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Musica in store: così influisce sul comportamento d’acquisto

Musica in store: così influisce sul comportamento d’acquisto

La musica in store è davvero in grado di farci spendere di più? Alcuni studi provano a rispondere alla domanda.

In un negozio in cui passa musica che ci piace possiamo arrivare a spendere dal 2 al 10% in più: a dirlo è una ricerca condotta dall’Università Bocconi, in collaborazione con Mcube, che rientra nel più ampio campo degli studi sul music design in store che da tempo ormai provano a indagare come appunto la musica in store influisca sulla nostra propensione a spendere.

L’importanza della dimensione sensoriale quando si tratta di esperienze d’acquisto è del resto la base di tanto moderno neuromarketing. Che effetto possano avere gli stimoli uditivi – quelli che vengono da una radio commerciale o proprietaria, da un CD o una playlist fatta risuonare in loop nel punto vendita – sul comportamento dei clienti, però, è ancora un tema controverso con fazioni pronte a schierarsi, alternativamente, dalla parte di chi ritiene che la musica non influisca affatto sugli acquisti e da quella esattamente contraria.

[Tweet “#musica nei #negozi: come influisce sulla nostra propensione a spendere?”]

Perché la musica in store ci farebbe spendere di più?

Due ragioni principali nello studio della Bocconi riportato da Wired, comunque, sembrano collegate alla possibilità che, dove la musica in store riesce a creare un ambiente sonoro gradevole, si spenda di più.

  • La musica allunga il tempo di permanenza in store e, per una regola quasi matematica, più si sta in negozio e più si tende a occupare il proprio tempo, acquistando appunto. Come la musica riesca a tenerci di più nel punto vendita? Con lo stesso meccanismo per cui non riusciamo a scendere dalla macchina mentre in radio stanno passando la nostra canzone preferita: è una questione di coinvolgimento.
  • Non solo però: la musica migliora l’umore e la produttività dello staff; responsabili e personale vendite più soddisfatti e motivati sono un toccasana per le vendite. I dati della Bocconi, in questo senso, concordano con quelli del centro di ricerca Music Works For You secondo cui quando c’è la musica accesa si lavorerebbe con più attenzione (88%), più velocemente e con un migliore spirito di squadra (75%). Tanto che, secondo le stesse statistiche, smettere di tenere accesi radio e altri dispositivi sonori in negozio potrebbe rovinare irrimediabilmente l’ambiente lavorativo (secondo il 58% degli intervistati), con effetti deleteri anche sui clienti.

Che sia per queste ragioni o semplicemente per una questione d’abitudine, comunque, il 54% degli esercizi commerciali considerati nel campione della Bocconi è risultato avere una radio o altre forme di riproduzione musicale in store. Le percentuali più alte? Si raggiungono nel food (86%) e nel commercio (72%), mentre nei centri telefonici o d’assistenza, per esempio, la musica in store è quasi sempre assente.

[Tweet “Più della metà dei #negozi riproduce #musica in store: a che serve? “]

La musica incide sull’umore? Se sì, a cosa fare attenzione?

Una delle ipotesi più credibili, quando si vanno a considerare gli effetti della musica in store sul comportamento dei clienti, è quella dell’umore: una canzone che ci piace, un motivo orecchiabile, ci mettono di buonumore e più siamo di buonumore, più siamo propensi ad acquistare.

Chi decide, però, se un brano è abbastanza piacevole od orecchiabile? Se c’è un motivo per cui gli studi sul music design tendono a dare risultati apparentemente così contrastanti è proprio questo. Ogni consumatore ha i suoi precisi gusti e le sue preferenze musicali e non è detto che ciò che funziona con uno riesca a funzionare con tutti gli altri.

[Tweet “La #musica in store ci mette di buon umore e ci fa spendere di più?”]

Nessun retailer, comunque, dovrebbe lasciare al caso la costruzione dell’ambiente sonoro all’interno del suo negozio. Con il trionfo del marketing esperienziale e il mantra di un brand in grado di vendere non prodotti ma esperienze, del resto, il contatto con il cliente in store diventa una leva di fondamentale importanza e ogni dettaglio, dall’interaction al a music design, appunto, va curato nei minimi dettagli. Un importante promemoria viene da AOL Uk che ha analizzato una serie di proprietà di ogni brano musicale a cui i retailer dovrebbero fare attenzione.

  • Il volume, innanzitutto. Ogni giorno si è esposti a una gran quantità di stimoli uditivi, molti dei quali – come la musica nei negozi, appunto – non vengono scelti volontariamente. Per questo un brano messo a volume troppo alto infastidisce e tende ad accorciare il tempo di permanenza all’interno dell’esercizio commerciale, mentre la musica a basso volume lo allunga dal 15 al 33%. Per questo, un retailer che voglia sfruttare a proprio vantaggio la musica in negozio dovrebbe considerare bene la questione volume: uno moderato va bene per catene d’abbigliamento e shopping center dove è opportuno che il cliente passi più tempo possibile, mentre un volume più alto potrebbe servire a fast food e altri esercizi dove il ricambio di clientela è indispensabile.
  • Il discorso è simile per quanto riguarda la complessità delle tracce: più un brano è complesso nella struttura, più richiede l’attenzione di chi lo ascolta e, nel caso in cui si tratti di uno stimolo non voluto come per la musica nei negozi, può spingere a terminare repentinamente l’ascolto, uscendo dal punto vendita in questo caso. Attenzione, allora, a scegliere tracce semplici, soprattutto quando si vuole allungare il tempo di permanenza del consumatore o lo impongono le situazioni (fila nei camerini o alle casse, tempi di attesa nella ristorazione, ecc.).
  • Quanto al tempo, che per i meno esperti di musica è l’andamento di un brano musicale, esistono studi che lo vogliono strettamente correlato ai bioritmi degli individui. Una canzone veloce e incalzante, per esempio, fa aumentare il ritmo cardiaco e la frequenza di respirazione, spingendo a scegliere o consumare il prodotto più velocemente e altrettanto più velocemente a lasciare il negozio. Al contrario, brani più lenti favoriscono il rilassamento e un’esperienza di acquisto e/o consumo anch’essa più slow.

Come scegliere la propria musica in store?

Quanto alla tipologia di musica da scegliere per il proprio negozio, ancora da AOL riportano dei dati secondo cui i consumatori al di sotto dei 25 anni vorrebbero lasciare più velocemente negozi ed esercizi commerciali in cui viene passata una musica giudicata “troppo semplice”, cosa che non avverrebbe invece con gli over 25. Anche quando si pensa alla musica in store, insomma, è fondamentale considerare con attenzione il target a cui ci si rivolge. Non si propinerebbe mai, neanche in periodo di Natale, “All I Want For Christmas Is You” al cliente di un Apple Store, come ricorda Joel Beckerman, un esperto di sonic branding . Anche la scelta della musica da passare nel proprio punto vendita, in altre parole, deve riflettere l’immagine e i valori del brand. Per farlo? Nell’ambito di una più generica riflessione sulle strategie in store per le feste natalizie, l’esperto ha dato a FastCoCreate.Com le sue cinque regole di base.

[Tweet “Per il vostro #negozio scegliete solo #musica che rispecchi il vostro #brand”]

1. Non limitatevi a mettere la musica…

Non basta scegliere due CD da mandare in ripetizione, la stazione da tenere a tutto volume o la playlist da mettere in loop. Fare del vero e proprio music design significa pensare alla musica come a una delle tante componenti che, insieme, vanno a costituire l’esperienza in store.

2. …costruite un’esperienza

Non a caso il secondo consiglio dell’esperto rimarca l’esigenza di costruire un’esperienza, quella del Natale nel caso in questione ma, più in generale, quella legata al brand. La musica non deve essere, in questo senso, un elemento di disturbo o di contraddizione ma deve aumentare il coinvolgimento dei buyer.

3. Non hai la musica, ma hai la musica che metti

Oggi le più grandi catene commerciali, internazionali e non, hanno radio proprietarie che sfruttano in una strategia di comunicazione su media owned. In questo caso è più facile scegliere musica e linee editoriali che rispecchino i valori del proprio brand. Anche in caso contrario, però, quando si scelgono altre stazioni radio, playlist collaborative su Spotify e simili, ecc., bisogna accertarsi che il proprio brand rimanga protagonista e distinguibile.

4. Concedetevi un momento di silenzio

E concedetelo ai clienti, soprattutto. Può non essere silenzio totale ma un brano più lento, dal ritmo più pacato o a volume più moderato. Serve, come gli spazi bianchi su una parete, a non creare confusione.

5. La varietà è la vostra migliore amica

Bisogna evitare di commettere l’errore di scegliere una decina di brani da trasmettere a ripetizione. Nuoce ai clienti, soprattutto a quelli che rimangono in negozio più a lungo e sono così costretti a sentire più volte lo stesso brano; nuoce però soprattutto al proprio staff e, come si è accennato, uno staff annoiato fa calare le vendite.

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