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Millennial tra caratteristiche, costumi e falsi miti da sfatare

Millennial tra caratteristiche, costumi e falsi miti da sfatare

Si fa presto a dire Millennial e a considerarli un target privilegiato per i consumi. Eppure esistono tanti falsi miti da sfatare.

Ogni discorso su una generazione, ogni tentativo di definirne le caratteristiche principali e i tratti che accomunano chi vi appartiene è, per forza di cose, figlio di una generalizzazione e in quanto tale rischia di creare disappunto in chi di quella generazione è parte, volente o nolente, ma stenta a riconoscersi in simili ritratti. I Millennial, per esempio, sono protagonisti in questi anni di un’abbondante narrativa che ha provato in tutti i modi a ingabbiarli dentro schemi più utili o che ha provato a studiarli come target di consumo, ma anche a cercare di comprendere chi siano veramente questi giovani iperconnessi, multiculturali, istruiti più di quanto non lo fossero i genitori.

Di loro crediamo di sapere tutto: cosa li motiva sul lavoro e quali sono le strategie migliori per tenerli in azienda; cosa pensano del lavoro nel settore delle assicurazioni; come preferiscono informarsi e perché, un po’ a sorpresa, questa categoria di giovani opta per news da leggere rispetto a quelle da vedere; come fanno shopping soprattutto online o perché questi giovani sono meno entusiasti di social e ambienti digitali, rispetto a come in realtà sembra.

In questo modo, però, non facciamo che alimentare una vera e propria mitologia sui Millennial che, in quanto tale, non sempre corrisponde esattamente al vero. Per questo Richie Norton (columnist, blogger e speaker ben conosciuto nell’ambiente digitale, ndr), dal suo Medium e con l’aiuto di alcuni dati ufficiali, ha provato a smentire i principali falsi miti che circolano oggi sui Millennial.

Sei un Millennial se sei nato nel…

A partire da un problema definitorio. Chi sono veramente i Millennial? Rispondere a questa domanda potrebbe non essere semplice. C’è chi dice che corrispondano a tale categoria i nati tra gli anni Ottanta e la seconda metà dei Novanta: poi, altrimenti, si apparterrebbe alla Generazione Z. Secondo il Pew Research, invece, sono Millennial già i nati nella seconda metà dei Settanta, dal 1977 nello specifico. E il risultato è che, in barba a qualsiasi luogo comune relativo agli appena trentenni rampanti e determinati, Millennial sarebbero a rigore anche quarantenni già presumibilmente in là con la carriera. Di certo c’è che i Millennial non sono affatto la prima “Me Generation”, come pure qualcuno li ha definiti (in riferimento a una certa sicurezza di sé, a volte sconfinante nel narcisismo che avrebbero come tratto comune, ndr): il titolo spetta ai loro padri baby boomer e a loro non resta che accontentarsi di essere una “Me Me Generation”.

I Millennial e il rapporto con la famiglia

L’altro grande mito da sfatare riguarda, secondo Norton, l’idea che i Millennial vivano una completa rottura rispetto ai propri genitori. In realtà, come per qualsiasi altra generazione, i trentenni d’oggi fanno esattamente quello che facevano i loro genitori quando avevano la loro età e vivono nelle stesse condizioni. Hanno persino lo stesso reddito: utili sono, in questo senso, alcuni dati del Pew Research che mostrano come il guadagno medio a 18 anni sia stato grossomodo uguale per tutte le ultime generazioni.

income 18enni millennial baby boomer

Più in generale, comunque, quello che riguarda i Millennial e i loro genitori è un campo in cui si va spesso incontro a giudizi affrettati e superficiali. Si dice spesso per esempio che, cresciuti più frequentemente delle altre generazioni con padri e madri separati o in famiglie monoparentali, abbiano un cattivo rapporto con i genitori. Dei dati della Casa Bianca, invece, rivelerebbero come per oltre la metà di chi lascia la casa per frequentare l’università o master oppure per motivi di lavoro è piuttosto importante continuare a vivere comunque vicino alla famiglia, percentuale che era solo del 29% tra i baby boomer e del 40% per la Gen X.

Più mammoni e attaccati del previsto alla famiglia, insomma, i Millennial apparirebbero incapaci agli occhi di qualcuno di andare avanti, economicamente e non solo, senza il sostegno dei genitori. Eppure, come fanno notare da più parti, avrebbero una certa familiarità con la tecnologia, sarebbero più istruiti della generazione precedente e nella maggior parte dei casi anche abituati a confrontarsi con culture diverse: tutti vantaggi che dovrebbero permettere loro di farcela da soli.

I Millennial sono davvero ignoranti?

Anche sull’educazione dei nuovi trentenni circolano, secondo Norton, numerosi falsi miti. Il più rilevante riguarda la presunta ignoranza dei Millennial. Vero è che l’essere sempre connessi e a contatto ogni giorno con migliaia e migliaia di informazioni potrebbe non essere d’aiuto, dal momento che secondo gli esperti sarebbe la causa principale della cosiddetta “ignoranza 2.0”. Non si può non osservare, però, che il tasso di scolarizzazione tra i Millennial è mediamente più alto rispetto a quello della generazione precedente, come dimostra l’accesso a percorsi di formazione superiore o specializzante da parte delle donne: secondo dei dati del Pew Research, infatti, oggi circa il 27% delle ragazze ha un una laurea di primo livello, contro percentuali ferme al 7% per le loro nonne.

Ed anche spendaccioni e incapaci di pensare alla stabilità economica?

Chi non ha mai letto, poi, almeno una statistica che definisse i Millennial più spendaccioni dei loro genitori e poco attenti ai soldi? Un solo dato (di Ramsey Solutions, ndr) sembra smentire questa leggenda metropolitana: circa il 60% dei Millennial ha già una cifra ‘da parte per la pensione. Se si provasse a calcolare la somma, non supererebbe i 10mila dollari, ma sarebbe uguale alla cifra che avrebbero da parte anche molti baby boomer, con la differenza che i trentenni hanno davanti parecchi decenni ancora prima della pensione. Quando si dice, insomma, che ai Millennial non interessa la sicurezza economica, si dovrebbe dire piuttosto che, soprattutto quando si tratta di scegliere l’azienda per cui lavorare, hanno diverse priorità come un buon ambiente di lavoro, le opportunità di crescita professionale e personale, la disponibilità di ferie pagate, ecc.

millennial fondo pensione

Millennial e lavoro: i miti da sfatare

Anche sul rapporto dei Millennial col lavoro, del resto, esistono tantissimi altri falsi miti. Si dice innanzitutto che rappresentano una generazione di pigri eppure un’indagine riportata da The Economist avrebbe dimostrato che la competizione al lavoro è ciò che fa alzare dal letto la mattina oltre il 59% dei giovani lavoratori, contro un appena 50% per i lavoratori senior.

Ai Millennial viene rimproverato, poi, di avere una cattiva etica sul lavoro, di essere indisciplinati e incapaci di portare a termine i compiti che vengono affidati loro. Anche in questo caso, però, lo studio dell’Economist sembra dire il contrario: il 41% degli impiegati Millennial fa quello che gli è stato detto dal proprio manager o responsabile, contro appena un 30% degli impiegati baby boomer o della Gen X.

Altrettanto ingiustificate sono le accuse di infedeltà alla propria azienda comunemente rivolte ai Millennial: sono pochi, infatti, i giovani lavoratori che lasciano volontariamente la loro posizione in azienda dopo un periodo inferiore a un anno e, generalmente, il rapporto dura dai 3 ai 6 anni. C’è molto meno ricambio, insomma, di quello a cui i loro genitori a inizio carriera dovevano essere abituati, ma è il mercato del lavoro che sta cambiando e non si può restare indifferenti a questo.

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