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#Egophonia. Gli smartphone fra noi e la vita

In "Egophonia" Monica Bormetti ci guida a riflettere sul ruolo che attribuiamo agli smartphone e su come farne un uso davvero più consapevole.

EDITORE Hoepli
PUBBLICATO 2019
EDIZIONE
PREZZO 12,66 su Amazon
PAGINE 160
LINGUA italiano
ISBN/ISSN 9788820389123
AUTORE
M. Bormetti
VALUTAZIONE Inside Marketing

Recensione Inside Marketing

Digital detox, FOMO, eremitismo digitale sono formule diventate familiari ai più in questi anni in cui, volenti o nolenti, ci siamo arresi a interporre gli smartphone fra noi e la vita. Quelle che tutti e sempre più precocemente abbiamo tra le mani, anche nelle situazioni più impensabili, sono – parafrasando una delle metafore di “#Egophonia. Gli smartphone fra noi e la vita”, testo di Monica Bormetti edito da Hoepli – vere e proprie Ferrari che non sempre, però, sappiamo bene utilizzare e di cui, soprattutto, non riusciamo a controllare l’impatto.

Egophonia, ovvero se quello che facciamo con lo smartphone caratterizza il nostro io

Una lunga tradizione di studi, del resto, ha provato a dimostrare come nessuna tecnologia sia neutra fino in fondo: gli smartphone – e la riflessione vale per la maggior parte dei device che indossiamo ogni giorno – non lo sono per design, pensati appunto per essere personalizzati nella grafica e con app diverse a seconda delle esigenze del proprietario o del singolo utilizzatore. A partire da qui, quello che “Egophonia” fa e che non fanno invece molti saggi simili, che pure affrontano la questione della dipendenza da smartphone, è snocciolare una serie di interrogativi che porsi significa già avere intrapreso la via per un uso davvero più consapevole e non solo ridotto nel tempo della tecnologia. Certo lo fa con un linguaggio scorrevole, a volte preferendo la chiarezza espositiva all’approfondimento, con l’appeal più di corsivo da giornale che di saggio per addetti ai lavori, che comunque potrebbero trovare di qualche interesse la lettura anche grazie a qualche curiosità, dato, infografica che arricchisce il testo. Soprattutto lo fa a partire da esempi di vissuto comune: la pubblicità di qualcosa che abbiamo cercato su Amazon che ci perseguita ovunque in Rete, il responsabile risorse umane dell’azienda per cui vorremmo lavorare che spulcia i nostri profili social, il led delle notifiche sempre acceso e che ci distrae da quello che stiamo già facendo, le relazioni – anche le più intime – che diventano mediate dalla tecnologia, la nostra incapacità di annoiarci in fila alle poste con l’app di Facebook aperta e lo swipe veloce sulle vite degli altri. Dietro formule così astratte e così amate dagli addetti ai lavori, come “reputation economy”, “deep working” e “deep reading”, “analfabetismo funzionale” e “emotivo”, si nascondono del resto le nostre abitudini e tutto quello che facciamo in Rete e che, ancora una volta che lo vogliamo o meno, contribuisce al processo di categorizzazione del sé, tanto da parte degli altri quanto in prima persona.

Dal background professionale dell’autrice devono provenire alcune note curiose che costellano il saggio e che riguardano, per esempio, come funzionalità e plasticità del cervello si stiano evolvendo in accordo alle nostre abitudini digitali: ci sono, del resto, studi che suggeriscono che persino le aree legate al controllo di pollice e indice sono più sviluppate oggi di un tempo e un termine, “Goggleheimer”, da usare tutte le volte un cui ci dimentichiamo cosa stavamo per cercare su Google pure se avevamo preso in mano lo smartphone proprio per quello.

Contro la dipendenza dalla tecnologia: una formula smart per l’uso di smartphone e co.

Sbaglia, però, chi leggendo “Egophonia” si aspetta una lunga damnatio nei confronti di tecnologie e ambienti digitali: se c’è una cosa da imparare dal saggio non è come farne a meno, ma come riuscire a farne un utilizzo davvero consapevole e utile alla nostra vita quotidiana. Bastano piccole accortezze che, più che rendere necessaria una pausa disintossicante dal telefonino, ci aiutano a non diventarne dipendenti. Sono accortezze come disinstallare le app che non si usano e impostare le altre in modo che la schermata dello smartphone sia davvero funzionale e non simile a un luna park di lucine e colori o evitare di controllare spasmodicamente le notifiche di WhatsApp e simili, soprattutto quando si è a cena e in compagnia (ovvero in gergo fare phubbing), o ancora tornare a usare strumenti ad hoc quando si ha bisogno di sapere l’ora o si vuole sentire la radio per esempio. Non cadere o uscire dalla dipendenza da smartphone insomma è meno complicato di quanto si possa pensare e ben riassunto dalla formula SMART: studia il tuo comportamento, metti in chiaro i tuoi obiettivi, attua il cambiamento, riqualifica il tuo tempo, traccia il tuo futuro. A ciascuno di questi punti è dedicato un capitolo del saggio e, soprattutto, una serie di schemi pratici, esercizi di comprensione e test di autovalutazione, contributi e approfondimenti scritti da esperti del settore che dovrebbero fare da buona guida a chiunque voglia smettere di frapporre gli smartphone tra sé e la vita per prendere a utilizzarlo davvero come oggetto magico.

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