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Small data. I piccoli indizi che svelano i grandi trend

"Small data" è frutto dello sguardo attento di Martin Lindstrom sul mondo e sui consumatori, alla scoperta di preferenze e desideri nascosti.

EDITORE Hoepli
PUBBLICATO 2016
EDIZIONE
PREZZO 19,46 su Amazon
PAGINE 240
LINGUA italiano
ISBN/ISSN 8820376970
AUTORE
M. Lindstrom
VALUTAZIONE Inside Marketing
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Recensione Inside Marketing

Dalla casa di una famiglia in Arabia Saudita il lettore viene trasportato in una fredda piazza della Siberia dove si sta svolgendo una partita a scacchi; dalle favelas brasiliane in poche pagine ci si ritrova invece nelle macellerie della Francia o sulle spiagge della Costiera Amalfitana: “Small data. I piccoli indizi che svelano grandi trend” – scritto da Martin Lindstrom ed edito in Italia da Hoepli (2016) – è il risultato di uno sguardo curioso e attento sul mondo e sui suoi abitanti e soprattutto sui consumatori di ogni paese e cultura.

Il metodo Lindstrom e un racconto in prima persona

Sin dalla prima pagina il lettore viene a conoscenza della metodologia di ricerca usata da Martin Lindstrom, noto esperto di branding , che riporta come primo case study quello di LEGO, azienda che nel 2004 ha richiesto la sua consulenza per lo sviluppo di una strategia complessiva di branding.

Voluto da moltissimi brand rinomati, l’esperto si occupa della ricerca di messaggi impliciti attraverso ciò che chiama subtext research, ovvero «un processo che richiede di visitare i consumatori nelle loro case, in tutto il mondo, raccogliere small data (indizi, osservazione e idee) online e offline ed elaborare i dati raccolti».

«L’abitudine di notare i dettagli, come quella di scrivere lettere, è un’arte in via di estinzione», eppure è proprio su questa pratica che si basa la subtext research, che come approccio si avvicina in parte a quello dell’antropologia etnografica o partecipativa. Andando a esplorare quello che sarebbe lo spazio più intimo dei consumatori, l’autore di “Small data” cerca di individuare gli elementi di una data cultura che saltano all’occhio, ma anche i dettagli che nella casa di alcuni individui stonano o che in qualche modo sembrano degni di nota, da una posizione specifica degli spazzolini in bagno alla disposizione delle spezie in cucina: ogni oggetto o sistemazione rivela qualcosa sul proprietario. Martin Lindstrom spiega che quasi sempre nel corso delle sue indagini si imbatte in «un desiderio irrealizzato o non riconosciuto che può gettare le basi per un nuovo brand, un’innovazione di prodotto, un business». Già con il titolo del primo capitolo l’autore va a stuzzicare la curiosità del lettore: “Come gli sportelli dei frigoriferi siberiani e un centro commerciale in Arabia Saudita hanno dato vita a un sito web rivoluzionario”.

Cosa c’entra una cosa con l’altra?” e “In che modo sono collegati questi small data (o, se vogliamo, queste strane osservazioni)?” sono le domande che l’autore vuole si pongano i lettori all’inizio di ogni capitolo, ma la risposta a ogni “puzzle” proposto da Lindstrom va scoperta alla fine di ogni capitolo.

Il libro, inoltre, è un racconto in prima persona (dalla lettura molto scorrevole e accattivante) improntato sull’analisi di abitudini culturali, modi di fare, di dire, di vedere il mondo e stili di vita che possono rivelare non solo dei desideri ma anche delle mancanze, degli squilibri della vita delle persone. Dall’analisi di tutto ciò l’autore giunge ad alcune conclusioni sul comportamento di acquisto e sulle preferenze dei consumatori e, in linea generale, su come questi cercano di “porre rimedio” agli squilibri e alle mancanze con l’acquisto di un prodotto o con la scelta di un brand.

Cosa sapere prima di leggere “Small data” (un libro rivolto ai lettori curiosi)

Ogni capitolo descrive un’indagine diversa: giunto nel paese in cui è stato richiesto, Lindstrom ha dovuto studiare il mercato in cui è stato lanciato un nuovo prodotto, design o servizio e lo ha fatto partendo dal singolo consumatore, osservandolo all’interno della propria casa. In merito alla raccolta e all’elaborazione degli small data spesso rimane una sensazione di poca chiarezza su come questi ultimi si colleghino tra di loro e su come l’autore sia giunto a una determinata conclusione per proporre cambio di prodotto, strategia di branding o creazione di un business. Su questo, però, è opportuno fare alcune precisazioni. L’autore sottolinea: «i miei metodi sono strutturati, ma si basano anche su una grande quantità di sbagli: procedo per tentativi ed errori e formulo ipotesi errate che devo scartare per poi ricominciare da capo». Aggiunge infatti che «la raccolta degli indizi non avviene in maniera lineare», nel senso che spesso vengono registrate delle osservazioni che non portano da alcuna parte o che magari sono interessanti ma irrilevanti per il progetto in questione, potendo poi rivelarsi utili per un progetto futuro. Altre volte invece, un singolo indizio può diventare la base per la creazione di un business o per la progettazione di una strategia di rebranding, per esempio.

Del resto, l’intero libro comunica un messaggio univoco che si intuisce già dal titolo, cioè che il potere dei big data da solo è limitato e che uno spazio importante nelle ricerche di mercato dovrebbe essere lasciato anche all’intuizione, alla curiosità e alla capacità di osservazione, poiché sarebbe proprio il «matrimonio tra big data e small data […] l’ingrediente indispensabile per la sopravvivenza e il successo del marketing nel ventunesimo secolo».

Per questo motivo probabilmente l’autore non si applica nel convincere le persone della validità scientifica dei metodi utilizzati, ma invece sottolinea l’importanza di non focalizzarsi esclusivamente su grandi moli di dati: «che ci crediate o no, nel mio lavoro di consulente globale per il branding, quasi tutte le idee nascono così», afferma Lindstrom, spiegando che nel caso di LEGO alla base di un’intera ristrutturazione aziendale c’è «stata una piccola intuizione avuta per caso». Si ritorna, così, al concetto di intuizione che accompagna l’intero testo e che per Martin Lindstrom sembra giocare un ruolo fondamentale nel portare avanti qualsiasi progetto di investimento, cambiamento e ricerca di marketing: «mi affido a percezioni fortuite ed epifanie estemporanee», spiega. Sembra che questo sia proprio un elemento chiave del suo approccio, che lo distingue da quelli utilizzati per buona parte delle ricerche di mercato, le quali si affidano esclusivamente ai big data per l’analisi e la previsione delle preferenze dei consumatori.

A questo punto, va lasciata un’ulteriore nota al futuro lettore, che riguarda la predisposizione mentale che deve accompagnare la lettura di questo libro: ogni capitolo sembra essere infatti un invito ai marketer e agli imprenditori ad avere una mente aperta e uno sguardo attento su ciò che li circonda. In un certo senso, “Small data” vuole stimolare il senso di curiosità ma anche lo spirito di osservazione e di analisi, portando il lettore a rendersi conto di certi dettagli che a uno sguardo meno attento passerebbero sicuramente inosservati. «La verità – spiega l’autore  è che a volte ci troviamo di fronte una cacofonia di idee e osservazioni che all’inizio non ci sembrano aver senso e dobbiamo seguirle là dove ci portano. Potremmo ritrovarci a praticare lo “small data mining” su un mucchio di indizi che non conducono da nessuna parte, ma potremmo anche accorgerci che ha iniziato ad emergere una narrazione coerente, che ci sono fili che connettono la statuetta sul davanzale con la vecchia scarpa dai lacci rotti, o con la maionese in frigo».

Il linguaggio usato è perfettamente accessibile e per niente tecnico. Anche per questo motivo “Small datanon è riservato esclusivamente a esperti di marketing o a imprenditori, ma può essere apprezzato da chiunque sia interessato a conoscere un po’ meglio il comportamento umano.

Oltre ad essere un libro di marketing, inoltre, “Small data” è anche un affascinante testo di narrativa che consente al lettore di sbirciare nelle case di consumatori di ogni paese, scoprendo innumerevoli curiosità sulla loro cultura, mentre si viene condotti, nel corso di ogni capitolo, verso una differente (e quasi sempre) inaspettata strategia di branding, una novità di packaging oppure verso la creazione di un nuovo business.

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