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Leadership diffusa: nuova gerarchia in azienda con l'holacracy

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L’holacracy è la concretizzazione della leadership diffusa: un sistema in cui non ci sono capi, ma ognuno è leader di se stesso.

È cominciato tutto quando Brian Robertson, stanco di sentirsi imprigionato in statiche ed oppressive dinamiche aziendali, ha concretizzato la propria leadership diffusa nella nuova forma gerarchica: l’holacracy, neologismo coniato dallo stesso Robertson. Il programmatore statunitense, divenuto oramai il guru della gerarchia imprenditoriale, grazie al suo Ternary Software ha implementato brillantemente la propria idea di leadership diffusa in una nova forma gerarchica basata sulla condivisione e sulla necessità di “non imporre nulla a nessuno ma delimitare e stabilire i confini del lavoro“.

Robertson è partito dalla teoria degli oloni (coniata dal filosofo e scrittore Arthur Koestler), una perfetta evoluzione della teoria del sistema ecologico di Bronfenbrenner. In effetti, come le sfere concentriche di Brofenbrenner che inglobandosi l’una nell’altra definiscono il contesto di sviluppo dell’uomo, così anche gli oloni, singole entità aziendali, influenzandosi a vicenda, definiscono il clima aziendale. Aspetto comune è, appunto, la visione circolare dell’uomo e dell’azienda, in quanto insieme di entità singole che si legano e si influenzano a vicenda. Da ciò nasce la filosofia dell’Olocrazia: creare un sistema in cui le singole entità si inglobano nelle altre, sviluppando un bisogno di confronto e collaborazione, dando così vita al modello della leadership diffusa che, basandosi sulla definizione dei ruoli e sulla consapevolezza delle potenzialità di ciascuno, funge da ponte tra l’abbandono della vecchia gerarchia verticistica e il nuovo approccio.

Le definizioni di leadership diffusa e di holacracy sono fornite da uno studio di Top Employers Institute realizzato nel 2015 su un campione di seicento aziende di tutto il mondo, che insieme a ben tremila dipendenti ha analizzato in dettaglio l’evoluzione del modello di controllo ed è riuscito a identificarne il nuovo senso di leadership diffusa, definendo così l’identikit della struttura gerarchica più rappresentativa di essa.

Dal suddetto identikit emerge, infatti, l’idea di una leadership collaborativa, empatica, tecnologica, condivisa e, soprattutto, dinamica e flessibile, in quanto aperta ai cambiamenti e capace di adattarsi ad essi. In questa prospettiva, ovviamente, non può più continuare ad esistere la figura del leader come singolo al vertice dell’azienda, ma in tal senso sorge la necessità di condividere oneri e onori del comando tra più collaboratori, in un’ottica continua di confronto e dialogo.

Da qui la definizione di leadership diffusa, nella quale il leader è chiamato ad abbandonare il vertice del potere, in favore di una posizione più simmetrica rispetto ai collaboratori che si esplica proprio nella condivisione di responsabilità, decisioni ed esperienze. In questo senso, i leader per diventare ‘diffusi’ dovranno, come la fenice, rinascere dalle tenebre verticistiche e volare verso la dimensione spirituale del coaching. Difatti, esattamente come il coach aziendale, il leader diffuso non dovrà più soltanto guidare, ma soprattutto motivare i collaboratori, ricoprendo un nuovo ruolo, più complesso, ma se vogliamo anche più completo, in quanto gli sarà richiesto di essere flessibile nel cogliere i pregi e difetti dei collaboratori per valorizzarli e aumentare il loro senso di appartenenza all’azienda, riuscendo a coinvolgerli nella concretizzazione della cosiddetta vision aziendale, gestendone problematicità e criticità. Dunque, necessarie per i futuri leader diffusi saranno una coinvolgente empatia, una spiccata comunicazione, una fondamentale analiticità e una profonda flessibilità e apertura ai cambiamenti e alle diverse culture.

Naturalmente, all’interno di questo quadro, non può che emergere una forte e pregnante necessità di sviluppo tecnologico, in quanto fondamentale nei processi come l’online coaching e mentoring, l’e-learning, le collaborazioni virtuali o il social networking, come sappiamo in continua ed esponenziale evoluzione.

Sebbene il grande negozio online di scarpe di Amazon, Zappos, sia approdato felicemente a questa nuova modalità gerarchica, permane ancora un deludente scetticismo al riguardo, figlio della tendenza umana all’essere statico e a rifiutare il cambiamento, in virtù di una perenne abitudine ad accettare di buon grado quello che la realtà offre senza analizzarne l’esigenza di trasformazione, sacrificando così la volontà di mettersi in gioco e cambiare. Lo sa benissimo la piattaforma Medium che, come Zappos, era approdata a questa nuova impostazione gerarchica, dimostrando spirito di cambiamento e propensione al rischio: solo che, nel momento in cui si è resa conto dell’inconciliabilità con la propria natura aziendale, ha preso la decisione di cambiare repentinamente rotta, ritornando alle origini. Perché, in fondo, il bello di cambiare è questo: prendere coscienza di alcuni aspetti, valorizzandoli laddove è possibile o abbandonandoli se necessario.

Da ciò si comprende come la strada della leadership diffusa sia ancora tutta in salita, ma anche quanto possa ancora cambiare la gerarchia aziendale del ventunesimo secolo, grazie alle ricche e innovative potenzialità che ne sono insite. Infatti, la continua esigenza delle aziende di adattarsi ai cambiamenti crea nel capo il bisogno di un costante e continuo confronto con i colleghi, con diverse realtà organizzative e culture imprenditoriali, condividendo esperienze, idee, decisioni e responsabilità. In quest’ottica si auspica una maggiore accettazione di questo modello di leadership, in quanto si è oramai consapevoli che proprio nel dialogo e nel continuo confronto tra le parti siano da ricercarsi le soluzioni migliori.

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