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Chiusi per coronavirus, i musei stanno riformulando l'idea stessa di esperienza culturale

Chiusi per coronavirus, i musei stanno riformulando l'idea stessa di esperienza culturale

Per molti di loro trasferire online mostre, esibizioni, tour guidati è stata la prima, emergenziale, risposta alla chiusura imposta dalle misure anticontagio. Un excursus delle iniziative dei musei durante la pandemia basta però ad accorgersi che quella di ripensare al modo di fruire di opere d'arte e altre ricchezze storico-culturali e farlo anche grazie al digitale è un sfida di più ampio respiro.

Un museo su dieci potrebbe non riaprire più a causa della pandemia, mentre l’80% dovrà rivedere il proprio piano di spesa per mostre ed esibizioni future in modo da far fronte alla perdita di fatturato legata al drastico calo di ingressi e visite di questi mesi di restrizioni e misure di contenimento del contagio, ragione per cui molti stanno già di fatto riorganizzandosi per proporre qualcosa di nuovo ai propri visitatori, con quello che però hanno già “in casa”, nei depositi e tra gli oggetti mai esposti. Insight come questi dell’International Council of Museums, riportati da National Geographic, dicono molto su musei e coronavirus o, meglio, su come l’emergenza sanitaria abbia già richiesto e richiederà ancora di più nell’immediato futuro di ripensare al modo di vivere l’arte e le esperienze culturali di ogni genere.

Come la pandemia ha impattato sul mondo dei musei e dei luoghi d’arte

«Ci sarà un tempo in cui i musei esploderanno di persone – ha affermato il curatore e critico d’arte Andrea Speziali durante la puntata di Inside Talk, nostro format di live video, del 4 febbraio 2021 – perché la gente ha voglia di ammirare la cultura dal vivo e ha capito che il mondo può cambiare da un momento all’altro, ma al momento le persone non sono pronte psicologicamente a rientrare in un museo, manca la serenità di un tempo».

Arte e digitale: un connubio rodato per la nuova normalità delle esperienze culturali
Arte e digitale: un connubio rodato per la nuova normalità delle esperienze culturali

A questo si aggiunge che, come continua National Geographic, per via delle restrizioni ai viaggi nell’immediato futuro il ritorno al museo potrebbe essere più orientato a un criterio di prossimità: si tratta, a ben guardare, di un trend che potrebbe riguardare l’intero settore turistico nel dopo pandemia, ma che nel caso specifico dei luoghi d’arte implica il rischio di dover rinunciare al grosso delle visite da parte di turisti e stranieri.

Più che sperare che curva dei contagi e misure adottate dai vari governi consentano una riapertura definitiva (e non solo a intermittenza com’è stato negli ultimi mesi in Italia per via del sistema a zone di rischio epidemiologico che consentiva la riapertura di musei e solo in zona gialla), prioritario dovrebbe essere per questo per musei, gallerie, case d’arte rendere accessibili le proprie collezioni anche “in remoto” – come ci si è abituati in questi mesi di pandemia a vivere quasi ogni aspetto della propria quotidianità – e sperimentare nuovi modelli di fruizione. Va da sé che quelle offerte dal digitale sembrano, in questo senso, opportunità ineguagliabili.

Musei e coronavirus: alcune delle iniziative per far fronte alla chiusura

Non è un caso che, fin dai primi giorni d’emergenza sanitaria, soprattutto i musei che più hanno investito in innovazione già in tempi non sospetti sono riusciti a mettere a buon frutto il digitale per mantenere vivo il rapporto con le proprie community di appassionati, coinvolgere i visitatori e far vivere loro esperienze artistiche “alternative” e vicarie e soprattutto per riuscire a non fermare del tutto la propria offerta culturale. Il risultato è una mappa delle iniziative digitali dei musei durante la pandemia in continuo aggiornamento e già molto varia.

Quando si parla di musei e coronavirus non può non stupire, infatti, soprattutto la molteplicità di forme con cui queste realtà hanno provato a continuare a fare arte pur dovendo chiudere le proprie porte ai visitatori.

C’è chi, come il Louvre, ha trasformato le proprie sale nel set di una delle serie cult del momento e chiuso una collaborazione con un brand di apparel per una linea di felpe e t-shirt che rivisitassero i capolavori delle sue collezioni in chiave pop. Anche il MoMA ha rinnovato una partnership con Swatch all’insegna dell’idea dell’arte “da indossare”.

In molti, se non lo avevano ancora fatto, hanno digitalizzato e reso fruibili gratuitamente in Rete i propri cataloghi (così ha fatto lo stesso Louvre) in modo che, momentaneamente impossibilitati a farlo da vivo, gli appassionati d’arte potessero fruire almeno della versione digitale dei propri dipinti e delle proprie opere preferite. Qualcuno, come ancora il MoMA, ha reso ideato corsi online e masterclass di storia dell’arte aperte a tutti gratuitamente.

In Italia, invece, gli Uffizi hanno pensato soprattutto agli studenti alle prese con la didattica a distanza: “Forza Scuole – Arrivano gli Uffizi” è, infatti, il titolo di un progetto che dà la possibilità agli insegnanti di medie e superiori di organizzare per le proprie classi lezioni sull’arte fiorentina del Cinquecento o sulle opere del Rinascimento direttamente con gli esperti della Galleria (progetto che, stando almeno a Il Sole 24 Ore, ha raccolto in pochi giorni migliaia di richieste per le lezioni di storia dell’arte in DAD).

Se neanche musei e luoghi di cultura hanno resistito alla seduzione di dirette e sessioni live

Che sia a scopo didattico-divulgativo o a scopo ludico e d’intrattenimento, uno dei leitmotiv delle iniziative dei musei durante le chiusure da pandemia sembra essere proprio il ricorso a dirette streaming e sessioni live sulle varie piattaforme digitali. C’entra naturalmente il fatto che, tra le nuove abitudini digitali da quarantena, diffuso è stato l’utilizzo di servizi come Zoom, Google Meet, le Stanze di Facebook anche per attività tradizionalmente da tempo libero come partecipare a un club del libro, ecc.

Molti sono stati così, fin dalla scorso marzo e per provare a rimediare alla chiusura improvvisa e imprevista, i musei, le gallerie e i luoghi d’arte che hanno provato a darsi un appuntamento fisso online con i propri visitatori più fedeli e gli appassionati di cultura per raccontare mostre ed esposizioni in corso (come ha fatto il MAMbo a Bologna) o i retroscena della vita di un museo e come nascono le sue attività (soprattutto se si tratta attività laboratoriali come quelle del Museo della Scienza di Milano raccontate tramite l’ hashtag #storieaportechiuse) e, ancora, per svelare chicche nascoste del proprio patrimonio.

La Pinacoteca di Brera, per esempio, ha chiesto al proprio direttore di leggere passi di opere per ragazzi conservate nella Biblioteca Nazionale Braidense e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli – MANN ha organizzato un viaggio virtuale, guidato da esperti e ritrovatori, tra i reperti etruschi dei Campi Flegrei protagonisti di una delle sue esibizioni.

Gli appuntamenti fissi sono serviti anche per discutere del futuro dell’arte – o, meglio, delle arti – con esperti di teatro, cinema, arti performative (come ha fatto in Italia la Triennale di Milano e fuori dall’Italia il Guggenheim Museum di Bilbao, i cui talk tematici sono facilmente ritrovabili sotto l’hashtag #guggenheimbilbaolive).

Per nessun luogo di cultura sarebbe stato possibile, però, confezionare una strategia di dirette streaming per mantenere vivo il rapporto con le proprie community di visitatori durante l’emergenza coronavirus – o per attrarne di nuovi e far nascere in loro il desiderio di una visita alla riapertura – senza costruire a monte una propria, consistente, presenza digitale.

Non è certo una novità che gallerie, case d’arte, siti d’interesse storico-culturale sperimentino strategie di inbound marketing nell’ambito delle proprie campagne di comunicazione e per far arrivare la propria offerta a un pubblico quanto più vasto ma in target possibile. Nel tempo, anzi, la digitalizzazione dei musei è stata misurata – in parte a torto – proprio in base a quanto gli stessi risultassero capaci di creare strategie di social media marketing efficaci, investire in social advertising con buoni tassi di ritorno, puntare su content marketing e branded content e via di questo passo.

Musei sui social: durante la quarantena l’obiettivo è stato intrattenere e coinvolgere le community

Parlare di musei e coronavirus vuol dire anche notare – come ha fatto il Politecnico di Milano per il MiBACT – che ad aprile 2020 l’attività dei musei italiani sui social era duplicata rispetto ai mesi precedenti. Più nel dettaglio, il numero medio di pubblicazioni mensili è salito a 40 su Facebook, a 60 su Twitter e a oltre 30 su Instagram.

musei italiani sui social durante il coronavirus

Durante il primo lockdown di marzo 2020, anche per ovviare alla chiusura improvvisa, l’attività sui social dei musei italiani sembra essersi intensificata. Fonte: Politecnico di Milano/MiBACT

Dal PoliMi hanno notato anche un uso “verticale” e tematico delle tre piattaforme prese in considerazione: i musei italiani avrebbero usato, cioè, Twitter soprattutto per condividere informazioni e aggiornamenti, Facebook per organizzare e pubblicizzare eventi e iniziative (nei primi giorni di lockdown in particolare le iniziative per #iorestoacasa) e Instagram per interagire più direttamente e in maniera disintermediata con le proprie community.

Parlare d’arte sui social, per le emozioni e i ricordi che inevitabilmente genera una visita al museo o qualsiasi altro tipo di esperienza artistico-culturale, viene meglio del resto se si riesce a costruire un racconto collettivo. Soprattutto le prime settimane di lockdown sono state, così, le settimane delle hashtag campaign: molti musei hanno chiesto agli internauti di condividere uno scatto all’interno delle loro sale, un loro personalissimo racconto, un ricordo della visita e di farlo utilizzando hashtag dedicati. Lo hanno fatto anche gli organizzatori della MuseumWeek 2020 preparando, come ogni anno del resto, un calendario di sette hashtag con cui giocare, per altrettanti giorni, con le community online, sfidandole a postare un giorno i propri eroi preferiti, ritratti in quadri e dipinti, un altro il tema sogno, reinterpretato dalla sensibilità dei propri artisti preferiti e via di questo passo.

museumweek 2020

Alcuni dei post su Instagram, in totale più di 9mila, dedicati alla #MuseumWeek2020: ogni giorno un hashtag diverso sfidava gli internauti a cercare dettagli e particolari all’interno dei propri quadri preferiti o a ricordare la visita al proprio museo del cuore. Fonte: Instagram

Più originale è stata l’iniziativa del Getty Museum di Los Angeles che ha provato a trasformare la necessità di restare a casa e trovare nuovi modi per impiegare il proprio tempo tra le mura domestiche sfidando i propri follower a ricreare con oggetti di tutti giorni (stoviglie, abiti da casa, elettrodomestici, ecc.) scene famose di quadri e dipinti: il risultato sono stati dei tableaux vivants, davvero sui generis, da quarantena.

Queste attività avrebbero condotto ad alcuni interessanti risultati. Per tornare ai dati di PoliMi per MiBACT, le attività social dei musei italiani avrebbero garantito loro un incremento di follower consistente: su Instagram, che, generalizzando, sarebbe il canale più performante per realtà come queste, in un solo mese si sarebbero arrivati a guadagnare infatti oltre 1700 seguaci con un incremento del +7.2% (tasso che per Facebook e Twitter sarebbe, invece, rispettivamente del +5.1% e del +2.8%).

più follower per i musei italiani sui social durante la pandemia

I musei italiani avrebbero acquisito seguito sui social durante la pandemia. Fonte: Politecnico di Milano/MiBACT

Se sperimentare sembra essere insomma la parola d’ordine quando si tratta di musei e coronavirus, per qualche realtà ha voluto dire anche sperimentare con piattaforme nuove, diverse dai “soliti” Facebook, Twitter o Instagram e che, soprattutto, fossero tra i social più utilizzati del momento.

Il caso degli Uffizi su TikTok

In piena pandemia così, per esempio, gli Uffizi hanno aperto un profilo TikTok che conta già oltre 70mila follower e complessivamente quasi 500 mila like (al 6 aprile 2021).

@uffizigalleries

La #festaincasa del cavaliere Pietro Secco Suardo @theferragnez #festedipablo #uffizi

♬ Le Feste Di Pablo – Cara & Fedez

Il tono di voce della Galleria è qui piuttosto diverso che altrove: i protagonisti dei quadri si animano, infatti, grazie a lenti e filtri tra i più amati dai tiktoker o cantano e ballano sulle note delle hit pop del momento (come fa nel primo tiktok in assoluto pubblicato dal museo il cavaliere Pietro Secco Suardo che si sposta tra le sale vuote degli Uffizi al suono di “Le feste di Pablo” di Cara e Fedez) o si trasformano in meme capaci di cavalcare i tormentoni della giornata (dai disagi di chi in quarantena deve rinunciare a parrucchieri ed estetisti al complicato rapporto con i fratelli minori solo per fare due esempi).

@uffizigalleries

Quarantine collateral effects #Maddalena #Giuditta #effettidellaquarantena #GalleriaPalatina

♬ suono originale – uffizisocial

@uffizigalleries

what to do #mom #kids #nopressure #savage #comedy

♬ original sound – Ninzzx

Sul profilo TikTok degli Uffizi, però, non manca una dose di real time marketing : quella che in occasione della Festa del papà serve per ricordare che un po’ di «tenerezza tra gli uomini non è vietata» – e lo mostrano bene il Conte Iseppo da Porto e il figlio nel ritratto di Paolo Veronese – o che per la Festa della donna 2021 trasforma le protagoniste di sculture e dipinti della galleria in paladine di tutti gli stereotipi di genere che sarebbe ora di lasciare cadere.

@uffizigalleries

Affetto tra padri e figl* #festadelpapà #papà #dad #dadsoftiktok #imparacontiktok

♬ suono originale – uffizisocial

@uffizigalleries

Mind your business about what women want or are. #perledonne #mesedelledonne #giornatainternazionaledeidirittidelladonna

♬ original sound – Shaphet Sunday

Per i tiktoker che seguono le @uffizigalleries non mancano, però, i momenti dedicati alle curiosità sulla storia dell’arte e persino quelli di brand activism (c’è il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo in persona a spiegare, per esempio, quanto anacronistica sia oggi la pena di morte).

@uffizigalleries

⚖️ #penadimorte #maipiu #toscana #giustizia #imparacontiktok

♬ suono originale – uffizisocial

Tutto fa pensare, insomma, che la strategia degli Uffizi su TikTok sia tra quelle orientate a richiamare al museo soprattutto un pubblico di giovani millennials e giovanissimi della generazione z , come lo è stato del resto scegliere come testimonial di Chiara Ferragni.

Musei, videogiochi e altre sfide dell’arte digitale nel mondo (post)pandemico

Altre realtà hanno deciso di espandere la propria presenza digitale puntando al mondo dei videogiochi e in particolare a saghe come Animal Crossing: New Horizons, che effettivamente durante la quarantena un gran numero di preadolescenti e adolescenti ha utilizzato anche per chattare con i propri compagni e i propri amici preferendola alle più tradizionali app di messaggistica istantanea.

Il Metropolitan Museum of Art ha trasformato alcuni pezzi delle sue collezioni in item con cui decorare gli atolli su Animal Crossing: si tratta forse del concetto di democratizzazione dell’arte portato all’estremo, se chiunque può procurarsi e fare sfoggio nella propria dimora (virtuale) di una copia (altrettanto virtuale) di un Cézanne o di un Hokusai.

metropolitam museum of art su animal crossing

Il Met di New York ha reso disponibili alcuni pezzi della propria collezione in versione digitale su Animal Crossing: New Horizons: gli utenti possono usarli per decorare i propri atolli (come avviene in questo caso con “The Great Wave” di Katsushika Hokusai). Fonte: Polygon

A proposito di copie virtuali e non fungibili, del resto, uno degli effetti più contemporanei della pandemia sembra essere proprio lo scoppio della bolla degli NFT anche nel campo della cosiddetta digital art, tanto che virale è diventata la notizia di “Everydays – The First 5000 Days”, un’opera di Beeple che esiste solo in formato JPEG e battuta all’asta da Christie’s per 69 milioni di dollari.

nft beeple 70 milioni

“Everydays – The First 5000 Days”, l’opera di Beeple battuta all’asta per quasi settanta milioni di dollari e che ha dato il via alle speculazioni sulla NFT art. Fonte: The New York Times

Per tornare all’incursione dei musei nel mondo dei videogiochi, però, dopo l’uscita anticipata del secondo capitolo di “Father and Son”, il già citato Museo Archeologico Nazionale di Napoli – MANN ha annunciato che presto sbarcherà su Minecraft (come rivela Il Sole 24 Ore, l’avventura potrebbe chiamarsi MANNCRAFT) e che sfrutterà gli assistenti digitali e i loro comandi vocali per far vivere agli appassionati di archeologia un’avventura simile a quella di un’escape room anche direttamente a casa.

Sfruttare la gamification per assicurare ai propri visitatori esperienze degne di essere considerate davvero tali e memorabili anche in tempo di coronavirus e di chiusure potrebbe portare, così, musei e luoghi d’arte anche a incursioni nel mondo dell’avatar economy.

Nel frattempo c’è già chi, come la National Gallery di Londra, ha inaugurato la prima mostra pensata appositamente per smartphone. Significa che si potrà zoomare sui dipinti per apprezzarne i più piccoli dettagli – proprio come ogni giorno si fa con le foto che si ricevono in chat o si scattano con il proprio smartphone – e che altri prodotti mediali (voci registrate, poesie in sottofondo, ecc.) per chi vorrà ne arricchiranno la “visione”.

Vista sullo schermo di un cellulare, del resto, anche un’esibizione artistica deve essere in grado di vincere le tante distrazioni di cui sono foriere notifiche e simili. Per questo al momento le prescelte sono solo le opere dei pittori fiamminghi, tanto ricche di dettagli in sé da riuscire senza dubbio a catalizzare l’ attenzione del “visitatore”: dal 2 aprile, in particolare, a partire dal sito ufficiale della Galleria e utilizzando un QR code ci si può immergere nelle atmosfere de “L’adorazione dei magi” di Jan Gossaert.

national gallery mostra per smartphone

“Sensing the Unseen: Step into Gossaert’s Adoration” si intitola la prima mostra “per smartphone” organizzata dalla National Gallery di Londra. Fonte: The Guardian

mostra virmostra viruale abiti di scena the crown la regina degli scacchiuale abiti di scena the crown la regina degli scacchi

Al Brooklyn Museum c’è una mostra completamente virtuale dedicata ai costumi di scena di due delle serie Netflix più amate degli ultimi tempi: i “visitatori”, muovendosi nello spazio virtuale dell’esposizione, possono esplorare a 360° i vestiti indossati dai protagonisti di “The Crown” e “La Regina degli Scacchi” e interagire con essi. Fonte: Il Post

Tra «cosa si sono inventati i musei per fare i musei durante la pandemia», per citare il titolo di un articolo che Il Post ha dedicato proprio a musei e coronavirus, c’è però anche un’altra mostra completamente digitale, quella organizzata dal Brooklyn Museum in collaborazione con Netflix e dedicata ai costumi di scena di The Crown e La Regina degli Scacchi, due tra le serie più amate e più viste degli ultimi mesi e più capaci, soprattutto, di ispirare lo shopping natalizio o a ridosso dei saldi invernali.

Musei e coronavirus: c’è un legame intimo con il territorio tutto da riscoprire

La smaterializzazione, del corpo del visitatore tanto quanto degli ambienti fisici dove un tempo si vivevano le esperienze artistico-culturali, è davvero però il tema centrale del discorso su musei e coronavirus?

In questi mesi di emergenza sanitaria molte sono state le iniziative che hanno puntato soprattutto a rimarcare quel legame intrinseco tra musei e territorio che è da sempre al centro di tante strategie di marketing museale.

Presto virale – e oggetto di non poche critiche – è diventata per esempio l’installazione di JR a Palazzo Strozzi: con uno squarcio, metaforicamente simile a una ferita, sulla facciata di uno dei luoghi di cultura più amati da Firenze e da chi visita il capoluogo toscano lo street artist ha voluto accendere i riflettori l’attuale inaccessibilità dello sconfinato patrimonio artistico-culturale italiano (e non solo).

installazione jr palazzo strozzi firenze

Si intitola “La Ferita” e vuole metaforicamente rappresentare il dolore per l’inaccessibilità del patrimonio artistico culturale del Paese in ottemperanza alla norme di contenimento del contagio da coronavirus, l’installazione temporanea di JR a Palazzo Strozzi. Fonte: Fondazione Palazzo Strozzi

La stessa provocazione sembra lanciarla “Aggiungi al carrello”, un’estemporanea d’arte realizzata presso un supermercato di Napoli: le opere – fotografie, organi umani riprodotti con gomme da masticare e altri materiali di recupero, ecc. – sono esposte tra gli scaffali, vicino alle casse, sulla testa dei clienti che possono tornare così a godere di un po’ di arte durante una delle poche uscite permesse, specie in zona rossa, come quella per la spesa settimanale.

mostra napoli supermercato

C’è una mostra, “Aggiungi al carrello”, che aspetta chi frequenta un noto supermercato di Chiaia a Napoli: a organizzarla un gruppo di artisti guidati dalla curatrice d’arte Carla Travierso. Fonte: Living Corriere

Ad arricchire e fare proprio, grazie a opere d’arte, il tempo che le attuali misure di contenimento del contagio permettono di trascorrere fuori casa ci pensa anche “Foglio D.Istinto”: è la prima rivista d’arte da affiggere per strada, negli spazi un tempo destinati ai cartelloni pubblicitari e a cui ora investitori e marketer non sembrerebbero più interessati anche per via della crisi in cui la pandemia ha trascinato anche il mercato pubblicitario; a stamparla è MODO, un’associazione culturale di cui fanno parte numerosi artisti visuali, e la prima città scelta per ospitare questi fogli di giornale che invitano a riscoprire una fruizione lenta e totalmente opposta a quella frenetica e a tratti bulimica tipica dei social è stata Siena.

foglio disinto rivista da affiggere ai muri della città

Una rivista da affiggere sui muri della città e da leggere quando si esce per la spesa e le altre poche occasioni previste dai DPCM può essere una forma di fruizione d’arte? È la provocazione dell’associazione MODO a Siena. Fonte: Artribune

Non si può parlare di musei e coronavirus, infine, senta sottolineare che, proprio come molte aziende hanno momentaneamente trasformato i propri headquarter in centri vaccinali, anche alcuni siti culturali hanno fatto lo stesso. Ancora a Napoli il Museo Madre è diventato un hub vaccinale: qui i pazienti del centro storico potranno essere vaccinati tra «opere d’arte installate nella sala dove avvengono le operazioni, affinché […] possano conoscere e scoprire un luogo che speriamo continui a far parte della loro vita anche in futuro», ha dichiarato a la Repubblica Napoli di domenica 28 marzo 2021 la presidentessa della fondazione Donnaregina – Museo Madre.

museo madre napoli centro vaccinazioni

L’iconico portone giallo del Museo Madre di Napoli, trasformato in questi giorni in un centro di vaccinazioni. Fonte: la Repubblica Napoli

Il buon auspicio, del resto, è che gli esperimenti – digitali e non – dei musei durante la pandemia non rimangano solo esperimenti e perdano, anzi, presto la loro natura emergenziale per rendere davvero “aumentate” la fruizione d’arte e le esperienze culturali del futuro.

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