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Dal blog di: Maria Letizia Russo Trainer Consulente e coach su Linkedin | founder SocialSellerGram Academy

Networking per il social selling: l'importanza delle relazioni

Networking per il social selling: l'importanza delle relazioni

Fare networking per il social selling, utilizzando una piattaforma come LinkedIn, è di vitale importanza: alcuni consigli e best practice.

I social network sono per definizione costituiti da gruppi di individui connessi tra loro da diversi legami sociali. Su LinkedIn, per esempio, i legami sono quelli che hanno o potrebbero avere una valenza professionale e un interesse lavorativo; pertanto, nella logica della piattaforma, ampliare la rete di legami, secondo dinamiche utili al proprio lavoro, rientra tra le attività chiave del social selling.

LinkedIn è un’ottima piattaforma per creare la propria identità digitale attraverso un profilo ottimizzato, ma occorre avere la consapevolezza che anche il miglior profilo ha poca valenza se non è accompagnato dalla pubblicazione di contenuti interessanti e da un valido network che contribuisca a divulgarli, ad alimentare ulteriormente la rete dei contatti e l’interazione con essi sino alla trasformazione del contatto in cliente. All’interno del network, infatti, nascono conoscenze nuove, si consolidano relazioni e si arriva per gradi a una fiducia reciproca e adeguata a sviluppare rapporti di tipo professionale e lavorativo, confermando così l’importanza del networking per il social selling .

1. Opportunità di lavoro se il proprio network è di valore

Su Facebook il network è costituito da “amici”, su Twitter e Instagram da “ follower ”, su LinkedIn invece parliamo di “collegamenti”. Il termine in sé è molto impersonale e distaccato, non lascia trasparire alcun legame emotivo, a differenza di “amici”, per esempio, né presenza di interessi in comune, come “follower”. Eppure l’essere collegati richiama molto da vicino la parola “legame” e immancabilmente fa scaturire una serie di considerazioni utili per comprendere come fare in maniera adeguata networking per il social selling.

Il legame che si crea tra gli utenti di LinkedIn ha una motivazione diversa rispetto ad altre piattaforme, spesso infatti è tra persone che non si conoscono, è il legame che nel presente o nel futuro potrebbe far nascere nuove opportunità di lavoro, nell’accezione più ampia dell’espressione, cioè

  • trattative di lavoro;
  • offerta di un servizio;
  • posto di lavoro;
  • presentazione ad altre persone con cui poter interagire e collaborare.

La connessione nasce da affinità e utilità lavorative: il network, quindi, è il mezzo per sviluppare interazioni sulla piattaforma con lo scopo finale di indurre le persone a incontrarsi e interagire nella vita reale, è superare lo scoglio delle telefonate commerciali a cui nessuno più risponde se non sono precedute da relazioni di valore.

2. Da Granovetter a Dunbar: legami deboli con una grande forza

Nel 1998 l’antropologo Robin Dunbar descriveva la rete sociale di ognuno come costituita da una serie di cerchi detti “circoli di conoscenza”: secondo questa organizzazione l’individuo è al centro e i suoi contatti sono dislocati all’interno dei vari cerchi; i conoscenti stretti sono nei circoli più vicini all’individuo e gli altri man mano più lontani. Dunbar arrivò anche a quantificare mediamente in 150 il numero di persone con cui un individuo può mantenere relazioni stabili, conoscendone l’identità e relazionandosi con esse; tale numero viene ricordato come “Numero di Dunbar“.

grafico Numero di Dunba

Qualche decennio prima, negli anni ‘70, Mark Granovetter aveva teorizzato la presenza di tre diversi tipi di legami:

  • quelli forti tra parenti, amici, colleghi molto vicini con cui si hanno relazioni frequenti;
  • quelli deboli, tra persone che si incontrano di rado e interagiscono sporadicamente o raramente;
  • quelli assenti o temporanei, tra persone che si incontrano casualmente e per pochi attimi.

Granovetter, con un indovinato giro di parole, parlò di “forza dei legami deboli”, proprio perché statisticamente accertò con una ricerca che l’83% degli individui da lui intervistati aveva trovato lavoro grazie a persone appartenenti alla categoria dei legami deboli, che in tal senso si rivelarono i più forti in quanto i più utili.

Studi e teorie dei due studiosi si avvalorano reciprocamente, ma l’affermarsi di LinkedIn nel mondo del lavoro ha sicuramente reso più probabile la possibilità di mantenere attive conoscenze e interazioni tra individui che diversamente si sarebbero persi di vista e ha reso ancor più vera la teoria della forza dei legami deboli al punto di poter affermare che per rendere più performante il proprio network occorre superare l’eventuale limite che porterebbe a collegarsi solo con chi già si conosce, intensificando invece conoscenze e interazioni con persone a noi sconosciute.

3. Networking per il social selling: né collezioni, né restrizioni, occorre coltivare relazioni e interazioni

Il network su Linkedin, insomma, è “equilibrio”, infatti

  1. collegarsi a chi si conosce oppure a chi è stato in passato tra i propri conoscenti è nell’ordine della naturalità del proprio network, pur tralasciando conoscenze che da un punto di vista professionale potrebbero rivelarsi perfettamente sterili;
  2. ciò non vuol dire necessariamente collegarsi solo a chi si conosce, perché sarebbe riduttivo, limitativo e non porterebbe ad alcun risultato in quanto del tutto inutile nell’ottica di ampliare le proprie conoscenze e interazioni, andando contro la natura stessa di LinkedIn che è pur sempre un social network;
  3. contemporaneamente è sconsigliato collegarsi a chiunque, senza tener conto di quale scopo vogliamo raggiungere su LinkedIn. Sarebbe opportuno evitare di chiedere o concedere il collegamento a tutti: non si tratta di creare una collezione di contatti da sbandierare come un trofeo con un numero finale a 4 zeri.

immagine esempio

Sicuramente si consiglia di privilegiare il collegamento e la conoscenza con persone aventi un’affinità o utilità lavorativa, ma al contempo è sconsigliabile essere troppo rigidi in questo. In fondo, se la forza dei legami deboli è stata accreditata nella sua validità, tali legami vanno coltivati e da essi si può giungere a profili interessanti anche percorrendo la via di collegamenti non completamente conformi al nostro target che hanno però interessi o idee comuni alle nostre, che pubblicano contenuti che stimolano la nostra curiosità e pertanto ci inducono a chiedere il collegamento.

Per tutte queste ragioni un buon network è quello che dimostra equilibrio, purché abbia sempre una motivazione alla base che porti a coltivare relazioni e a interagire con i propri collegamenti in maniera del tutto spontanea.

4.Richiedere e accettare il collegamento

Sulla base del rispetto degli equilibri appena specificati, è vivamente consigliato richiedere di collegarsi offrendo una adeguata motivazione nello spazio dei 300 caratteri che la piattaforma offre per chi desidera aggiungere una nota al momento della richiesta di collegamento, appunto. Purtroppo, nonostante la natura del networking su Linkedin sia di tipo professionale, si ricevono moltissime richieste non motivate e peggio ancora accade di frequente che ricevendo una richiesta se ne domandi il motivo e la persona dall’altra parte non risponda. Tutto ciò è sicuramente frutto di un utilizzo improvvisato della piattaforma da parte di chi non ha ricevuto in proposito alcuna preparazione, né si è documentato in merito alle modalità di una corretta interazione professionale sui social.

Motivare la richiesta è al di là di tutto una buona norma di educazione, ma soprattutto evidenzia una volontà di interazione da parte di chi richiede il collegamento e allontana chi la riceve dal pensare di poter essere solo l’oggetto di una sterile collezione di collegamenti. Allora, può sorgere spontaneo chiedersi: “Cosa scrivere nella motivazione della richiesta?”. Il consiglio è quello di scrivere semplicemente la verità, cioè per quale motivo fa piacere avere tra i contatti quel dato collegamento.

Nella richiesta di collegamento è raccomandabile trasmettere unicità, originalità e creatività, cose che sicuramente rappresentano un ottimo punto di partenza nell’avviare una relazione costruttiva. In ogni caso, mai effettuare la richiesta allegando documenti qualsiasi, preventivi, brochure digitali o altro che faccia presupporre al primo impatto l’intenzione di “vendere” qualcosa: il social selling ha sempre un approccio pull con i propri contatti e deve rimanere lontano da concetti di outbound e interruption marketing.

Deve essere ben chiaro che lo scopo di chi chiede il collegamento è offrire un valore oppure beneficiare del valore altrui, costruire una relazione che solo in presenza di validi presupposti giungerà, con i giusti tempi e modi, a interazioni di valenza lavorativa. Se viceversa si riceve una richiesta di collegamento occorre ringraziare, in fondo qualcuno ha manifestato un interesse professionale. Ringraziando, infatti,

  • si dimostra il piacere di accogliere una persona nuova nel proprio network;
  • si trova un modo per rompere il ghiaccio e per interagire con il nuovo contatto.

5. B2B vs H2H

LinkedIn è il social che più di tutti agevola la creazione di rapporti tra individui che operano nella sfera del commercio tra imprese b2b (quindi Business to Business), contribuendo in questo modo anche a fare networking per il social selling.

Sia che gli individui appartengano a imprese, sia che siano professionisti si tratta di interazioni tra persone e in quanto tali il rapporto umano va comunque privilegiato; solo laddove tale rapporto arrivi anche via social a basarsi sulla fiducia reciproca potrà sfociare in interazioni di tipo lavorativo.

La definizione di social selling di Hubspot è sempre illuminante: anche in merito a valore e motivazione del network non lascia dubbi, poiché parla di «attività in cui gli addetti alle vendite utilizzano i social media per interagire direttamente con i loro prospect, offrono valore rispondendo alle loro domande e pubblicano contenuti sino a quando il potenziale cliente è pronto all’acquisto. In questo modo, l’utilizzo dei social media nel processo di vendita, permette ai sales di “intrattenere” i propri prospect piuttosto che interrompere le loro attività con chiamate a freddo e vendite d’impatto, convertendoli in clienti fidelizzati».

6. Vendere: un’attività social prima dei social

La vendita è da sempre un’attività che presuppone una rete di conoscenze con cui dialogare e interagire per sviluppare e ampliare il proprio business. Il social selling fissa delle linee guida sulla modalità di creazione del proprio network ottimale, ma di fatto non fa altro che spostare i luoghi di incontro tra le persone, lasciando invece inalterati alcuni concetti storici della vendita:

  • il passaparola della vita reale viene effettuato tramite la condivisione dei contenuti sulle piattaforme virtuali;
  • le raccomandazioni sono l’equivalente delle recensioni;
  • le introduzioni sono presentazioni di qualcuno nel proprio network.

La vera rivoluzione è l’approccio pull, in perfetto stile inbound marketing, grazie al quale giorno dopo giorno si mostra al potenziale cliente la propria competenza, si creano i presupposti per un marketing nuovo e customer-centric, in cui le persone sono al centro delle operazioni di marketing senza essere aggredite: la vendita è solo l’ultimo passaggio di una strategia fatta di attrazione, relazioni e condivisioni. Lo scopo del social selling è comunque la vendita, semplicemente si parte dal cliente, lo si ingloba nel proprio network e lo si accompagna giorno dopo giorno nel suo viaggio verso l’acquisto infondendo fiducia e conoscenza.

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