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Net Neutrality in Europa: quanto i paesi europei sono preoccupati della neutralità della Rete (che abitano)

Net Neutrality in Europa: lo stato dell'arte

Uno studio ha provato a tracciare lo stato dell'arte della Net Neutrality in Europa nel 2019 e i dati non sono così rassicuranti.

Sono passati più di due anni da quando il Berec (l’organo dei regolatori europei per le comunicazioni elettroniche) è intervenuto a fornire delle linee guida per garantire le neutralità della Rete nei paesi europei. Con le elezioni alle porte e con la speranza – e, a tratti, il timore – che possa diventare una issue prioritaria nella campagna elettorale, c’è chi ha provato a tracciare così uno stato dell’arte quanto a Net Neutrality in Europa.

Net Neutrality in Europa: lo stato dell’arte

L’insight più macroscopico fornito da “The Net Neutrality Situation in the EU: Evaluation of the First Two Years of Enforcement” (questo il titolo del report elaborato da epicenter.works, una onlus austriaca che si occupa di diritti in Rete) è che, nonostante esistano delle precise previsioni comunitarie, quella della Net Neutrality in Europa rimane ancora una materia grigia e spesso demandata alla volontà dei singoli paesi. Tra gli aspetti più controversi ci sarebbero, nello specifico, il previsto inasprimento delle misure contro chi viola la neutralità della Rete, la trasparenza delle compagnie di telecomunicazioni e la questione zero-rating.

Che cos’è la Net Neutrality e perché ne abbiamo bisogno

Nonostante il forte tecnicismo della materia, e pur semplificando molto, serve fare un passo indietro. Di definizioni di Net Neutrality negli anni se ne sono rincorse molte. Una delle più convincenti è, non a caso, quella di Tim Berners-Lee che il web, ormai trent’anni fa, lo fondò. Nel ricordare come nacque l’architettura di Internet, grazie a computer che trasmettevano pacchetti di dati a qualsiasi altro computer senza che la rete potesse guardare all’interno di questi stessi pacchetti, il papà del Word Wide Web ha sostenuto in diverse occasioni che «la neutralità della Rete è questo: se io pago per connettermi alla rete con una certa qualità di servizio e tu paghi per connetterti con la stessa, o una migliore, qualità di servizio, allora possiamo iniziare una comunicazione con quel livello di qualità». Il nocciolo della questione Net Neutrality, insomma, rimane il trattamento che viene riservato da protocolli, provider di servizi Internet e aziende di telecomunicazioni ai diversi pacchetti IP: solo se è davvero paritario in tutti i casi e a tutte le condizioni la Rete si può dire neutra. Se e quando viene rispettata la Net Neutrality, in altre parole, non esiste nessuna restrizione arbitraria su dispositivi connessi, modi in cui questi operano e in cui gli utenti finali riescono a usufruire dei servizi. Con la Rete che è diventata una sorta di sistema nervoso di ogni attività quotidiana è facile capire perché la Net Neutrality, in Europa e non solo, sia ormai argomento di interesse pubblico e, secondo alcuni, un diritto di cittadinanza da tutelare.

Studi come quello di epicenter.works, allora, hanno il pregio di alienare la neutralità della Rete dalle querelle politiche – come quelle, più recenti, che hanno accompagnato la decisione del governo Trump di cancellare di fatto la Net Neutrality nel mercato americano – e di rendere conto di come i diversi soggetti coinvolti (istituzioni, autorità garanti, aziende telcom, ecc.) si stiano muovendo in sua difesa.

La Net Neutrality in Europa tra trasparenza e sanzioni (che non ci sono)

La prima cattiva notizia è che, nonostante tra le linee guida dei regolatori europei a cui si è accennato ci fosse una maggiore trasparenza richiesta alle compagnie di telecomunicazioni riguardo soprattutto alla velocità di rete garantita, pochi operatori del settore hanno fornito in questi anni report e informazioni sul tema e che questa mancanza, d’altro canto, sembra essere passata inosservata agli occhi dei regolatori. Anche quando si è trattato di multare le compagnie telcom che hanno violato la Net Neutrality in Europa, secondo lo studio in questione, i pesi e le misure adottati sono stati tutt’altro che paritari: in paesi come il Regno Unito o l’Olanda, infatti, ad alcuni fornitori di servizi Internet sono state applicate multe a nove zeri, di miliardi di euro, mentre in altri paesi come l’Estonia le sanzioni, in qualche caso, hanno sfiorato appena le migliaia di euro. Senza contare, ovviamente, che alcuni paesi europei come Irlanda o Portogallo non hanno ancora previsto un sistema di sanzioni e penalità per chi violi nei fatti la neutralità della Rete.

Così lo zero-rating sta uccidendo la Net Neutrality in Europa

Osservato speciale è stato, poi, il cosiddetto zero-rating. Si tratta di una pratica attraverso cui alcune compagnie telefoniche e fornitori di servizi Internet consentono l’accesso completamente gratuito alla rete, limitando però questo stesso accesso solo ad alcuni siti web o ad alcune app o controbilanciando la gratuità del servizio con pubblicità o raccolta di dati personali che riguardano l’utente. Va da sé che i sostenitori della Net Neutrality vedano malvolentieri uno stratagemma come quello dello zero–rating perché viola il principio stesso di parità di accesso alla Rete, potrebbe creare precedenti di censura o di restrizioni rispetto alle informazioni disponibili e non è concorde, tra l’altro, al principio del libero mercato. Nonostante queste premesse, e nonostante ancora le indicazioni del Berec, ci sono paesi europei che lasciano le proprie compagnie telefoniche praticare liberamente soluzioni che, di fatto, sono di zero–rating.

Solo per fare un esempio, la compagnia portoghese MEO offre l’accesso gratuito e illimitato per i suoi clienti a una serie di applicazioni per la messaggistica istantanea, la musica, i giochi proprietari e appartenenti al cosiddetto MEO cluod ma, di fatto, non ha piani tariffari mensili che non limitino la quantità di dati che gli utenti possono utilizzare sui servizi di competitor . Per molti addetti ai lavori si tratta, chiaramente, di una violazione della libero mercato oltre che della neutralità della Rete appunto.

La ricerca di epicenter.works ha dimostrato proprio a proposito come lo zero-rating aumenti i costi per i clienti finali: dove ci siano aziende o compagnie che lo praticano, infatti, i piani o le offerte che includono una connessione dati crescono nel prezzo del 2% di anno in anno, mentre nei paesi dove ciò non avviene c’è addirittura una diminuzione progressiva dell’8% nei costi di fornitura. Alcune preoccupazioni riguarderebbero, poi, aspetti identitari dal momento che pochi tra le applicazioni e i servizi che godono della misura dello zero-rating hanno effettivamente origini europee. In altre parole? Lo zero-rating sembrerebbe minacciare il Digital Single Market europeo. Senza contare i problemi di privacy e tutela dei dati personali che si pongono in un contesto come questo: compagnie e aziende telcom che offrono gratuitamente servizi o applicativi Internet, infatti, anche quando non arriverebbero alla vendita a terzi di dati e informazioni sugli utenti, metterebbero in atto pratiche altamente intrusive per la loro privacy, pratiche che hanno a che vedere, per esempio, con tecnologie di deep inspection dei pacchetti di dati scambiati dagli utenti e che violano, quindi, il dogma stesso della Net Neutrality.

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