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Neurodesign: come migliorare il design di packaging e di prodotti

Cosa rende un prodotto "bello" e accattivante? Alcuni consigli per migliorare il design di packaging e di prodotti con il neurodesign.

«Le persone ignorano il design che ignora le persone» ha affermato Frank Chimero, designer che ha compreso l’importanza di progettare mettendo l’utente al centro del processo. Fare ciò significa anche capire cosa provano le persone quando fanno uso di un prodotto o quando vedono o aprono un packaging: le emozioni che il designer intendeva suscitare nell’utente corrispondono a quello che egli prova davvero quando usa il prodotto? L’applicazione delle neuroscienze al design – per questo detto neurodesign – può essere utile ai professionisti perché fornisce interessanti spunti riguardo all’ottimizzazione del design di packaging e di prodotti. Per esempio, quali caratteristiche portano un prodotto a essere decodificato come esteticamente “bello” dal nostro cervello? Che ruolo ha la multisensorialità nella progettazione del packaging?

Neurodesign e il ruolo della multisensorialità nel design di prodotti

Packaging del prodotto Orangina.

Per quanto riguarda il design di prodotti c’è un concetto chiave che deve essere tenuto in considerazione: quello della multisensorialità. Il motivo risiede nel fatto che l’esperienza che l’utente farà con un prodotto e la conseguente valutazione avverranno sulla base di una serie di stimoli sensoriali diversi che possono essere di natura visiva, tattile o olfattiva. La product experience, però, dipende anche da emozioni e sensazioni che il prodotto (o packaging) è in grado di suscitare nell’utente. Così, «l’esperienza di un prodotto si basa su una percezione multisensoriale», ha spiegato Lucia Carriero, neuroscienziata e CEO di Neuroset Italia, durante l’evento “Laboratorio di neurodesign“, svoltosi a Napoli il 20 settembre 2018.

Durante il laboratorio organizzato da Neuroset Italia in partnership con Casanova Design, l’esperta ha spiegato come utilizzare i dati della ricerca scientifica nell’ambito delle neuroscienze per migliorare la progettazione dei prodotti, fornendo consigli utili ai professionisti del design.

Tra le indicazioni della neuroscienziata vi è l’importanza di creare dei prodotti che siano in grado di comunicare le loro caratteristiche attraverso la stimolazione dei diversi sensi. Un esempio, presentato dall’esperta, è il packaging dell’aranciata “Orangina“. La bottiglia in questione è realizzata con un materiale ruvido al tatto e che a livello visivo richiama l’aspetto della buccia dell’arancia, comunicando in questo modo anche qualcosa sul sapore del prodotto e facendo leva su tre stimoli sensoriali diversi mediante un solo packaging.

Stimolare l’immaginazione tattile degli utenti

A proposito di stimolazione tattile, Lucia Carriero ha analizzato l’effetto endownment, cioè la tendenza a «caricare affettivamente un oggetto e percepirlo come proprio» dopo averlo toccato o dopo aver semplicemente immaginato di toccarlo. Questo effetto può avere, dunque, una certa rilevanza in una strategia, poiché è spesso quello che genera la tentazione di comprare un prodotto dopo averlo visto da vicino o dopo averlo maneggiato all’interno del punto vendita. Come ha spiegato l’esperta sulla base di prove scientifiche, «l’immaginazione tattile è associata a un aumento di attività nelle aree del cervello coinvolto nei processi di gratificazione e ricompensa (tra cui le aree dello striato ventrale)». Saper dunque stimolare l’immaginazione tattile dei consumatori è fondamentale, ma come farlo?

La ricerca “Look but don’t touch: visual cues to surface structure drive somatosensory cortex“, presa in considerazione dalla neuroscienziata durante il laboratorio, fornisce alcuni spunti interessanti a riguardo. Gli scienziati hanno analizzato la risposta del cervello a superfici con caratteristiche specifiche. Come sottolineato da Lucia Carriero, il cervello è inconsciamente attratto da superfici con caratteristiche specifiche e in particolare da «superfici con un pattern, cioè lucide, satinate o di testura ruvida».

Neurodesign

Tipi di superficie e testure analizzate da Sun et al. Fonte: Look but don’t touch: visual cues to surface structure drive somatosensory cortex. NeuroImage
Volume 128, March 2016, Pages 353-361

Dunque, anche soltanto guardando un qualsiasi packaging o prodotto con questo tipo di superficie si verifica una maggiore attivazione della corteccia somatosensoriale e il cervello è portato ad anticipare il piacere associato al tocco di quell’oggetto. Il consiglio fornito dalla CEO di Neuroset Italia, allora, è «ispirare il desiderio di carezzare», mettendo in risalto questo tipo di caratteristiche fisiche delle superfici, materiali o prodotti. Per esempio, se si intende presentare ai clienti diversi tipi di pavimenti, mattonelle o materiali per la casa l’uso di sample in 2D può risultare molto meno efficace rispetto a immagini che mettano in risalto la testura o le caratteristiche tattili dei materiali in questione.

Slide presentata durante il laboratorio di Neurodesign organizzato da Neuroset Italia in partnership con Casanova design

Spingere all’azione e all’interazione motoria

Esistono, comunque, oggetti che di per sé invitano all’interazione, cosa che può essere fondamentale per ottenere un design di successo. Come ha spiegato Lucia Carriero, è possibile chiamare “affordance” la capacità degli oggetti di spingere gli utenti all’interazione con questi ultimi. Si fa riferimento a oggetti il cui design stesso comunica in maniera efficace la funzione del prodotti. Si pensi, per semplificare, alla maniglia in un mobile: vedere semplicemente questo elemento può stimolare le aree nel cervello legate ai movimenti della mano necessari per afferrare l’oggetto ed eseguire un’azione (in questo caso aprire un armadio o una scatola, per esempio).

Il consiglio per i designer è, allora, stimolare l’interazione motoria attraverso il design, sfruttando le «superficie arrotondate, bombate, concave, che suggeriscono “presa” o che mostrano parti che possono essere afferrate o manipolate». In questo modo si stimolerebbe anche l’immaginazione tattile, aumentando il senso di gratificazione ad esso associato.

Cosa rende esteticamente bello un prodotto?

I consigli dell’esperta sono particolarmente rilevanti in riferimento ai criteri che portano a definire un oggettobello” in senso estetico. Come ha spiegato Lucia Carriero, la valutazione di un prodotto a livello estetico migliora quando si comprende che tipo di azione compiere su di esso, motivo per cui la presentazione dei prodotti all’interno di un contesto di interazione, cioè in cui ci sono delle persone che utilizzano l’oggetto, tende a essere più efficace rispetto a quando questo viene presentato da solo.

Come ha spiegato la neuroscienzata e come descritto da autori come Kawabata e Zeki in “Neural Correlates of Beauty“, «un oggetto è percepito come bello se ispira meccanismi di simulazione di azione». Nella presentazione o nel lancio di prodotti, dunque, può essere funzionale a questo scopo maneggiarli e utilizzarli davanti ai consumatori, stimolando proprio questi meccanismi. 

Un oggetto, allora, verrà percepito come “bello” in base al grado di affordance, cioè alla capacità di ispirare il movimento e spingere all’azione e alla manipolazione dello stesso. Un design ritenuto “bello”, comunque, deve essere anche in grado di stimolare i sensi e l’immaginazione tattile (attraverso le caratteristiche sopracitate come la ruvidezza o dei pattern specifici), così come l’emozione (sfruttando per esempio immagini con volti, parti del corpo, bambini o animali).

Come misurare l’efficacia del design?

È possibile, ricorrendo alle tecniche di neuromarketing, misurare la risposta dei consumatori a diverse tipologie di stimoli tra cui anche quelli relativi al packaging e ai prodotti. In questo senso, alcune di queste possono essere molto utili ai designer in fase di progettazione.

Come sostenuto da Lucia Carriero, l’elettroencefalografia consente di analizzare la risposta del cervello alle stimolazioni tattili, aiutando a comprendere così la reazione del consumatore al tocco di un prodotto. È possibile inoltre individuare le superfici e i materiali che riescono a stimolare l’immaginazione tattile, perché attivano le aree del cervello ad essa associate. Tali informazioni permettono di trarre conclusioni sulle superfici percepite come più piacevoli, associate a sensazioni positive e quindi in grado di coinvolgere maggiormente l’utente.

I test di associazioni implicite, invece, consentono di rilevare le associazioni inconsce che gli utenti fanno tra prodotti e relativi marchi.

Infine l’ eye tracking  può essere utile se si intende valutare l’ergonomia di un design e la capacità del prodotto di stimolare l’immaginazione tattile spingendo l’utente al movimento. Per valutare ciò, è necessario verificare se le aree su l’utente posa lo sguardo per primo quando guarda l’oggetto sono quelle che consentono di realizzare la funzione per la quale esso è stato ideato. Così, per esempio, se si chiede a un utente di guardare un armadio e immaginare di aprirlo, lo sguardo dovrebbe posarsi prima sulla maniglia o comunque sulla parte che consente l’apertura.

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