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Arriva il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica (e parla di responsabilità e rispetto)

Manifesto della comunicazione non ostile per la politica

In vista delle europee 2019 e per migliorare il dibattito pubblico arriva il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica.

Il precedente incriminato sono le politiche del 2018: elezioni segnate in Italia dalla diffusione di un gran numero di fake news e notizie manipolate ad arte e da insulti e commenti offensivi piovuti sui politici e le loro pagine social, condizioni che tutto hanno fatto tranne che creare un clima positivo e un dibattito politico sano e super partes. Per questo, in vista delle elezioni europee di maggio 2019 c’è chi ha pensato a un Manifesto della comunicazione non ostile per la politica.

Parole O_stili, del resto, da qualche anno fa proprio questo: prova a sensibilizzare sulla potenza che le parole hanno e che, a certe condizioni, si fa violenza. Dal web alla scuola passando per lo sport e ora per la politica, il progetto – e l’associazione a cui fa capo – promuovono così forme di comunicazione non ostili, inclusive, rispettose dell’altro. C’è un dato, infatti, che è difficile da ignorare: almeno un giovane su due si è imbattuto in forme diverse di hate speech in Rete e il 70% di questi è convinto che commenti offensivi, insulti e flaming online non siano che un riflesso delle tensioni sociali e della vita offline (gli insight sono di uno studio fatto realizzare da Ipsos direttamente da Parole O_stili e in vista della presentazione del Manifesto della comunicazione non ostile per la politica). Prima e più che di iniziative per combattere l’hate speech online, insomma, ci sarebbe bisogno rendere più equilibrato, inclusivo, rispettoso il discorso pubblico, anche nella convinzione che il confine tra offline e online sia ormai labile e tutto avvenga invece onlife.

Cosa dice il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica

Il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica parte proprio da questo, dall’idea che «virtuale è reale» (così recita il primo articolo). Va da sé, del resto, che i messaggi di un politico non possono non essere coerenti; quello che candidati e leader sembrano aver dimenticato fin qua è però che la Rete non è, e non può essere, una zona franca dove tutto è permesso. Anche quando si utilizzano social e co. insomma si è tenuti al rispetto di tutte quelle norme scritte (per la par condicio, il silenzio elettorale, ecc.) e non, che rendono buona e davvero di servizio la comunicazione politica. La velocità, la copertura in diretta di fatti e notizie, la spettacolarizzazione e la polarizzazione estrema imposte dai media dal canto loro hanno rischiato in questi anni di far dimenticare che il confronto e il dibattito politico non possono non essere orientati al bene comune. Tra i precetti che il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica chiede a esponenti e rappresentati politici di accettare c’è, così, che «si è ciò che si comunica», «le parole danno forma al pensiero», «le parole sono ponte», «le parole hanno conseguenze».

Due sembrano essere in particolare le chiavi di volta per una comunicazione politica non ostile: il rispetto per le persone e la responsabilità per tutto quello che si condivide. La campagna elettorale e qualsiasi dibattito o confronto politico, infatti, possono essere duri e spietati, ma fino a quando si resta su un piano di argomenti e proposte politiche; mai dovrebbe sconfinare cioè in attacchi e offese gratuite per la persona dell’avversario politico, cosa che, che abbia come vittima Obama o Salvini, succede invece con una certa frequenza in un sistema politico estremamente personalizzato. Chi firma il manifesto, così, deve essere pronto ad accettare che «gli insulti non sono argomenti» (così recita l’articolo 9, ndr) e a fare in modo che questi scompaiano dai suoi messaggi politici, di qualsiasi tipo essi siano e su qualsiasi canale vengano veicolati.

Se la maggior parte della disinformazione poi, come ha rivelato AGCOM, riguarda in Italia cronaca e politica, è semplice capire perché i politici debbano considerarsi responsabili di ogni contenuto che pubblicano o condividono e degli effetti che questo ha sui destinatari e, più in generale, sull’ecosistema dell’informazione.

Dal Manifesto della comunicazione non ostile per la politica alla campagna #cambiostile

Presentata alla Camera a marzo 2019, l’iniziativa per il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica è completamente apartitica. Tanto che a firmarla sono stati fin qui oltre duecento politici italiani di schieramenti e con ruoli diversi e che c’è anche il Comune di Novara tra i firmatari, segno forse che anche per le istituzioni una comunicazione sana e rispettosa è un obiettivo tutt’altro che secondario. Anche ai comuni cittadini è stata data, infine, l’opportunità di mostrare il bisogno che sentono da un lato e, dall’altro, il proprio impegno personale per una comunicazione politica non ostile. Il manifesto è accompagnato, infatti, da una campagna di hashtag activism con cui, al suono di #cambiostile, gli utenti possono chiedere ai rappresentanti politici e delle istituzioni di cambiare, appunto, il proprio stile di comunicazione. Come? Andando sul sito dell’iniziativa, componendo un breve messaggio con cui spiegare i motivi per cui si desidera una comunicazione politica non ostile e ottenendo un post, dalla font diversa da quella usualmente utilizzata su Facebook e co. per mostrare anche visivamente appunto il cambiamento di stile, da condividere poi sui propri canali social.

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