L'arte dello storytelling
In che modo lo storytelling può attirare clienti, influenzare il pubblico e trasformare la tua aziendaCome si comincia a raccontare il proprio brand, la propria impresa personale? Il saggio di Kindra Hall riassume le più classiche teorie narrative in strumenti pratici per chi è alle prime armi con lo storyelling aziendale.
EDITORE | Alise |
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PUBBLICATO | Febbraio - 2022 |
EDIZIONE | 1° |
PREZZO | € 19 su Amazon |
PAGINE | 296 |
LINGUA | italiano |
ISBN/ISSN | 8831344110 |
AUTORE | K. Hall |
VALUTAZIONE | Inside Marketing |
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Recensione Inside Marketing
- Di Virginia Dara
- 4' lettura
Di pagine sull’importanza di raccontare l’azienda, i suoi valori, la sua missione, la sua storia e quella delle persone che le stanno dietro, facendolo in maniera coinvolgente, ne sono state scritte in questi anni a profusione, fino a rendere il tema per molti versi un tema abusato almeno quanto imprendibile nei suoi aspetti più pratici. È probabile quindi che chi si ritrova a gestire la comunicazione di una piccola impresa a conduzione familiare, pur avendo abbondantemente letto di storytelling aziendale, non abbia affatto idea del punto da cui partire per raccontare una storia aziendale, la propria. Lo stesso potrebbe valere per lo startupper appena passato per l’acceleratore universitario o per il quadro di una pubblica amministrazione, tra le realtà tradizionalmente meno abituate a raccontarsi attraverso storie coinvolgenti.
Fin dalle prime pagine de “L’arte dello storytelling” Kindra Hall riesce bene in un paio di obiettivi: dimostrare che tutti possono provarci con lo storytelling d’impresa e, quasi come naturale conseguenza, dare ai neofiti qualche strumento in più con cui concretamente approcciarsi a quella che nel tempo ha assunto tutte le sembianze di una sacra arte della narrazione aziendale.
Un saggio per imparare come si fa, nella pratica, racconto d’impresa
Il saggio, edito da Alise Editore e pubblicato nel 2022, è ricco di esempi, casi di studio – storie, appunto – forse poco immediati per un pubblico italiano perché riguardanti aziende e realtà business non molto note nel nostro Paese. In ogni caso, però, questi sono utili a capire cosa l’autrice e altri esperti di storytelling aziendale intendono quando, con un certo piglio teorico, talvolta anche avventurandosi nei territori delle neuroscienze, sostengono che le storie aziendali posizionano i (possibili) consumatori al confine labile tra attenzione e influenza o che è grazie alle storie e al fatto che almeno una parte del nostro cervello ragiona per schemi narrativi che mittente e destinatario di un certo messaggio riescono a sintonizzarsi o, ancora, che le storie aiutano le aziende a vendere ai propri clienti non un semplice prodotto ma quello in cui riuscirà ad aiutarli.
Grazie alla propria esperienza professionale e attingendo a casi reali seguiti negli anni come consulente, Kindra Hall riesce a condividere con i lettori de “L’arte dello storytelling” soprattutto consigli pratici, quasi una sorta di mappa concettuale da sfruttare per riuscire nell’impresa di raccontare la propria storia imprenditoriale, la storia della propria azienda dopo aver sentito e risentito innumerevoli storie aziendali di successo.
L’impressione potrebbe essere, cioè, di trovarsi davanti a un breve compendio di tecniche – o a tratti di tattiche (strategiche ma solo nel breve periodo) – per la narrativa d’impresa. È vero, infatti, che tra le pagine del saggio più velocemente che altrove il lettore ha l’opportunità di familiarizzare con concetti che fanno parte delle teorie della narrazione più classiche come la tripartizione temporale di una storia in normalità, esplosione, nuova normalità o la costruzione di personaggi a tutto tondo che aiutino mittente e destinatario della storia a creare legami più profondi e difficili.
È vero anche, però, che la maggior parte delle sfumature teoriche di ciascuno di essi con ogni probabilità continuerà a sfuggire al lettore de “L’arte dello storytelling”. Non è un’eventualità che sembra preoccupare l’autrice che invece si focalizza sulla possibilità che alla fine del saggio il lettore sia in grado almeno di metterle in pratica tali consigli, fosse anche iniziando con il “prendere spunto” da quello che altre aziende hanno già fatto quando hanno provato a raccontare la propria storia.
Come gli addetti ai lavori hanno inventato “L’arte dello storytelling”
Quello che alla fine del saggio dovrebbe essere chiaro anche al lettore più estraneo alla materia è che il tanto chiacchierato storytelling aziendale non ha inventato niente di davvero nuovo. Chi ha cominciato a trattare quella del raccontare storie aziendali come un’arte ha fatto leva in realtà su un’innata abilità umana: ragionare per path narrativi.
In questo la bravura dei singoli – imprenditori, startupper, manager, responsabili comunicazione, esperti di storytelling per le aziende – dipende da quanto sono stati, come persone prima ancora che come professionisti, incoraggiati a raccontare storie. Tutto il resto è uno sforzo teoretico e di categorizzazione da cui neanche Kindra Hall a ben guardare sembra sottrarsi. Basti pensare che interi paragrafi de “L’arte dello storytelling” sono dedicati a una meticolosa, più che sostanziosa, distinzione tra storie del fondatore, storie dello scopo, ecc. Eppure è la stessa autrice a suggerire, solo qualche pagina più avanti, che il segreto per un perfetto storytelling aziendale è raccontare solo storie con cui ci si sente a proprio agio: se una storia è una buona storia, funziona anche senza trucchi.