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"Buyology for a coronavirus world", ovvero "Adesso - Ripensare vita e lavoro in un mo(n)do diverso"

Alcune riflessioni di Martin Lindstrom su consumi, necessità e stili di vita, nel cambio di prospettiva imposto dal COVID-19: "Buyology for a coronavirus world".

EDITORE Lindstrom Company
PUBBLICATO 2020
EDIZIONE
PAGINE 68
LINGUA inglese
ISBN/ISSN 9798640898170
AUTORE
M. Lindstrom
VALUTAZIONE Inside Marketing

Recensione Inside Marketing

Un libro che è una riflessione su quale sarà l’impatto della pandemia causata dal COVID-19 sul mondo e, in particolare, su quella che si può tradurre come “acquistologia“, una disciplina ideata e così denominata, in ambito neuromarketing , dall’autore Martin Lindstrom per spiegare come le decisioni di acquisto che prendiamo ogni giorno siano guidate da pensieri subconsci, emozioni e desideri. È questo, in breve, il contenuto di “Buyology for a coronavirus world”, una sorta di appendice a un suo libro precedente, “Buyology: Truth and Lies About Why We Buy” (tradotto in italiano come “Neuromarketing – Attività cerebrale e comportamenti d’acquisto”) o, anche, un approfondimento della tematica focalizzato unicamente sulle conseguenze che l’emergenza sanitaria in corso avrà – e già sta avendo – sulla vita delle persone, sul loro lavoro e sui loro acquisti.

L’influenza di paura ed empatia sui modelli di business e di consumo analizzata in “Buyology for a coronavirus world”

Martin Lindstrom offre infatti, in questo breve e scorrevole libro, diversi e interessanti spunti di riflessione agli imprenditori che, in numerosi casi, a partire da gennaio 2020 hanno dovuto imparare cosa significhino termini ed espressioni come “innovation”, ” disruptive innovation ” o ” lavoro da remoto “, ma si devono destreggiare in un contesto che è ancora totalmente nuovo e che offre delle nuove opportunità ma impone anche dei limiti, in alcuni settori (come quello alberghiero o della ristorazione) più che in altri.

La situazione di emergenza sanitaria ha portato a un incremento dell’utilizzo delle tecnologie e del traffico Internet, ad esempio, ma ha portato anche le persone a chiedersi quale sia il loro scopo nella vita, sia sul lavoro che a casa, e ha provocato un trauma profondo che si è già radicato nel subconscio di ognuno, coinvolgendo soprattutto la sfera dell’empatia e della paura.

L’attenzione all’empatia

L’empatia, in modo particolare, è messa in pericolo dall’invasività del ricorso alla tecnologia nella vita quotidiana: cosa succede, si chiede l’autore, se si sta sempre al telefono, alzando raramente lo sguardo da esso, se si impiegano solo «sei secondi per salutare qualcuno su Tinder», se si registrano i primi passi di un bambino non attraverso i propri occhi, ma «per lo schermo irrinunciabile» di uno smartphone?
Si tratta di uno degli argomenti cruciali trattati nel libro, perché questo sentimento ha una rilevanza primaria nel modo in cui gli individui interagiscono e, addirittura, nella sopravvivenza della collettività. La perdita dell’empatia, inoltre, è causata anche dall’utilizzo obbligatorio della mascherina per fronteggiare il coronavirus: «mi sono reso conto che la mascherina ha fatto molto di più che minimizzare la diffusione del virus», afferma l’autore, che ritiene che proprio questa principalmente «ha eliminato l’empatia».
Un tema che ha molta importanza nell’analisi del comportamento di acquisto , anche perché diversi studi hanno dimostrato, per esempio, la rilevanza delle microespressioni facciali quale indicatore di cui tenere considerazione.

L’importanza della paura nelle decisioni di acquisto

Non solo un rischioso indebolimento dell’empatia, ma anche un accentuarsi della paura. Perché durante il lockdown, per esempio, c’è stata una “caccia” alla carta igienica? «La risposta non è che abbiamo deciso di andare in bagno più spesso durante la pandemia», spiega l’autore; piuttosto la ragione è che c’è stato un sovraccarico di una regione del cervello a causa del nostro istinto di sopravvivenza primordiale: «la nostra aerea cerebrale della paura, detta anche amigdala. Abbiamo paura di rimanere senza cibo, di essere dimenticati e di morire da soli», così come di essere esclusi dalle nostre “tribù” (nel caso in cui si contraesse il virus, per esempio). Si è innestato, insomma, un marcatore somatico negativo nel cervello che ha avuto un impatto significativo sui nostri comportamenti ma che lo avrà in maniera ancor più evidente in futuro; basti pensare a come oggi si fa la spesa, a come si spinge il carrello della spesa, a come si tocca il pulsante di un ascensore o una maniglia in maniera differente, ecc.
Da ciò si desume che diversi settori saranno molto indeboliti da questa situazione e che muteranno significativamente i trend di consumo post coronavirus, anche per anni dopo che sarà stato debellato il virus.

Consumi e brand “pandemici”

Già nei primi mesi della diffusione del COVID-19, del resto, si è potuto notare un forte impatto del coronavirus sui consumi (non solo l’acquisto della carta igienica, ma anche l’acquisto di beni a lunga conservazione, di profilattici, ecc.). «Si tratta di autoconservazione – per dirla con le parole dell’economista americano Alan Greenspan dopo il crollo finanziario del 2008 – o di “esuberanza irrazionale», spiega l’autore. Si è assistito, anche, a una maggiore attenzione alla capacità di spesa e ai brand sostenibili o a quelli che hanno mostrato più cura nella protezione delle persone.
Martin Lindstrom afferma, allora, che nasceranno nuovi brand mentre altri dovrebbero riconvertirsi, tenendo in considerazione che probabilmente i «brand pandemici» ai quali ci si è abituati, quelli cioè che sono stati scelti in questi mesi, saranno scelti anche quando il virus sarà sconfitto. Dovrebbero tenerne conto in special modo i beni di lusso, perché probabilmente si continuerà a puntare al risparmio così da poter comprare prodotti a prezzo più alto che possano dare veramente un valore in più al proprio vissuto.

«L’economia mondiale in futuro si riprenderà, anche se ci vorrà qualche anno, ma sono convinto che le cose non torneranno più come prima. La maggior parte delle ragioni si trova nel nostro cervello primordiale, in come agiamo e viviamo sotto una nube di paura»: si può così riassumere la riflessione di Martin Lindstrom in “Buyology for a coronavirus world”.
Di tutto ciò, e anche della mancanza di contatto fisico e della necessità di socializzazione anche in un contesto offline, dovrebbero tener conto le imprese, rivedendo il proprio scopo (purpose) e il mondo valoriale legato al proprio brand, perché il comportamento del consumatore muterà ulteriormente, così come cambierà anche quello dei collaboratori e dipendenti. «Non sarete ricordati per le vostre vittorie o le vostre sconfitte, ma per come c’eravate per i vostri collaboratori e i vostri clienti», ricorda Martin Lindstrom.

Se ogni generazione è caratterizzata da un evento traumatico, quello più forte della nostra è dunque il coronavirus, che sta provocando un trauma profondo, già radicato nel subconscio di ognuno; “Buyology for a coronavirus world” è un libro che apre in tal senso a spunti e riflessioni – sempre supportati da dati, con la la specifica di ogni fonte di riferimento, va precisato –, e che in versione inglese è stato messo a disposizione dei lettori gratuitamente sul sito di Martin Lindstrom.

“Adesso – Ripensare vita e lavoro in un mo(n)do diverso”

A rendere ancor più immediato l’argomento centrale di “Buyology for a coronavirus world” è, allora, il titolo dato in italiano: “Adesso – Ripensare vita e lavoro in un mo(n)do diverso” (edizione de Il Sole 24 Ore e Hoepli), con una doppia lettura di “mondo” e “modo”, offerta dall’utilizzo della parentesi, che ne rende più completo il senso.
Da notare anche che nella traduzione del titolo si punta l’accento su “adesso”, parola che chiude l’invito ai lettori nella prefazione scritta d Stuart Crainer (cofondatore di Thinker50): «Buyology for a coronavirus world dà un senso al nuovo ordine mondiale integrando la proverbiale attenzione di Lindstrom per i dettagli che definiscono gli esseri umani con dati convincenti. Va letto. Adesso».

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