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Marketing, comunicazione e sport: dall’analisi strategica alla gestione delle sponsorizzazioni

Il marketing dello sport è una disciplina che le aziende sportive non devono trascurare. Ne parla Davide Nazzari nel suo libro.

EDITORE Kimerik
PUBBLICATO 2016
EDIZIONE
PREZZO 54,27 su Amazon
PAGINE 156
LINGUA italiano
ISBN/ISSN 8868846977
AUTORE
D. Nazzari
VALUTAZIONE Inside Marketing
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Recensione Inside Marketing

Come per promuovere qualsiasi bene o servizio, anche lo sport – e tutto il mondo che gli ruota intorno – necessita di attente strategie e analisi. Non è un caso, allora, se a questo settore possano applicarsi i principi del marketing. Far luce su quello che può essere definito marketing dello sport è l’obiettivo del testo “Marketing, comunicazione e sport: dall’analisi strategica alla gestione delle sponsorizzazioni e del business di uno stadio moderno” di Davide Nazzari, pubblicato nel febbraio 2016 dalla casa editrice Kimerik.

La nascita del fenomeno sportivo moderno e il marketing dello sport

Prima di addentrarsi nei meandri del marketing dello sport – che deve le sue origini alla nascita del fenomeno sportivo moderno – il testo si sofferma sull’evoluzione del gioco, fondamentale per lo sviluppo della natura degli esseri viventi. Dopo un excursus storico che va dai Maya ai Sumeri, dall’Antica Grecia – in cui nasce l’agón (termine con cui si tende ad indicare, in generale, ogni tipo di ‘gara’ o ‘competizione’) – al Medioevo, fino a giungere al Settecento, viene approfondito il passaggio – concretizzatosi, poi, in epoca vittoriana – dalla semplice pratica ludica a quella sportiva vera e propria, fondata su principi da rispettare al fine di regolamentare a tutti gli effetti l’attività agonistica.

La parentesi storica procede con il racconto dell’incontro tra lo sport e il mondo industriale. Sempre più aziende, infatti, iniziano ad interessarsi alle attività agonistiche perché a crescere, prima di tutto, è il pubblico: aumentano le ore da destinare al proprio tempo libero e, di conseguenza, ci si dedica ad attività ricreative, ludiche e d’intrattenimento, come può essere appunto una partita di calcio. Nascono, così, i primi cartelloni pubblicitari in cui compaiono elementi sportivi: grazie ai successi ottenuti dalla nazionale italiana nel 1934 e nel 1938 il calcio, in particolare, inizia ad essere presente sui manifesti a partire dagli anni ’30, ma i primi ad apparire in assoluto sono stati il ciclismo e l’automobilismo.

È con i mezzi di comunicazione di massa, poi, che l’interesse per lo sport inizia a crescere in misura sempre maggiore: si pensi, a tal proposito, alle rubriche all’interno dei giornali, alle radiocronache, alle partite trasmesse in TV successivamente.

Perché, però, il mondo industriale ha manifestato il proprio interesse per questa tipologia di attività? «L’industria si accorse della possibilità che la sua immagine potesse apparire nell’evento sportivo ed essere moltiplicata in funzione del numero di lettori o dei telespettatori che seguivano l’evento stesso. […] Le imprese appartenenti a qualsiasi settore si resero conto che le riprese televisive consentivano una prolungata e ripetuta esposizione dei propri marchi con effetti di notorietà molto più efficaci delle tradizionali tecniche di pubblicità», sottolinea Davide Nazzari all’interno del testo. È per questo motivo che ai cartelloni pubblicitari iniziano ad affiancarsi le prime forme di sponsorizzazione.

Fino agli anni ’70, comunque, le imprese sportive erano ancora organizzate e considerate associazioni e soltanto con la Legge 23 marzo 1981 n. 91 è stata riconosciuta loro una veste giuridica specifica, differenziandole appunto dalle associazioni di diritto comune; con la Legge 18 novembre 1996 n. 586, poi, è stato introdotto lo scopo di lucro per le società sportive. Da qui nasce la necessità di organizzare queste società come delle vere e proprie aziende – soprattutto perché intorno ad esse inizia a ruotare un vero e proprio business, poiché lo sport «non è più visto come mera attività motoria e ludica, ma come evento catalizzatore di spettacoli» – e così prende vita il marketing dello sport.

Come può essere definita questa disciplina? L’autore, prendendo in prestito le parole di Alberto Acciari, docente, giornalista e scrittore, definisce il marketing come «quello strumento di analisi utile per affrontare la soluzione dei problemi che si presentano nella gestione commerciale di un’azienda» e, proprio per questo motivo, può essere infinitamente utile ad una società sportiva che dovrebbe considerare questa disciplina anche come una «attività in grado di generare, attraverso processi di scambi, la soddisfazione di bisogni di altri soggetti generando valore. Con questo termine non va considerata solo la parte monetaria ma anche quella psicologica e relazionale».

Marketing dello sport: strumenti e best practice

A questo punto l’autore del testo si sofferma sugli strumenti e sulle best practice che una società sportiva deve mettere in campo ed osservare per la propria strategia di marketing dello sport, esattamente come una qualsiasi altra azienda.

Dunque, diviene necessario

  • identificare i bisogni dei consumatori: bisogni fisiologici, bisogni immateriali;
  • definire i soggetti economici tipici del mercato dello sport: mass market (cioè mercato degli utenti e dei consumatori), business market (mercato delle aziende), public market (mercato degli enti pubblici);
  • pensare a come offrire il proprio ‘servizio’ sportivo: poiché il vero prodotto delle imprese sportive non è un ‘bene’ ma un ‘servizio’, vanno considerati valori ed elementi quali intangibilità, produzione e consumo simultaneo, partecipazione del destinatario al processo di produzione, oltre a tutte quelle caratteristiche che lo distinguono da altre tipologie di servizi (improgrammabilità del risultato sportivo, forte connotazione sociale, passione e senso di appartenenza, ecc.);
  • considerare le quattro “P” del marketing tradizionale: prodotto, prezzo , placement ( distribuzione ), promozione;
  • pianificare la strategia di marketing: vanno identificate, quindi, le opportunità di marketing (marketing analitico), va determinata la propria strategia di marketing (marketing strategico), implementata e valutata la strategia (marketing operativo);
  • effettuare un’analisi del mercato: norme legislative, tecnologia, trend demografici e sociali, decisioni politiche, clima economico;
  • effettuare un’analisi dei soggetti che influenzano questo mercato: altre imprese sportive, pubblico, aziende sponsor, mezzi di comunicazione, federazioni sportive;
  • applicare il modello “delle cinque forze” di Porter: vanno analizzati concorrenti diretti, clienti, fornitori dell’impresa sportiva, concorrenti potenziali, prodotti sostitutivi;
  • definire le aree di business: area biglietteria, area della ‘compravendita’ degli atleti, area marketing e commerciale, area comunicazione, merchandising e licensing, settore giovanile, gestione impianti, finanza;
  • effettuare una analisi swot : valutare punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce;
  • definire mission e vision ;
  • definire gli obiettivi dell’impresa;
  • definire il budget da destinare alle proprie attività valutando il valore del marchio dell’azienda e i mezzi di comunicazione;
  • effettuare ricerche qualitative e quantitative per comprendere domanda e offerta;
  • segmentare il target : operazione necessaria per ridurre l’eterogeneità del mercato e della domanda e differenziare la propria offerta da quella dei concorrenti;
  • ottenere un buon posizionamento: è necessario, quindi, puntare alla qualità massima del prodotto sportivo, esplicitando i benefit offerti, rivolgendosi a specifiche categorie di appassionati sportivi, contrapponendosi ad uno specifico concorrente, escogitando nuove idee;
  • costruire la propria strategia comunicativa basandola su trasparenza (eliminando eventuali problemi di incomunicabilità), conoscenza (informando il pubblico), efficacia ed efficienza (identificando cioè il giusto pubblico di riferimento ed agendo in maniera efficace su esso) e puntando sulle nuove tecnologie, come ad esempio i social per mirate strategie (si pensi a tal proposito all’importanza del social media marketing nel calcio).

Strumenti della comunicazione e sponsorizzazione

All’interno del testo un paragrafo viene dedicato alle categorie della comunicazione –cioè ai modi attraverso i quali comunicare il proprio messaggio (pubblicità, vendita diretta, promozione, pubbliche relazioni, sponsorizzazioni) – e agli strumenti della comunicazione – cioè a quei mezzi che consentono di instaurare un rapporto con i media soprattutto – che nello specifico sono:

  • rassegna stampa,
  • house organ (oggi informatizzato e rappresentato dal sito),
  • comunicato stampa ,
  • mailing list e newsletter ,
  • conferenza stampa.

Ampio spazio, poi, nell’analisi e nella definizione delle strategie di marketing dello sport viene dedicato alle sponsorizzazioni che nascono con l’obiettivo di «aumentare l’immagine e/o il posizionamento di un’azienda e dei suoi marchi, di familiarizzare il marchio aziendale o il ricordo del nome di un prodotto nel pubblico, collegandoli a iniziative desiderate, allo scopo di veicolare tali qualità sull’azienda, sul marchio e sul prodotto», come si legge all’interno del testo.

L’autore fa una panoramica sulla situazione in Italia, per poi fare una differenza tra le sponsorizzazioni effettuate nei confronti di un club, quelle realizzate per un evento e quelle dedicate ad uno stadio, con tutti i vantaggi che ne conseguono da un versante (cioè dal lato dell’azienda sponsor) e dall’altro.

Per realizzare una sponsorizzazione efficace, comunque, bisogna tener conto di

  • una durata sufficientemente lunga dell’accordo;
  • il mantenimento di risultati sportivi positivi;
  • un adeguato supporto alle attività di sponsorizzazione.

In ottica sponsorizzazioni, l’autore propone l’emblematico caso dell’Allianz Arena, lo stadio polifunzionale del Bayern Monaco, che dovrebbe essere preso ad esempio da tutte le società sportive per come è organizzato, per le attività di marketing connesse e per il business che genera.

Lo sport in Italia: organizzazione e casi studio

Nel testo di Davide Nazzari, molto attento alla realtà dello sport in Italia, non mancano riferimenti all’organizzazione sportiva italiana di cui vengono descritti gli organi che la compongono: dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) alle Federazioni sportive, fino alle società e alle leghe.

Presenti, poi, anche alcuni casi di studio emblematici: viene presentata, ad esempio, la case history dell’Udinese poiché ha puntato, per la propria strategia di comunicazione e di marketing dello sport, sull’ ecommerce e sulla vendita diretta. Il portale del club era infatti collegato ad uno più generale riguardante i prodotti del Friuli, sottolineando di fatto in questo modo il forte legame con la terra di appartenenza.

Un altro esempio presentato è quello di Federica Pellegrini. La nuotatrice italiana nell’anno che ha sancito la sua rinascita – come nuotatrice ed anche come personaggio, con il cambio di sponsor –, cioè il 2006, è diventata testimonial della lotta contro i disturbi alimentari – mediante un cortometraggio trasmesso durante il programma Screensaver di Rai 3 – e successivamente anche di Armani e Fiat (Cinquecento), sottolineando, quindi, come per un’azienda o per un’iniziativa sia importante scegliere un testimonial che rispecchi i propri valori e che possa farsi portatore dei messaggi che si intende trasmettere.

Giudizi finali

L’intento dell’autore probabilmente è quello di fare del suo testo un piccolo manuale non solo per semplici appassionati ma anche per professionisti affinché venga compresa l’importanza del marketing dello sport. La scrittura è pulita e scorrevole, dunque facilmente comprensibile. Nella parte centrale del testo, però, talvolta si ha la sensazione di trovarsi a leggere nozioni sul marketing in generale, perché sono presenti pochi esempi concreti sul marketing dello sport. Si sottolinea, per esempio, l’importanza della segmentazione del target in una strategia di marketing dello sport, ma in realtà se ne fa soltanto una panoramica generale, reperibile in qualunque libro di marketing.

Una piccola dimenticanza della prima versione (ci teniamo a precisarlo qualora se ne fosse in possesso), in cui si faceva riferimento al 2006 come ultima data in cui una squadra italiana ha trionfato in una competizione europea, è stata poi corretta nella ristampa successiva in cui è stato giustamente scritto che è «dal 2010 che una squadra italiana non riesce a vincere una competizione europea. Dopo quasi dieci anni, nel maggio del 2015, è stata la Juventus a portare nuovamente un club italiano a una finale di Champions League».

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