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Design diabolico: i vizi capitali alla base di interfacce coinvolgenti

Design diabolico fonde elementi di psicologia, marketing e principi di progettazione per dimostrare la sensibilità dei clienti alle tecniche di persuasione

EDITORE Edizioni Lswr
PUBBLICATO Novembre - 2014
EDIZIONE
PREZZO 9,40 su Amazon
PAGINE 288
LINGUA italiano
AUTORE
C. Nodder
VALUTAZIONE Inside Marketing
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Recensione Inside Marketing

In “Design diabolico” l’idea di base è quella di analizzare il comportamento reale dell’utente e, per raggiungere questo obiettivo, l’autore Chris Nodder parte da un semplice assunto: per comprendere come realmente si comportano le persone è necessario conoscere ciò che le leggi proibiscono. Questa intuizione prende forma in una particolare struttura del libro in capitoli e le “leggi” da cui parte Nodder sarebbero i sette vizi capitali. Ciascun capitolo del libro si apre con una citazione, una descrizione del vizio e una serie di paragrafi, meglio noti come schemi persuasivi, da utilizzare sia nei prodotti digitali che in quelli fisici per aumentare la fedeltà dei clienti o attirarne di nuovi.

Design diabolico: una definizione

Il libro, rifacendosi all’aggettivo machiavellico, è una raccolta di osservazioni di fatti reali che lascia nelle mani del lettore l’applicazione a fin di bene o per scopi poco nobili di quanto appreso. Un lavoro di ricerca dedicato agli imprenditori ma anche a tutti coloro che hanno voglia di conoscere alcune dinamiche di marketing ed evitare di cadere in certi tranelli.

La scelta del titolo “Design diabolico” è legata principalmente all’impatto dell’aggettivo: un altro termine non avrebbe reso perfettamente l’idea di ciò che l’autore voleva esprimere. Il design diabolico crea interfacce per coinvolgere emotivamente gli utenti, portandoli a fare qualcosa che va a beneficio del progettista. In base a chi ne trae beneficio, comunque, è possibile distinguere anche

  • progettazione commerciale: ha come obiettivo la creazione di interfacce che coinvolgano emotivamente gli utenti con benefici sia per gli utenti che per il progettista;
  • progettazione motivazionale: ha come obiettivo la creazione di interfacce che motivino l’utente a compiere un’azione da cui trarre beneficio per sé;
  • progettazione umanitaria: ha come obiettivo la creazione di interfacce che coinvolgano emotivamente l’utente, portandolo a fare qualcosa che va a vantaggio della società.

Alla domanda sull’eticità di inganno e coercizione, l’autore risponde con degli esempi che dimostrano come questi possano essere applicati anche per finalità positive e, parafrasando Machiavelli, si giustificano i mezzi in base al fine.

Gli schemi di persuasione

A ogni vizio capitale vengono associati degli schemi di persuasione che sono degli artifici velati per ottimizzare il proprio lavoro in un’ottica di business. A proposito di superbia, un interessante paragrafo viene dedicato alle immagini di certificazione: «entrare a far parte di programmi di certificazione di terze parti costa poco rispetto alle conversioni che può produrre. In alternativa create la vostra certificazione, una promessa o una garanzia», scrive l’autore che approfondisce anche il concetto di credibilità di un sito web. Secondo B.J.Fogg, fondatore dello Stanford Persuasive Technology Lab, esistono non a caso quattro elementi che possono migliorare la percezione che si ha di un sito: la credibilità presunta (si fonda sulle conoscenze pregresse o sui pregiudizi/stereotipi in possesso dell’utente), la credibilità superficiale (ipotesi di fondo fatte dall’utente sulla base della forma e della qualità estetica), la credibilità stimata (si fonda sui riconoscimenti e le segnalazioni e come nel caso dei programmi di certificazione si riferisce ad un sostegno fornito da terze parti) e la credibilità guadagnata (costruita nel tempo e si riferisce all’esperienza personale che l’utente ha avuto).

Il paradosso della scelta non è soltanto il titolo di un libro di Barry Schwartz, ma è anche uno dei temi affrontati da Chris Nodder all’interno del capitolo dedicato all’accidia: se l’utente si trova davanti a un numero elevato di scelte, il suo bisogno verrà meno e aumenterà la possibilità di rinviare la decisione. Un paragrafo del capitolo dedicato all’avarizia sembra quasi riprenderne il discorso e, attraverso il contrasto percettivo, l’autore consiglia di utilizzare oggetto primario e secondario come cornici di riferimento del proprio progetto, al fine di scegliere su quale puntare i propri investimenti e usare poi l’altro come complice.

L’effetto Tom Sawyer, citato a proposito del capitolo sul vizio della gola, insegna a utilizzare elementi della scarsità per solleticare la ghiottoneria. Per suscitare nelle persone il desiderio di un prodotto viene evidenziata la sua rarità attraverso la disponibilità per un tempo limitato, l’esclusività attraverso criteri restrittivi di selezione del target e la presenza di una concorrenza interessata a quella risorsa scarsa. Le numerose case history presenti all’interno del libro permettono al lettore di confrontarsi con scenari di marketing diversi e variegati, così come gli permettono di conoscere realtà comunicative poco note come quella del push polling utilizzato negli Stati Uniti durante una campagna politica.

I sondaggi push poll, citati nel caso della lussuria, indirizzano gli intervistati verso un certo punto di vista: nel caso della comunicazione politica, per esempio, all’interno della domanda posta era già possibile rintracciare i punti del programma elettorale dello specifico candidato.

Ira e invidia, poi, sono vizi capitali strettamente collegati: la prima permette ai clienti di classificare ogni critica come una sorta di invidia da parte di chi ha un prodotto inferiore, la seconda – nella sua accezione negativa con natura distruttiva – accentua una desiderabilità che si può spesso trasformare in ira.

Coerentemente con quanto descritto nel libro, l’impianto bibliografico contiene tutto ciò che può tornare utile al lettore, tutte le fonti organizzate per capitolo e degli ulteriori approfondimenti anche in formato digitale visitando il sito dedicato. Quest’ultima scelta è molto comoda sia in fase di lettura, perché mantiene un certo livello di scorrevolezza del testo, sia in fase di ricerca per evitare di dover ricopiare manualmente gli url . L’uso del colore per differenziare i blocchi di testo, la presenza di numerose immagini esemplificative e le scelte di impaginazione fanno di “Design diabolico” un libro coerente con i contenuti, ben pensato e ben realizzato.

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