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Microchip sottopelle: applicazioni e vantaggi per le aziende

Microchip sottopelle

Migliaia di persone in Europa hanno deciso di impiantare un microchip sottopelle: eccone l’utilità e i vantaggi che ne ricavano le aziende.

Aprire la porta di casa, pagare le bolette e persino conservare il proprio testamento: con un semplice microchip sottopelle è ormai possibile fare tutto ciò e tanto altro. Se in Italia, come in tanti altri paesi europei, l’idea sembra ancora un po’ troppo futuristica, in Svezia e in Germania questa pratica diventa sempre più diffusa e anche le aziende cominciano a riflettere sui possibili vantaggi dell’uso di questi device da parte dei dipendenti.

microchip sottopelle: GLI UTILIZZI

L’uso di questi microchip sottopelle è possibile grazie alle tecnologie Rfid (radio frequency identification) e NFC (near field communication o comunicazione in campo ravvicinato) che consentono lo scambio di informazioni tra dispositivi dotati della stessa tecnologia. Circa 3500 svedesi hanno già impiantato questo microchip sottopelle, localizzato fra l’indice e il pollice. Sono tante le applicazioni che portano a una crescita di interesse verso questa pratica, anche da parte delle aziende che hanno iniziato a invitare i propri dipendenti a impiantarli.

Fonte: EPA/Bjorn Larsson Rosvall

Piccolo come un chicco di riso, il microchip sottopelle può essere usato per effettuare pagamenti, sostituendo così i contanti e la carta di credito: basta avvicinare la mano al lettore ad hoc e il portafogli non serve più.

Lo stesso meccanismo può fungere, almeno in Svezia, come biglietto del treno: la compagnia ferroviaria di Stato, infatti, ha iniziato ad accettare che i viaggiatori per presentare il titolo di trasporto mostrino solo la mano.

Si tratta, in particolare, della prima volta in cui questo tipo di tecnologia viene proposta al grande pubblico, poiché viene data la possibilità a qualsiasi cittadino che possieda l’impianto di acquistare il biglietto online e poi caricare il relativo codice sul microchip sottopelle che poi viene letto dal controller a bordo del mezzo di trasporto.

Secondo un articolo di Euronews, questi microchip sottopelle vengono utilizzati principalmente come sostituti della scheda per entrare a lavoro, come schede clienti per la palestra o come delle chiave contactless per aprire per esempio la porta di casa. Sven Beker, capo dell’azienda I am a robot, produttrice di microchip NFC, ha affermato che dal 2015 2000-3500 tedeschi hanno già impiantato uno di questi (non solo in questa azienda ma anche all’estero) e uno di loro lo avrebbe fatto per caricare il proprio testamento.

L’esperto, comunque, ha parlato di un costo inferiore ai 100 euro e ha spiegato le varie utilità di questi microchip sottopelle; per ora, però, si tratta soltanto di un «piccolo trend in Germania», situazione che potrebbe cambiare se le banche investissero in questo tipo di tecnologia, facendo in modo che quasi tutti i pagamenti siano effettuati in questo modo.

Dipendenti con microchip sottopelle: VANTAGGI per le aziende

Cresce l’interesse anche da parte delle aziende per queste tecnologie e difatti alcune hanno deciso di invitare i propri dipendenti a fare l’impianto gratuitamente. È il caso dell’azienda Three Square Market (o 32M), la prima negli Stati Uniti a proporre questa idea al proprio staff.

Con questo microchip sottopelle si potrebbero svolgere diverse attività, come effettuare acquisti (per esempio caffè o spuntino durante la pausa), aprire porte, sbloccare cellulari, effettuare il login sui computer aziendali, utilizzare la stampantesegnalare l’arrivo in ufficio, come si farebbe normalmente con la scheda aziendale.

Fonte: La Stampa

Sul sito dell’azienda vengono menzionati anche diversi benefici di questo tipo di tecnologia per il business, tra cui l’aumento della soddisfazione dei dipendenti, risparmio di energie e ottimizzazione dello spazio di lavoro con la creazione dei cosiddetti “micromercati“, cioè dei negozi self-service in cui è possibile effettuare acquisti con il microchip.

Ai più diffidenti Elon Musk risponde che «le persone non capiscono che in realtà sono già dei cyborg», concetto valido soprattutto se si tiene conto di tutte le  “estensioni” tecnologiche diventate indispensabili, come lo smartphone, e di cui, appunto, non si riesce a fare a meno. Nella startup Epicenter la scelta di impiantare il microchip è diventata talmente diffusa che i dipendenti hanno iniziato ad organizzare eventi per chi intende realizzare l’impianto, come si legge sul sito della CNBC.

In merito a eventuali questioni relative alla privacy, Todd Westby, CEO di Three Square Market, ha spiegato che ovviamente l’impianto viene fatto a dipendenti su base volontaria. Inoltre, come riportato da La Stampa, esso «non contiene un GPS e quindi non ci consente di seguire i movimenti degli impiegati. Le informazioni che contiene sono criptate, perciò la privacy è assicurata».

In Svezia è quasi un trend: perché proprio in questo stato?

Diverse dinamiche possono in parte spiegare perché gli svedesi sono stati i pionieri dell’adozione di questo tipo di tecnologia. Come si legge sul Daily Mail, gli svedesi si sentirebbero a proprio agio nel condividere le proprie informazioni personali e molti, infatti, sarebbero disposti a sacrificare parte della propria privacy in cambio di una maggiore comodità nelle attività quotidiane. Addirittura, poiché i dati personali sono registrati dal sistema di sicurezza sociale, insieme ad altri organi amministrativi, è possibile che i cittadini accedano facilmente a informazioni personali, come lo stipendio, di altri cittadini «con una semplice telefonata alle autorità fiscali». Potrebbe aver contribuito alla diffusione del microchip sottopelle, inoltre, il sistema scolastico con la sua collaborazione con diverse organizzazioni (come Finn Upp), allo scopo di stimolare l’interesse dei giovani verso la tecnologia e l’ innovazione .

Quella svedese, poi, è una cultura particolarmente aperta al biohacking, pratica attraverso cui gli individui (spesso dei biologi amatoriali) realizzano esperimenti di biomedicina in maniera “fai-da-te”, fuori da ambienti controllati come università o laboratori. Come si legge in un articolo di The Conversation, i biohacker svedesi sono di solito legati al movimento del transumanesimo e alla realizzazione di alterazioni del corpo umano attraverso l’implementazione di dispositivi tecnologici, come i microchip per esempio.

TransumanEsimo, cyborg e arte transcutanea: non più fantascienza

Negli anni ’90 alcuni film come Total Recall” hanno alimentato l’immaginario del pubblico con interpretazioni come quella di Schwarzenegger che si ritrova a dover rimuovere, all’interno del film, un dispositivo di rilevamento impiantato nella narice per non essere localizzato. Uno scenario futuristico, insomma. Oggi, però, l’applicazione di tecnologie al corpo umano è sempre più frequente, specialmente in paesi come la Svezia.

Scena del film “Total Recall” con Schwarzenegger

Quella che poteva sembrare fantascienza alcuni anni fa viene oggi promossa da un movimento culturale chiamato transumanesimo che sostiene l’uso della tecnologia al fine di migliorare le capacità umane o per ovviare a problemi legati a malattie o invecchiamento. A questo proposito è possibile menzionare il caso di Neil Harbisson, il primo cyborg umano, che al Festival of Media Global 2018 ha citato Kafka proprio per sottolineare che «senza la deviazione dalla norma, il progresso non è possibile». L’antenna impiantata sul cranio e che gli cade davanti agli occhi è una soluzione, almeno parziale, all’acromatopsia, malattia congenita che gli consente di vedere il mondo soltanto in scale di grigio. Questo arto aggiunto permette a Neil Harbisson di “sentire i colori” grazie a un sensore che è in grado di trasformare i colori in audio frequenza. Questo occhio elettronico, “l’eyeborg”, converte queste frequenze in suono attraverso le ossa, permettendogli di ricevere telefonate e connettersi ad altri dispositivi tramite Bluetooth.

Questa “fusione tra uomo e tecnologia si è diffusa sempre più nel corso dell’ultimo anno, ma le prime applicazioni risalgono a qualche anno fa, come emerge da un video di The Rubin Report, del2014, che faceva un elenco delle “cinque tecnologie reali che a breve saranno dentro di noi“. Tra gli esempi allora presentanti vi era quello dell’artista Anthony Antonellis che ha impiantato un microchip per fini artistici. Mentre questi dispositivi vengono di solito utilizzati per scopi personali, Antonellis ha deciso di usarli per la condivisione del proprio lavoro artistico, rendendo i suoi contenuti, caricati sul microchip, accessibili a chiunque, mediante un semplice cellulare.

 

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