È vero che tutto questo può portarti al successo, ma regna anche tanta confusione», racconta in un’intervista ai nostri microfoni Mik Cosentino (ex campione di nuoto e ora infoimprenditore, come ama definirsi, ndr).

Non tutte le idee si rivelano del resto l’idea del secolo. Prima di investire tempo, denaro, risorse in progetti di business online destinati al fallimento serve guardare al mercato, chiedersi di cosa veramente ha bisogno e se (ed eventualmente perché) si è davvero la persona, la realtà migliore per soddisfare il bisogno di mercato in questione. «Non serve improvvisare. Non è perché il trend è oggi aprire un ristorante di sushi, che pure in centro a Roma fattura milioni, che devi convincerti a farlo in un paese di soli vegani, banalizzando, dove potresti fallire entro un anno. Quando si vuole fare business online è necessario partire da cosa  le persone sono già predisposte e comprare, quali sono i problemi reali che hanno bisogno di  risolvere – continua l’esperto – e, ancora, come, con la propria proposta, si riesce a portare quelle stesse persone da dove sono adesso a dove le si vuole fare arrivare».

Le caratteristiche di un buon imprenditore digitale

Se le professioni digitali online sono tante, e di conseguenza anche le skill che richiedono sono varie e settoriali, ci sono abilità e caratteristiche trasversali che l’imprenditore digitale non può non avere. Abilità e caratteristiche, tra l’altro, in tutto e per tutto identiche a quelle indispensabili anche per chi vuole fare impresa in maniera tradizionale: una pizzeria in centro e un business online, del resto, si somigliano più di quanto si sia disposti a pensare. La prima di queste è una certa mentalità imprenditoriale: è per certi versi una vera e propria attitudine innata, ma può essere allenata esattamente come ci si può «allenare a pensare che laddove ci sono problemi ci sono anche le più grandi opportunità e che ognuno può diventare proprio quella persona in grado di creare ponti tra problemi e soluzioni», sottolinea Cosentino. La capacità di ascoltare il mercato è ancora, secondo l’imprenditore, una skill indispensabile per chi vuole avere successo con le nuove professioni digitali online: ci sono tool e pratiche che possono aiutare in questo senso (come fare data analytics o usare i tool per il brand monitoring, ecc., ndr) ma la cosa che serve veramente è «andare in mezzo alle persone, fisicamente o digitalmente poco importa, e ascoltarle, capire di che cosa si stanno lamentando, che cosa vorrebbero raggiungere, perché non lo hanno ancora  fatto. Ciò significa crearsi un vero e proprio avatar del cliente tipo, che ne mostri chiaramente dubbi, sogni, desideri, paure, ostacoli, lotte combattute o frustrazioni».

Perché è importante (e come) puntare alla nicchia

A scoraggiare i potenziali imprenditori della Rete potrebbe essere oggi soprattutto un mercato saturo nella maggior parte dei suoi settori. Per questo una scelta strategica quando si prova a far crescere il proprio business online potrebbe essere puntare alla nicchia. Ancora una volta partire dall’analizzare il mercato, e in questo caso il sottomercato, di riferimento è di fondamentale importanza: che cosa sta succedendo al suo interno? Chi sta vendendo già? Come posso differenziarmi e creare un’unicità tale che il mio prodotto sia percepito come diverso, migliore rispetto a quelli che già esistono? La nicchia la si raggiunge davvero quando si crea «un nuovo modo di fare, un nuovo modo di consumare una determinata esperienza», chiarisce Cosentino. Uno degli esempi più classici è quello delll’iPod: c’erano già lettori cd e lettori mp3; esteriormente ed esteticamente l’oggetto Apple non sembrava poi molto diverso da questi ultimi; eppure risolveva un problema – il lettore cd se era usato per correre veniva scosso e, nonostante avesse l’antishock, poteva incepparsi e il lettore mp3, anche se non aveva questo problema nei movimenti, aveva poca memoria – e, ancora di più, cambiava completamente l’esperienza d’ascolto musicale dal momento che si poteva portare con sé praticamente un numero infinito di brani. Allo stesso modo per le attività nate e cresciute in Rete, che spesso rischiano di essere una la copia dell’altra, differenziarsi è l’unico modo concreto per raggiungere la propria nicchia di profittabilità e differenziarsi vuol dire, nella maggior parte dei casi, «trovare un’intersezione tra le cose che sai fare, le cose che ti piacciono e quelli sono i bisogni e i desideri del mercato che hai davanti», continua.

Tra le capacità indispensabili per un imprenditore del web c’è, ancora secondo Cosentino, quella di «creare soluzioni, non prodotti. Se vado a fare la spesa oggi trovo da una parte l’insalata a cespo che costa, le cifre non sono indicative, 0.48 € al kg e dall’altra la stessa identica insalata, messa in una busta e già lavata, che costa invece 8 € al kg. Nel primo caso sto vendendo un prodotto, nel secondo una soluzione a prova di chiunque non abbia voglia di lavare l’insalata, non sappia tagliarla, non abbia tempo di farlo, ecc.».

Il personal branding serve alle nuove professioni digitali online?

Anche quando nella migliore delle ipotesi si rispettino queste regole d’oro delle professioni digitali online, quando il proprio business online è ancora poco conosciuto è indispensabile comunque riuscire a intercettare un pubblico e l’unico modo per farlo, o quasi, è giocare sul proprio brand personale. Non è detto però, in questo senso, che fare personal branding significhi solo finire in TV, sui giornali, avere like e interazioni sui social: in molti casi può voler dire «dimostrarsi concretamente utile a qualcuno e, una volta che si è riusciti a essere utili anche a una sola persona, riuscire a scalare e poterlo essere per due, cinque, dieci, cento persone».

La stessa volontà di esporsi in prima persona dell’imprenditore digitale del resto potrebbe essere, dal lato del cliente, una garanzia circa la natura del prodotto o servizio che si va ad acquistare, in una cornice in cui il sovraffollamento non è sempre amico della qualità. Metterci la faccia, del resto, ha a che vedere sempre con il «creare qualcosa che io stesso comprerei o farei comprare a mia madre o a mio padre, in virtù del problema che aiuta a risolvere. Quando credi fermamente in quello che vendi – conclude Cosentino – hai una sorta di obbligo morale a condividerlo con il tuo pubblico e fare in modo che lo compri: non c’è tanto in gioco il tuo guadagno, il tuo beneficio personale quanto quello del tuo stesso pubblico; anzi spesso si comincia a guadagnare davvero proprio quando si crea un valore altrettanto reale per le persone a cui ci si rivolge».

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