- Macroambiente
- 4' di lettura
Media tradizionali: così toccano livelli di fiducia più bassi di sempre
L’Edelman Trust Barometer 2017 ha mostrato uno scenario preoccupante per i media tradizionali: non sono credibili e perdono fiducia.
C’erano una volta le élite degne di fiducia a cui si demandava non solo e di necessità la gestione della cosa pubblica ma anche la formazione di opinioni e tendenze. Già da qualche anno, invece, le cose sembrano profondamente cambiate e anche l’edizione 2017 dell’Edelman Trust Barometer sembra confermare una sorta di rovesciamento della piramide in cui non è più la punta, quella di pochi privilegiati, a essere depositaria di fiducia ma, al contrario, è la base della piramide – la gente comune – a fidarsi sempre più e in maniera diffusa di se stessa. Per dirlo in numeri, l’85% del campione (oltre 33mila persone di almeno 28 paesi diversi, ndr) si è detto quest’anno sfiduciato nei confronti dell’establishment politico-economico, mentre solo un 15% non ha lamentato una pari perdita di fiducia.
I media tradizionali sono campioni di sfiducia
La perdita di fiducia di cui si è accennato sembra aver investito, in via generale, tutti i soggetti pubblici, dalle ONG alle aziende e i governi. Campioni di sfiducia sembrano però i media che rispetto allo scorso anno perdono, in questa edizione del Trust Barometer, circa 5 punti percentuali. Non si tratta di una condizione isolata e specifica di pochi paesi, autoritari o con problemi di democrazia: interessa 17 nazioni sulle 28 considerate nella ricerca, inclusa l’Italia (che perde un 2% rispetto all’ultima edizione del barometro, ndr).
Nella maggior parte dei casi, i media tradizionali sono considerati di parte e indissolubilmente legati agli interessi delle élite. Il risultato è che individui, soprattutto se portatori di idee nuove e riformiste e informazioni non ufficiali e frutto di leak – come hanno dimostrato alcuni casi “di scuola” come Wikileaks, le mail sospette e rivelate in campagna elettorale di Hillary Clinton, i segreti del Vaticano –, risultano mediamente più credibili delle informazioni che provengono da istituzioni e fonti ufficiali.
Come già era stato evidenziato nel 2016, insomma, le persone comuni, meglio se familiari o amici, godono di una fiducia del tutto paragonabile ormai a quella attribuita a esperti e accademici. A soffrirne sono soprattutto i media tradizionali, specie se li si considera come istituzioni: in cinque anni, dal 2012, hanno perso almeno 5 punti percentuali, registrando nell’edizione 2017 dell’Edelman Trust Barometer il minimo storico di fiducia. Fiducia che sembra guadagnata, invece, dai media digitali (+5%), forse in virtù di quella dimensione partecipativa e grassroot che vede gli utenti direttamente coinvolti nel processo informativo.
Ci si fida persino più di Google: in questo caso conta, probabilmente, la possibilità di trovare informazioni su misura e confezionate sui propri interessi. E anche gli owned media sembrano depositari di maggiore fiducia da parte degli utenti, a dimostrazione dell’importanza assunta nel tempo dalle strategie di content marketing delle aziende, che hanno certo intuito la necessità di parlare con una voce umana ai loro possibili clienti e che la creazione di valore passa anche per quella di contenuti pensati ad hoc.
Un più generico clima di disillusione…
La sfiducia nei confronti dei media tradizionali, comunque, a guardare bene i risultati di quest’anno del Trust Barometer, si inserisce in un clima di crescente disillusione a cui hanno contribuito certo alcuni importanti avvenimenti sociali e politici di portata internazionale. Quelle che qualche anno fa erano solo preoccupazioni, fanno notare gli esperti di Edelman, sono diventate vere e proprie paure nei confronti della corruzione (per il 40% degli intervistati), dell’immigrazione (28%), della globalizzazione (27%), della perdita di valori sociali (25%), ecc. E c’è una fetta abbondante di utenti che considera le istituzioni incapaci di pensare a una risposta concreta di fronte a queste paure, responsabili della stessa erosione del sistema.
…amplificato da fake news, hate speech, bias informativi
Tutto ciò crea una situazione di tensione sociale esasperata, per tornare ai media, dalle echo chamber . È un principio che vale tanto per la vecchia televisione e i vecchi giornali di carta, quanto e soprattutto per i nuovi ambienti digitali: c’è una certa omofilia nei criteri con cui si sceglie il giornale da acquistare in edicola, il telegiornale da guardare e, ovviamente, le persone da seguire e con cui interagire sui social. Il rischio, allora, è che certe opinioni vengano amplificate – come l’eco, appunto – e falsate dal mancato confronto con idee diverse dalle proprie.
Il risultato, quasi a valanga, è un clima in cui il pericolo fake news o «verità alternative» è sempre dietro l’angolo e non bastano iniziative isolate o tentativi d’intervento da parte dei big dell’IT per fermarlo, in cui i toni sono sempre accesi, le polemiche, l’hate speech molto più che un rischio occasionale. Quello fotografato dall’Edelman Trust Barometer è, del resto, un panorama in cui
- i fatti contano meno: quasi un intervistato su due si è detto d’accordo con l’opportunità di sostenere un candidato politico che possa fare qualcosa per lui e la sua famiglia anche nel caso in cui alteri o esageri la verità;
- e i bias rappresentano un vero e proprio filtro: più della metà del campione non prende in considerazione, infatti, idee e opinioni diverse dalle sue né cambia opinione su issue di grande importanza sociale, anche dopo aver ascoltato posizioni diverse dalle proprie.