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Micro influencer marketing per la promozione culturale: come "vendere" arte, cultura e territorio con l'aiuto dei piccoli influencer

Come si fa micro influencer marketing per la promozione culturale? E quali sono i vantaggi? Dalle best practice alle strategie da imitare.
Il boom di visitatori agli Uffizi dopo la visita di Chiara Ferragni e, più ancora, il reportage del soggiorno in Puglia dei Ferragnez per assistere alla sfilata Dior Cruise 2021, nato su Instagram tra Storie e post e già condensato in un video che qualcuno ha rinominato la guida definitiva alle vacanze estive di quest’anno , potrebbero essere un indizio del tanto discusso cambio di ruolo dei fashion influencer dopo l’emergenza coronavirus . Forse desiderosi di dare il proprio contributo nel rilancio del brand del Paese o consapevoli che da qualche tempo ormai anche la scelta delle mete di viaggio si fa su Instagram e seguendo i consigli di travel blogger e travel influencer e che quest’anno le vacanze di prossimità saranno per molti una scelta obbligata, anche influencer con milioni di follower ma di norma attivi in campi come la moda, il lusso, il lifestyle hanno preso a sfruttare la propria presenza digitale per promuovere il territorio e le sue attrattive storico-artistiche. Non è una vera novità: già prima di loro c’erano piccoli influencer che usavano i propri canali social, la propria expertise in materia di storia dell’arte, sociologia, letteratura, linguistica a scopo divulgativo e per vendere le ricchezze immateriali del Paese. Di cosa si parla, però, quando si parla di micro influencer marketing per la promozione culturale e perché funziona, con ogni probabilità anche più di testimonial e A-list influencer che si improvvisano divulgatori culturali?
Competenza, genuinità, prossimità, fiducia della community: perché scegliere un piccolo influencer per parlare d’arte, cultura, territorio
Le ragioni che porterebbero a scegliere un micro influencer, che si tratti di promuovere un nuovo brand di cosmetici vegan-bio, un nuovo ecommerce , un luogo d’arte o una tradizionale rievocazione storica, rimangono le stesse: più è piccola la community dell’influencer e più è una community che ne condivide gusti, passioni e presso cui gode di una certa credibilità e fiducia. Quanto appena detto si traduce certamente in più engagement per messaggi e contenuti confezionati dall’influencer e, molto più pragmaticamente, quindi in metriche convincenti anche per chi – musei, siti artistici, festival letterari, enti culturali e via di questo passo – vuole investire in micro influencer marketing per la promozione culturale. Quello che conta davvero però è la capacità di questi divulgatori d’arte e cultura di convincere, di influenzare appunto, chi li segue con la propria presenza e le proprie attività online.
C’è, così, chi decide di andare a visitare una nuova mostra su Raffaello dopo averne sentito parlare da un’illustratrice che segue su Instagram ed è questo un esempio di come funziona in atto il marketing dell’influenza anche quando si tratta di vendere beni immateriali, esperienziali come la visita a un luogo d’arte o di cultura appunto. Se c’è troppa scelta, le dritte di qualcuno che si conosce, anche solo virtualmente, che si segue, con cui si condividono gusti e preferenze possono rendere meno dispendioso di tempo ed energie il selezionare tra le varie alternative quella che fa più al caso proprio. È tutto un gioco di fiducia e in genere, già lo si accennava, il micro influencer culturale è un utente che gode, agli occhi della sua community almeno, di una certa credibilità e affidabilità. Lo fa quasi sempre perché considerato un appassionato della materia o riconosciuto come un esperto, una figura di riferimento nel campo: chi segue @virgola_, l’illustratrice di cui si diceva a inizio paragrafo, sa bene delle sue conoscenze di storia dell’arte, delle sue esperienze anche lavorative nel campo ed è per questo che non può non considerare i suoi consigli come quelli di un esperto del settore; non sono mancate occasioni del resto in cui ha messo questa stessa sua expertise a disposizione della community in maniera giocosa, gratuita, quando ha usato il profilo Instagram per far insieme ai propri follower un tour guidato degli Uffizi, per esempio, o per sfidarli in quiz alla scoperta di dettagli spesso ignorati anche dei più famosi capolavori artistici.

@virgola_ è un’illustratrice con molto seguito su Instagram, spesso ha sfruttato il suo profilo – come si nota dalle Storie in evidenza – per raccontare l’arte grazie a un tour “istantaneo” degli Uffizi, per esempio, o smentendo falsi miti sul Medioevo e, ancora, approfondendo la figura di San Marco nell’arte.
Anche il micro influencer marketing per la promozione culturale vive del resto di un sapiente mix di contenuti informativo-divulgativi e di contenuti più giocosi, così come di contenuti legati alla propria passione o alla propria esperienza nel mondo dell’arte e della cultura e di contenuti decisamente più legati, invece, alla propria vita di tutti i giorni. Nell’ultimo senso serve tenere conto, ancora, che maggiore credibilità, fiducia, capacità di influenza del micro influencer (culturale) derivano dall’apparire agli occhi di chi lo segue come la persona della porta accanto, con una vita assolutamente normale e in cui è semplice e immediato immedesimarsi. Non c’è niente di strano, insomma, a parlare di grandi classici della letteratura in una Storia su Instagram – gli appassionati del genere potrebbero trovare interessante, a proposito, quello che fa sul proprio account, tra gli altri, @cassandra.divina – e in quella successiva delle proprie allergie alimentari. Anzi, è questo un trucco che i content creator più piccoli hanno imparato dagli influencer con più seguito: far sì che le proprie community si affezionino prima al proprio personaggio e solo dopo ai contenuti prodotti, ossia lavorare con le basi del personal branding , serve ad assicurarsi un seguito certo per ogni progetto futuro in cui si sarà coinvolti.
Quanto invece al mix di contenuti prettamente informativi o divulgativi e di contenuti che, al contrario, sono divertenti e facili da rendere virali prima che educativi, non si può non considerare che meme e GIF, per esempio, sono stati ormai largamente sdoganati anche nelle strategie di content marketing aziendali e di comunicazione politica . Senza dubbio possono – e devono – aiutare, quindi, alla causa della promozione artistico-culturale: sono infatti immediati, hanno il pregio di rendere più democratici e accessibili a tutti anche temi tradizionalmente considerati impegnativi e degni delle sole aule scolastiche e, soprattutto, sono capaci di catturare l’attenzione in un contesto, quello degli ambienti digitali, in cui la stessa si rivela un bene scarso data la sovrabbondanza di stimoli. Se persino progetti dichiaratamente ironici come Se i quadri potessero parlare hanno avuto il vantaggio, forse non previsto, di far conoscere ai più pittori e opere non sempre note o studiate sui banchi di scuola, pagine come @siciliansays o @naplesismuchmore sono riuscite, certo in maniera più consapevole e strategica, a parlare di dialetto e a farlo in maniera meno stereotipata di serie TV o programmi televisivi. La differenza sta, con ogni probabilità, nel fatto che a gestirle siano utenti che conoscono e padroneggiano le forme dialettali in questione.
Uno dei plus del micro influencer marketing per la promozione culturale, soprattutto quando si fa micro influencer marketing per la promozione del territorio, è del resto proprio la prossimità: i piccoli influencer che decidono di raccontare feste e tradizioni di paese o miti e leggende legate alla cultura popolare, magari nella speranza di convincere le proprie community ad andarlo a visitare o di farle incuriosire, hanno la stessa credibilità di un testimone, di chi in vacanza consiglia non le solite mete turistiche mainstream ma i luoghi veramente frequentati dalle persone del posto. Su Instagram, così, con @gaebal si può scoprire il vero volto di un quartiere di Napoli come Sanità, lasciarsi conquistare da alcuni suoi angoli sconosciuti anche a chi vive in città o capirne di più sul perché il centro cittadino è disseminato di edicole votive per esempio, il tutto sempre guardando al lavoro che associazioni e istituzioni hanno fatto nel tempo per riqualificare questa area urbana.
Si può fare micro influencer marketing per la promozione culturale davvero in ogni campo?
Per tornare alle questioni linguistiche, sono tra quelle che, in parte a sorpresa, contano su un gran numero di paladini sui social e negli ambienti digitali: da @FChiusaroli che, da anni ormai, promuove l’uso delle emoji come linguaggio universale e dalle forti potenzialità creativo-espressive a quegli influencer – come @a_wandering_sociolinguist, al secolo Vera Gheno, solo per fare un esempio – che negli ultimi mesi hanno avviato una riflessione su un uso più inclusivo e attento alle questioni di genere della lingua italiana. C’è persino la grammatica arrivata su TikTok grazie a @manolo_trinci e i suoi videotutorial brevi, semplici e arricchiti con adesivi sticker secondo la migliore tradizione della piattaforma, e forse per parlare più facilmente anche al pubblico giovane che la frequenta, su errori e imprecisioni grammaticali più comuni e in cui non è difficile incappare. La #splendutochallenge, con cui – approfittando del fatto che sfide e challenge fanno sono il modo in cui i tiktoker più comunemente interagiscono tra di loro – ha messo alla prova la capacità della propria community di declinare correttamente il verbo splendere, non è che la degna erede di quiz e sondaggi a tema grammatica che, in passato soprattutto, usava per coinvolgere la propria community su Instagram.

Con i suoi brevi tutorial video, Manolo Trinci può essere considerato a tutti gli effetti un “grammar influencer” di TikTok. La sua attività, però, era cominciata già anni fa su Instagram dove proponeva ai follower sondaggi e quiz sull’uso corretto dell’italiano.
Se c’è una cosa, del resto, che si deve riconoscere a questi micro influencer della cultura è che, oltre ad avere conoscenze tecniche e settoriali, padroneggiano grammatiche, linguaggi, modi di stare sulle diverse piattaforme, nei diversi ambienti digitali più di quanto è facile immaginare possano fare soggetti ufficiali come musei, accademie, enti culturali, pure impegnati, soprattutto i primi, in una transizione al digitale e a svecchiare lo storytelling del patrimonio artistico-culturale.
Come ha sottolineato durante un’intervista al Mashable Social Media Day Italia 2018 Gabriele Figus, il micro influencer marketing per la promozione culturale funziona solo se quanto ogni content creator «si emoziona nel portare avanti la sua attività» si sposa con la presenza di una chiara «strategia, obiettivi condivisi».
Non si può dire che siano componenti che mancano in ciò che fanno online utenti come @lellaprofile per esempio: il suo racconto della storia dell’arte su Instagram è un racconto intessuto di ricordi, di esperienze personali; ciò non le ha impedito, però, di ideare un format, quello delle #SDA con cui racconta aneddoti e aspetti curiosi del passato come la tradizione dei Santi delle Catacombe o dei monili di alta gioielleria contenenti capelli della persona amata, diventato un appuntamento periodico e capace di fidelizzare la propria community.

#SDA è il nome del format che @lellaprofile ha inventato per parlare di storia dell’arte su Instagram e farlo in maniera inedita, raccontando aneddoti e curiosità (sul personaggio di Venere, per esempio, o su come nacque il personaggio della Befana) ai propri follower durante appuntamenti periodici e ormai attesissimi.
Anche chi parla di cultura in Rete e lo fa con un intento divulgativo, nonostante i numeri piccoli della propria community, insomma, è quasi sempre un content creator esperto.
Il caso Alessandro Barbero: come ti rendo pop anche la storia
Un content creator qualche volta può trasformarsi, volente o nolente, in un vero e proprio personaggio della Rete. È quello che è successo ad Alessandro Barbero, forse il primo umanista influencer che non può contare all’attivo alcun profilo social, alcun canale su YouTube, se non quelli gestiti dai fan. In principio, infatti, furono i podcast in cui lo storico raccontava aspetti incredibili del Medioevo, come nascono le guerre, come in passato l’umanità ha reagito diversamente alle catastrofi naturali da cui è stata colpita, ecc.: non proprio argomenti leggeri, ma che lo storico meglio di altri è riuscito a trasformare in storie belle da raccontare, emotivamente forti, appassionanti o toccanti, capaci di essere d’ispirazione nonostante siano passati secoli e secoli e, soprattutto, curiose per la quantità di aneddoti che celano. Di questo è fatto il successo di Alessandro Barbero, scrive Rivista Studio, oltre che di innumerevoli meme, GIF, video-parodie (chi non ha visto il mash-up della lezione di Barbero sui longobardi?, ndr) che lo hanno reso un fenomeno pop.

Non prima, però, di aver dimostrato che è vero il vecchio mantra secondo cui la Rete è un grosso catalogo delle “più folli” passioni umane e che non c’è argomento, di nicchia, poco apprezzato o generalmente considerato noioso, che non possa diventare appassionante o un trend del momento grazie a una buona strategia di micro influencer marketing per la promozione culturale.
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