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Scrivere per il Web

Libro denso di teoria, consigli ed esempi pratici, "Scrivere per il Web" vuole fornire tutti gli strumenti di base a chi scrive testi destinati alla Rete.

EDITORE Maggioli Editore
PUBBLICATO Ottobre - 2013
EDIZIONE
PREZZO 19,52 su Amazon
PAGINE 261
LINGUA italiano
AUTORE
D. Fortis
VALUTAZIONE Inside Marketing
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Recensione Inside Marketing

Il libro di Daniele Fortis, “Scrivere per il Web“, chiarisce sin dalle prime pagine – a partire dall’introduzione – che ci sono alcune regole di base per la scrittura che prescindono dal mezzo che si utilizza. Che si scriva per la carta o per il web è importante, ad esempio, avere ben chiaro il destinatario di riferimento e usare quindi un lessico e un registro adatti, rispettare le regole grammaticali, rispettare le convenzioni del genere testuale. Le differenze tra carta e web emergono invece in relazione alla fruizione: su Internet, ad esempio, la lettura è più frettolosa, tanto che più che leggere la pagina la si scorre e si passa da un testo all’altro, nello stesso sito o in siti differenti, grazie ai collegamenti ipertestuali. Quali indicazioni si possono allora seguire per scrivere per il web in maniera efficace?

L’autore ha cercato di dare risposta a questo quesito articolando il libro in sette capitoli che rappresentano un percorso che parte dalla comprensione del mezzo per poi analizzare gli strumenti che mette a disposizione, le insidie da evitare e i punti di forza da sfruttare.

La lettura esplorativa

È il primo capitolo ad essere focalizzato sulla spiegazione del mezzo e su tutte le differenze con la carta stampata, a partire dalla modalità di lettura cui si accennava sopra. Sul web gli utenti leggono in modo differente, con una modalità detta scanning, ovvero una lettura esplorativa che consiste nel fissare lo sguardo solo su alcuni punti di ancoraggio, come titolo e parole in grassetto. Studi basati sull’eyetracking e sull’usabilità dei siti web hanno inoltre rivelato che nello scorrere una pagina con lo sguardo si segue una forma ad F. Questa modalità di lettura è dettata dal fatto che in Rete c’è un’enorme mole di testi e per il lettore è impossibile soffermarsi nel dettaglio su tutti e si persegue più che altro la soluzione accettabile e non quella ottimale. «I navigatori adottano, in genere, una strategia decisionale nota come satisficing», precisa l’autore, quella più soddisfacente appunto. Per attirare l’attenzione del lettore bisogna allora studiare gli elementi di attacco, come titolo, sottotitolo e prime frasi.

Come strutturare il testo per favorire la leggibilità

Nel secondo capitolo, infatti, Fortis dà alcuni consigli su come strutturare il testo: tra questi, dare al testo la forma di piramide rovesciata con tutte le informazioni principali in apertura e via via le altre, in ordine gerarchico, per catturare l’attenzione dell’utente nel momento in cui inizia la lettura seguendo la forma a F. Anche i singoli paragrafi dovrebbero seguire la tecnica della piramide rovesciata per esporre, così, sempre in modo chiaro i concetti e non far calare mai l’attenzione dell’utente; sarebbe meglio, inoltre, assegnare loro dei titoli.

Titoli e sottotitoli vanno però scelti con cura perché riassumono il senso dell’articolo e dei paragrafi e aiutano molto nella fruizione del testo, alleggerendolo. Favoriscono inoltre il posizionamento dei risultati dei motori di ricerca e sono una agevolazione per i non vedenti nel momento in cui usano gli screen-reader, che leggono ad alta voce per loro e che spesso sono settati in modo da scandagliare solo i titoli (che devono essere segnati quindi come

,

, etc.).

L’autore, dunque, consiglia di:

  • scrivere titoli concisi che abbiano la parte importante dell’argomento all’inizio, puntando alla precisione e all’essere espliciti senza cadere in titoli ad effetto che però hanno poca comprensibilità;
  • seguire il “principio del parallelismo” e usare per tutti i sottotitoli verbi allo stesso tempo e alla stessa forma;
  • non trascurare gli aspetti grafici per i sottotitoli, ad esempio evitare i caratteri maiuscoli o il corsivo, che rallentano la lettura, e mantenere una coerenza per i titoli di diverso livello, evitando di eccedere con i livelli stessi.

Anche l’uso del grassetto agevola molto la lettura e deve essere usato per evidenziare le parole chiave del testo. Non ci sono regole precise su come sceglierle, ma in linea di massima le si potrebbe pensare come delle parole che lette in sequenza diano il senso generale dell’articolo, evitando di mettere in grassetto intere frasi.

Ruolo importante è svolto anche dalle liste verticali che vanno inserite solo quando l’argomento lo consente. Gli elenchi devono essere coesi e «leggendo in sequenza la frase introduttiva e una qualunque delle voci che ne costituiscono il completamento, si dovrebbe ottenere un’unica frase, grammaticalmente corretta». Una precisazione interessante l’autore la fa sui simboli utilizzati per gli elenchi: ad esempio la scelta di elenchi numerati deve essere ragionata e scelta laddove le voci seguano proprio una sequenza logica o numerata oppure quando nel corso del discorso è necessario ricorrere a uno dei punti elencati e quindi è più semplice farlo identificandolo con un numero.

In alcuni contesti possono essere utili anche le tabelle, come nel caso della presentazione di una gamma di prodotti o servizi, per comparare le caratteristiche dei vari oggetti.

Altri consigli sono dati dall’autore nel sesto capitolo, dove di parla di ‘legibility‘, ovvero di ‘leggibilità materiale’, che dipende dall’aspetto grafico, dall’impaginazione del testo, e che si distingue dalla ‘readability‘, che indica invece la ‘leggibilità linguistica’. La legibility è favorita, ad esempio, dall’allineamento del testo a sinistra, da una scelta ponderata degli spazi nel testo, da scelte grafiche coerenti in tutte le varie pagine di testo del sito – come scelta dei font e colore attribuito a porzioni di testo con specifiche funzioni, tipo quelli che rappresentano un collegamento ipertestuale e che solitamente sono riportati in testo blu sottolineato –, dal colore di sfondo dei testi, nonché dall’inserimento appropriato di immagini.

Come creare link efficaci

Un intero capitolo, il terzo, è poi dedicato alla struttura dei link, alle convenzioni da usare graficamente, ma non solo. L’autore consiglia, ad esempio, di far sì che i link già visitati dagli utenti cambino colore, in modo da non dimenticare di aver già cliccato se non si intende rifarlo, e specifica che non sempre la scelta migliore è far aprire il link in nuove finestre, precisando che lo è soprattutto quando si tratta di link a PDF o file di altro formato e non a pagine web. In questi casi sarebbe meglio specificare in modo esplicito all’utente che si tratta di link che rimandano a file in un determinato formato, così da non infastidire gli utenti.

Le parole cliccabili, che rappresentano l’anchor text, devono essere poche e chiare, per far capire subito il contenuto della pagina di rimando, evitando di usare forme generiche come “clicca qui” o sigle di non facile comprensibilità, come certi acronimi.

L’autore suggerisce inoltre di usare nell’anchor text un verbo che esprime un’azione quando il link conduce a una pagina in cui la si deve compiere, precisando che «alla luce di alcuni studi da cui è emerso che gli utenti sono più propensi a fare click sui link che iniziano con un verbo all’imperativo che su quelli formati solo da nomi», motivo per cui sarebbe meglio usare la forma “iscriviti a” invece di “modulo di iscrizione”.

Contenuto: essere chiari e concisi

Tutte le accortezze fin qui elencate ovviamente non possono prescindere dalla valenza del contenuto del testo che deve risultare chiaro all’utente: è questo l’argomento trattato nel quarto capitolo.

La chiarezza viene definita dall’autore come una “qualità relazionale” e un “concetto probabilistico” in quanto non è un testo ad essere più o meno chiaro, ma sono le persone a percepirlo nell’uno o nell’altro modo in base a tutta una serie di motivazioni che vanno dalla ‘enciclopedia’ e dalle abilità linguistiche e/o di utilizzo di Internet per arrivare anche ad esigenze e aspettative.

Il modo migliore per cercare di far recepire il proprio testo chiaramente è delineare bene il profilo del lettore, cosa più semplice nel caso di testi destinati a una nicchia, a un pubblico specifico. Più difficile è invece individuare il profilo di un utente tipo quando si scrive per siti generalisti; in questo caso la scelta migliore potrebbe essere scrivere immaginando di rivolgersi al lettore con più basso livello culturale, così da essere sicuro di farsi capire da tutti.

In ogni caso, l’autore consiglia sempre di usare parole semplici anziché termini più complessi o di uso meno comune, anche se ci sono dei casi in cui non si possono non usare tecnicismi, quando per esempio essi designano concetti che non hanno un sinonimo perfettamente equivalente (in medicina ‘laparatomia’ indica un tipo di intervento chirurgico; ‘ipofisi’ indica una ghiandola). Questi, però, non vanno confusi con tecnicismi ‘apparenti’ o ‘pseudotecnicismi’ (un esempio sempre in ambito medico è ‘posologia’ di un farmaco invece di ‘dosaggio di assunzione’). Proprio per l’eventualità di non poter non usare tecnicismi l’autore fornisce alcuni consigli: tra questi provare a sostituirli con un sinonimo più semplice quando possibile (‘cuore’ invece di ‘microcardio’) oppure fornire una spiegazione tra parentesi, accanto al termine stesso o comunque all’interno della frase.

Consigli dall’autore anche su come usare le parole astratte, le parole inglesi, le sigle e i sinonimi, su come formulare le frasi e sul dedicare del tempo alla revisione.

Come essere concisi è poi al centro di un intero capitolo, il quinto, poiché si tratta di un altro punto cardine da tenere in considerazione anche nello scrivere per il web, per evitare l’overload informativo. Per essere concisi bisogna innanzitutto selezionare le cose importanti per l’utente, evitare spiegazioni di cose evidenti e intuitive. A parità di significato, poi, sarebbero da scegliere le parole brevi alle lunghe ed evitare parole ‘espanse’, ovvero quelle locuzioni che si potrebbero esprimere con un solo termine (per fare alcuni esempi: ‘modificare’ invece di ‘apportare una modifica’, ‘ora’ invece di ‘al momento attuale’, ‘giuridicamente’ invece di ‘sotto il profilo giuridico’) e andrebbero eliminati aggettivi, avverbi o articoli superflui e coppie ridondanti.

Scrivere per il web vuol dire anche scrivere per i motori di ricerca

Tutte le cose fin qui specificate non bastano però per chi intenda scrivere per il web, poiché la scrittura online deve essere orientata anche ai motori di ricerca. Daniele Fortis ne parla nel settimo capitolo, dando gli input di base per comprendere il funzionamento generale dell’indicizzazione.

Se alcune pratiche del posizionamento dipendono da sponsorizzazioni, esistono anche quelle per favorire il posizionamento naturale/organico, lavorando su sui fattori interni/on-site che riguardano la struttura del sito e i contenuti. Solo per citare una di queste pratiche, la scelta delle parole chiave del testo. Scegliere la parola chiave o la keyphrase del testo non è una scienza esatta, ma si può cercare la migliore facendo brainstorming tra colleghi, consultando appositi strumenti di flusso delle ricerche e cercando di pensare al modo naturale in cui gli utenti cercano informazioni. La parola o la frase chiave va poi inserita nel titolo generale della pagina, nel titolo interno dell’articolo, nel sottotitolo e nel corpo del testo, prestando attenzione anche a usarla nel nome di salvataggio delle immagini inserite e nell’alt text (la breve descrizione dell’immagine), nonché negli url .

A chi è rivolto

Dichiaratamente – lo si legge nell’introduzione – il libro si rivolge a «tutti coloro che hanno il compito di redigere testi destinati alla Rete» ed è stato concepito «avendo in mente una figura professionale specifica: il redattore web o, in inglese, web writer o web (content) editor», ma vuole essere adatto anche ai giornalisti o a chi si occupa di scrivere per il web come attività accessoria.

In effetti il libro è centrato sul target , anche se forse si rivela adatto soprattutto ai principianti della scrittura e, nello specifico, della scrittura per il web.

I punti di forza e di debolezza del libro

Daniele Fortis ha realizzato un libro scorrevole e piacevole, utilizzando un linguaggio molto semplice e chiaro – ricorrendo alla spiegazione di alcuni termini in nota quando questi potevano risultare un po’ più complessi o di uso meno comune – e ricorrendo a diversi esempi pratici. Questi ultimi si rivelano particolarmente utili e contribuiscono a una migliore comprensione della teoria. Ad arricchire ulteriormente “Scrivere per il Web” sono presenti infine due appendici‘ molto utili per chi scrive online: “Scrivere una pagina di FAQ” e “Realizzare una guida di stile”.

Forte della propria esperienza nel campo della scrittura, Fortis dispensa diversi consigli, sempre precisando che non si tratta di regole ferree e applicabili necessariamente a ogni testo e contesto. Quando parla dell’importanza di ricorrere a parole di uso comune e frasi semplici, l’intento potrebbe sembrare, ad esempio, quello di banalizzare la scrittura, di spingere alla stesura di contenuti simili tra loro nello stile e nelle scelte linguistiche, rinunciando alla ricchezza e alla varietà del lessico; basta notare invece che l’autore stesso fa ricorso a moltissime delle cose che sconsiglia nel corso del testo per capire che il suo intento è quello di far comprendere a chi legge che ci possono essere delle soluzioni alle quali si può ricorrere quando si ha come obiettivo quello di arrivare dritti al punto e risultare chiari al lettore, ma che dipendono dal contesto e dal genere di riferimento.

Solo in poche cose le scelte operate dall’autore risultano meno chiare. Una per tutte l’inserimento delle fonti: si ritrovano note che rimandano ai siti da cui sono stati presi alcuni esempi (come il sito di Amazon o dell’Università IULM), ma ne mancano altre che più risulterebbero adatte al target cui intende rivolgersi l’autore. Fortis dichiara esplicitamente di aver deciso di non inserire note bibliografiche in nota alle pagine per non appesantire la lettura, ma il testo finisce così col diventare in diverse occasioni alquanto approssimativo. Un esempio lampante è quanto riportato a pag. 107, dove l’autore spiega che si scrive in modo ‘difficile’ temendo altrimenti di apparire poco competenti all’occhio del lettore, mentre è vero il contrario perché «un noto studio di psicologia cognitiva del 2005 ha mostrato che chi usa parole complesse e altisonanti inutilmente viene percepito come meno intelligente rispetto a chi si esprime con parole semplici e concise». Chi volesse saperne di più al riguardo – per avere informazioni di base, come di che studio si tratta, da chi è stato realizzato – dovrebbe leggersi le 3/4 pagine di bibliografia riferite al capitolo specifico (il quattro) per sperare di riuscire ad individuare la fonte e poi cercarla.

La scelta risulta poco coerente, specie se poi si considera che interruzioni nel testo in realtà ci sono, anche se non in formato nota, quanto con riquadri di colore differente: l’autore ritiene ad esempio necessario dilungarsi per circa due pagine sulla “semplificazione del linguaggio amministrativo”, con i vari interventi che sono stati fatti o provati nel corso degli anni a partire dal 1993, ma probabilmente la cosa dovrebbe essere ritenuta irrilevante tanto quanto quella di inserire note bibliografiche o semplicemente informazioni aggiuntive, di cultura generale o di contorno (quali potrebbero essere i titoli degli studi citati).

Si tratta però di aspetti che, nel complesso, non incidono sulla qualità del testo.

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