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Neuromarketing Yearbook 2018: best practices, research and an overview of the year

Il Neuromarketing Yearbook 2018 è una raccolta degli ultimi trend, ricerche e novità nel settore del neuromarketing.

EDITORE Nmsba
PUBBLICATO 2018
EDIZIONE
LINGUA inglese
AUTORE
F. Van Zandvoort
VALUTAZIONE Inside Marketing

Recensione Inside Marketing

Per chi è alla ricerca delle novità del settore, il “Neuromarketing Yearbook 2018” fornisce una panoramica sulle ultime e più significative ricerche, best practice e case study che riguardano l’applicazione del neuromarketing al business e all’analisi del consumatore. Femke Van Zandvoort viene presentato come il responsabile della quarta edizione del “Neuromarketing Yearbook, un lavoro a più mani, pubblicato dalla neuromarketing Science and Business Association (NMSBA).

Una panoramica del settore: struttura e contenuti

Come si deduce dal titolo, si tratta di una raccolta delle ricerche scientifiche e delle best practice di neuromarketing realizzate durante il 2017. Il libro è diviso in tre sezioni principali: la sezione scientifica è composta dalla letteratura neuroscientifica e di marketing più recente; la sezione di business contiene case study, provenienti da tutto il mondo, relativi all’applicazione delle neuroscienze al consumatore; il business directory chiude il “Neuromarketing Year Book 2018” con un elenco delle agenzie di neuromarketing che sono membri della NMSBA.

Ogni sezione è composta da una descrizione minima ma puntuale, accurata e comprensibile di diversi articoli scientifici o case study che vengono, difatti, presentati in maniera semplice e, nella maggior parte dei casi, con una struttura predefinita: ogni pagina ha in testa un riquadro contenente gli obiettivi e un piccolo riassunto della ricerca a cui fanno seguito l’approccio e metodologia utilizzati e, successivamente, vengono collocati i risultati e le conclusioni cui si è giunti che in genere contengono le implicazioni per il marketing e l’eventuale applicazione degli insight descritti ad altri contesti. Non vengono fornite analisi esaustive dei diversi studi elencati: a ogni articolo o ricerca vengono dedicate due pagine contenenti anche immagini, (come quelle relative ai risultati delle indagini condotte con tecniche neuroscientifiche), grafici, heat map e altri contenuti complementari e utili per l’analisi del testo. Inoltre, tutte le fonti vengono segnalate in maniera chiara in un riquadro presente alla fine di ogni riassunto, insieme al contatto dell’autore o del responsabile della ricerca/analisi.

Per quanto concerne gli argomenti trattati, le tematiche sono molto varie. Partendo dalla sezione scientifica, alcuni degli articoli presentano scoperte importanti riguardo ai processi cerebrali alla base del comportamento del consumatore o innovazioni interessanti in termini di metodologia di indagine. Tra le novità presentate in materia di neuromarketing e studio del consumatore vi sono, per esempio, studi che riguardano metodi in grado di prevedere l’ engagement che un contenuto pubblicitario o audiovisivo in generale può avere sul pubblico attraverso l’uso dell’EEG. Un esempio interessante è quello di Barnet e Cerf (“A Ticket for your thoughts: method for predicting content recall and sales using neural similarity of Moviegoers“) i quali hanno condotto una ricerca volta a prevedere il successo dei film (il ricordo del contenuto e la vendita di biglietti) attraverso il monitoraggio delle risposte cerebrali di diversi partecipanti alla visione dei relativi trailer. Al di là dei promettenti risultati, viene messo in risalto il fatto che l’esperimento è stato realizzato all’interno di un vero cinema e che, secondo gli autori, lo stesso approccio potrà essere applicato in qualsiasi altro contesto commerciale oppure musicale, didattico o politico, con risultati potenzialmente molto utili per prevedere l’efficacia della comunicazione. Sempre all’interno della science section, la raccolta fondi è stato uno tra i tanti argomenti trattati in “When brain beats behaviour: neuroforecasting crowdfunding outcomes“. In questa ricerca Genevsky, Yoon e Knutson hanno cercato di prevedere quali progetti all’interno della piattaforma di crowdfunding Kickstarter avrebbero ottenuto più donazioni attraverso l’uso della risonanza magnetica funzionale per visualizzare l’attività neurale dei partecipanti durante la visione di diversi progetti di richiesta di donazione. Gli autori hanno dimostrato come l’osservazione dell’attivazione neurale in determinate regioni cerebrali consentisse di prevedere non solo le scelte degli individui singolarmente (cioè per quale progetto ogni partecipante aveva più probabilità di fare una donazione), ma anche di prevedere il comportamento di gruppi di utenti su Kickstarter (prevedendo, cioè, quali sarebbero stati i progetti a ricevere più donazioni, sulla base dei risultati della ricerca).

Per quanto concerne invece la business section, sono stati presentati esempi di best practice di neuromarketing applicati alla strategia di comunicazione di diverse aziende, appartenenti a diversi settori, con l’inserimento dei relativi risultati. A titolo esemplificativo si può menzionare lo studio di neuromarketing condotto dall’agenzia Neurons Inc. LatAm, volto a comprendere perché alcuni consumatori avrebbero preferito poco un brand di carne di alta qualità e con 40 anni di esperienza nel settore. Lo studio condotto da parte dell’agenzia rappresenta un case study di successo poiché ha consentito di individuare la fetta di consumatori (pubblico maschile) che continuava a preferire marchi competitor e di ridefinire la brand image e la strategia di marketing in modo da riuscire a coinvolgere il segmento di mercato maschile, con un conseguente aumento delle vendite, dei follower sulle reti sociali e la successiva apertura di tre nuovi negozi.

I case study, comunque, riguardano applicazioni del neuromarketing molto diverse tra loro: ridefinizione della brand image e della strategia pubblicitaria (come nel caso sopracitato), ottimizzazione di un punto vendita nel settore del retail (come il caso proposto dall’agenzia Alpha One), impatto di differenti tipologie di offerta promozionali, a seconda del prodotto (come nel caso dell’agenzia Split Second Research), creazione di una customer experience multisensoriale, più coinvolgente e memorabile (come proposto da Walnut Unlimited). Questi casi di studio vedono l’utilizzo di questa disciplina da parte di marchi appartenenti a settori molto diversi: dall’industria del caffè (studio dell’agenzia ICN Agency sul Gruppo Nabeiro Delta Cafés) a quella dei cereali per colazione (con il case study presentato da Nielsen Consumer Neuroscience e realizzato per il marchio Kellogg’s), fino a quello delle telecomunicazioni (ricerca condotta dall’agenzia Braynz per il provider di servizi di telefonia Lebara).

C’è da dire che spesso il linguaggio risulta molto tecnico (per necessità di accuratezza e precisione per quel che riguarda in particolar modo la terminologia neuroscientifica) perché una delle finalità di questo testo sembra sia proprio quella di promuovere il crescente rigore e l’adozione di criteri scientifici nel settore del neuromarketing. Tuttavia, l’informazione viene presentata in maniera abbastanza organizzata e i riassunti presentati nel “Neuromarketing Yearbook 2018” offrono una sintesi delle importanti scoperte in maniera più fruibile e accessibile rispetto alle pubblicazioni originali e ponendo particolare enfasi sulle implicazioni pratiche per il business.

Neuromarketing Yearbook: perché è utile?

Questo genere di pubblicazione rivela la propria utilità in un settore che, nonostante i recenti sviluppi, cerca ancora di consolidarsi e anche di allontanare critiche o miti, che ancora esistono, relativi alle procedure di indagine e agli obiettivi del neuromarketing. Inoltre, vengono elencati quelli che sono gli ultimi trend del settore in termini di tecnologia e tecniche più utilizzate dai professionisti del campo e si fa riferimento alle possibili tendenze per il prosieguo del 2018 e per il 2019: per esempio, l’integrazione tra neuromarketing ed economia comportamentale.

Va sottolineata, poi, la volontà di soffermarsi non solo sugli sviluppi ma anche su limiti e ostacoli di questa disciplina, come accade nella presentazione dell’articolo “Neuromarketing: inside the mind of the consumer” di Ming Hsu e in «Barriers to advancing the science and practice of marketing» di Scott Baron, Gerald Zaltman e Jerry Olson. Integrare quest’ultimo articolo all’interno della raccolta si è rivelata una scelta giusta poiché questo informa sugli eventuali pericoli relativi alla mancata trasparenza dei marketer che, «per mantenere il vantaggio competitivo», «spesso cercano di nascondere i dettagli relativi a metodologie, research design e analisi». Una mancanza di trasparenza che, come spiegato dagli autori dell’articolo, indicherebbe che le best practice non vengono seguite come dovrebbero, in particolar modo per quel che riguarda la realizzazione di implicit association test e l’utilizzo di tecniche neuroscientifiche. Vengono così forniti anche dei consigli a ricercatori e professionisti nel campo del marketing sul perché e sul come aumentare la trasparenza e l’adozione di best practice e linee guida di research design e di analisi di dati per evitare eventuali errori oppure la manipolazione dei dati delle ricerche. Gli autori fanno inoltre riferimento alle conseguenze del non utilizzo delle «best practice stabilite dalla comunità accademica per garantire l’affidabilità e la validità dell’fMRI e dell’EEG» da parte dei neuromarketer che, secondo gli autori, spesso usano questi strumenti in maniera errata.

Si mette anche spesso in risalto il potenziale crescente della disciplina per «testare e validare i customer insight ottenuti tramite focus group, survey o etnografia» e diversi sono gli articoli che cercano di rispondere alla domanda: “Il neuromarketing può davvero fornire un contributo in più al settore del marketing, rispetto ai metodi tradizionali”?. In “Consumer neuroscience-based metrics predict recall, liking and viewing rates in online advertising” gli autori si impegnano a fornire una risposta, nello specifico per quanto concerne la capacità dei metodi neurofisiologici di prevedere il successo dell’advertising online rispetto ad altre tecniche di indagine. Come spiega Carla Nagel nella prefazione del libro, «il settore sta adottando un approccio più olistico», per cui la ricerca e il lavoro in questo campo non si limitano più all’uso di tecniche di analisi dell’attività cerebrale, ma sembrano puntare su una crescente integrazione di diversi metodi (compresi eye tracking , implicit association test, risposta galvanica della pelle, spesso messi a confronto con le tecniche di indagine tradizionali) che, messi insieme, consentono di ottenere una visione più chiara del consumatore e raggiungere risultati più affidabili.

Il “Neuromarketing yearbook 2018”, dunque, può essere definito come un contributo utile alla disciplina, considerati l’accuratezza e il rigore scientifico non solo nella scrittura dei testi ma anche nella scelta dei diversi paper che lo compongono, contribuendo così a mettere in evidenza l’importanza del puntare su validità e replicabilità dei risultati, spingendo i marketer ad allineare lavoro e indagini alle migliori prassi del settore, presenti e validate nella letteratura scientifica.

Il design e il format con copertina rigida lo rendono, inoltre, un bel libro “da collezione”, «da tenere sul coffee table» come si legge sul sito della NMSBA, dove è possibile ordinare il testo.

A chi si rivolge il testo?

Considerando che si tratta di una settore nato abbastanza recentemente, questo tipo di raccolta risulta necessaria non solo, come accennato in precedenza, per lo sviluppo e il consolidamento della disciplina come materia scientifica ma anche come fonte di conoscenza e aggiornamento per diverse tipologie di soggetti. Innanzitutto, può essere utile a chi si occupa dell’analisi del comportamento del consumatore in ambito accademico (studenti e ricercatori), ma anche a esperti di marketing e top manager e a chiunque intenda comprendere in che modo queste tecniche di indagine di marketing possono essere utili alla propria attività (in qualsiasi settore).

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