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In strada in pigiama per una colazione gratis? È marketing non convenzionale!

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Un’operazione di marketing non convenzionale? Colazione gratis a chi entra in negozio in pigiama: la ricetta di McDonald’s.

 

C’è chi parla di un’era del marketing 3.0, quella in cui al centro non ci sono il prodotto o il brand di riferimento, ma la possibilità di coinvolgere a livello emotivo, sensoriale, esperienziale il potenziale cliente e farlo sentire parte, perciò, di un’occasione unica e centrata su di lui. È l’era, in altre parole, del marketing non convenzionale che si appropria di piazze, stazioni, spazi urbani per raggiungere il consumatore lontano dai soliti schermi e dove le sue naturali difese contro i messaggi pubblicitari sono abbassate – è il caso dell’ambient marketing – o che usa tecniche degne della guerriglia – non a caso c’è chi ha coniato l’espressione guerrilla marketing  – per vincere la naturale reattanza dei suoi destinatari.

Nonostante la presunta economicità del marketing non convenzionale che lo renderebbe a portata anche di piccole aziende, associazioni, enti benefici con poco budget a disposizione, come dimostrano per esempio alcune delle migliori campagne di guerrilla marketing di tutti i tempi, sono state soprattutto grandi aziende a utilizzarlo per svecchiare la propria immagine, riavvicinarsi ai propri consumatori dopo un momento di crisi, puntare a un target più giovane o, perché no, provare operazioni di brand stretching verso settori almeno in parte diversi da quello di riferimento.

Marketing non convenzionale: un caso di scuola dal mondo del fast food

Lo sa bene McDonald’s che, negli anni, si è trovato spesso a fronteggiare – e a doverlo fare proprio con operazioni d’immagine – crisi legate a una sempre maggiore attenzione verso un’alimentazione sana, alle continue pretese ambientaliste e animaliste contro la stessa filosofia del fast food e, non ultimo, a sensibilità e bisogni nuovi dei suoi consumatori. È stato, per esempio, il tentativo di entrare in un settore come quello della caffetteria a ispirare al team di McDonald’s una delle campagne di marketing non convenzionale più sui generis e destinata a restare a lungo nella memoria: la colazione gratis per chiunque si fosse presentato, in un giorno prestabilito, in pigiama nel suo punto vendita preferito o in quello più vicino.

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Decine di clienti affezionati in fila in pigiama da McDonald’s per una colazione gratis.

Quel 24 marzo 2015, così, l’operazione ha riguardato ventiquattro Paesi, con milioni di affezionati che sono scesi a far colazione in mise da notte. A testimonianza del suo successo ci sono centinaia e centinaia di tweet, tutti dal sentiment chiaramente positivo, che hanno permesso all’ hashtag ufficiale scelto per quel giorno (#ImLovinIt, che è poi il payoff del brand, ndr) di entrare di diritto e già dalle primissime ore della mattina nei trending topic a livello internazionale. Se le campagne di marketing non convenzionale hanno un vantaggio in più, del resto, è proprio quello di creare buzz sui social: le aziende sembrano averlo capito e sembrano aver capito anche che c’è tutto da guadagnare nel lasciare che i propri prodotti, le proprie iniziative, il proprio brand trovino negli utenti della Rete ambasciatori spontanei e, certo, più credibili. Tanto più se l’esigenza è quella di riparare a un precedente errore di comunicazione o a una campagna social che si è rivelata un flop. Per stare al caso di McDonald’s, per esempio, c’era un precedente da non ripetere e se possibile da rimediare. Qualche anno prima la catena aveva invitato i suoi clienti a condividere su Twitter, con l’hashtag #McDStories, i loro momenti più belli all’interno dei punti della catena o quelli che vedessero comunque protagonisti i prodotti dell’azienda: imprevedibilmente, però, in quell’occasione ebbero la meglio commenti e messaggi negativi e toni sarcastici e a tratti infamanti sulla qualità del cibo, tanto da convincere presto il gruppo a una retromarcia.

Call-to-action chiare e possibilità di giocare: una ricetta di successo per il marketing non convenzionale
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Spillette e tessere “fedeltà” regalate come ricompensa a chi andò a fare colazione in pigiama.

Cosa ha fatto funzionare, insomma, questa nuova campagna di marketing non convenzionale del fast food? Con ogni probabilità una call-to-action chiara, concreta, che aveva il sapore di una sfida giocosa per i consumatori. Uscire una mattina in pigiama, sconvolgendo i propri ritmi e le proprie routine del risveglio e rischiando, da un lato, di essere guardati male da chi non sapeva cosa stesse succedendo, dall’altro, gareggiando con i fan più accaniti delle proposte food di McDonald’s impegnati addirittura nella scelta di un outfit da notte quanto più originale possibile, ebbe infatti certo un’alta carica di coinvolgimento e trasformò quella giornata in una sorta di gioco che, proprio in perfetto omaggio all’idea del gamification, si concluse con un premio per i partecipanti: la spilletta “Io c’ero” che certificava la propria presenza a quella occasione speciale, un’ottima idea qualora ce ne fosse bisogno per rafforzare il ricordo di quella giornata e del brand, e una tessera da usare per ricevere altre colazioni gratis, ideale per fidelizzare i clienti.

Non mancò in quell’occasione, però, chi fece notare che a contribuire al successo dell’operazione fu anche uno strategico marketing del punto vendita. Ci furono, in Australia, McDonald’s che permisero ai clienti di tuffarsi da un trampolino in una enorme tazza di caffè. Nelle Filippine fu un intero casello autostradale a essere trasformato in un McDrive. E, più in generale, i vari negozi furono arredati con letti matrimoniali o ambientazioni che richiamavano il rito classico della colazione, a creare un set perfetto per i selfie mattutini da scattare e condividere sui social.

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In molti punti vendita di McDonald’s furono allestiti letti su cui chi era andato a fare colazione in pigiama poteva scattare selfie e foto ricordo.

Avere una mission e puntare sulla reputazione: il segreto del marketing non convenzionale

Forse fu, però, soprattutto l’esistenza di una mission molto chiara e in linea con l’immagine del brand dietro a questa operazione di marketing non convenzionale a decretarne il successo. La colazione gratis per chi andava in pigiama al McDonald’s preferito o a quello più vicino fu dichiaratamente un modo per «celebrare la gioia di vivere», come sottolineò allora la Direttrice Marketing, Emanuela Rovere. In altre parole, il brand riuscì a puntare dritto ai valori, alle emozioni, al cuore e ai sensi delle persone. Adottando una prospettiva più a lungo termine si trattò, in altre parole, di una costruzione collettiva e partecipata del marchio , in grado di superare persino tutte le chiacchiere su quanto di negativo ci fosse e ci fosse stato nel cibo e nella filosofia del fast food. Le decine di persone in fila in pigiama per ricevere cappuccino e brioche gratis, cioè, stavano condividendo qualcosa: la gioia stessa di condividere, una passione, un feticcio alimentare, una certa visione della vita. Gioia di condividere che poi – nota curiosa – ebbe un risvolto pratico inaspettato: molti regalarono la propria scheda per le colazioni gratis a clochard e persone indigenti che ne avrebbero certo avuto maggior bisogno.

Né va trascurato, infine, il fattore reputazionale: se operazioni di marketing non convenzionale ad alto impatto ma che richiedono un altrettanto alto sforzo da parte dei partecipanti funzionano, è per una sorta di legame intrinseco, imprescindibile tra brand e consumatori. C’è chi fece notare, infatti, già a pochi giorni dalla campagna, come l’idea di McDonald’s non fosse del tutto originale: già prima IKEA aveva provato a offrire una speciale colazione di Pasqua a tutti i suoi clienti, ma con un’affluenza per nulla paragonabile a quella dei fast food di tutto il mondo. È solo la capacità di trasformarsi in un love brand , di essere partecipe e presente nelle vite quotidiane dei propri clienti e persino, in qualche caso, di scandire routine e ritmi settimanali che aumenta la probabilità di successo delle proprie operazioni, specie se richiedono attività che abbiano un qualche costo (alzarsi, andare in giro in pigiama) per i propri clienti.

Lezione imparata e da imparare, insomma, quella di McDonald’s che mescolando sapientemente gli ingredienti mediatici e virali ha sfornato una ricetta dolce e del tutto funzionante.

 

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