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Impatto delle emozioni sulla decisione di acquisto

Neuromarketing Emozioni o razionalità: cosa guida il consumatore nelle decisioni d'acquisto?

Diversi studi dimostrano come le decisioni di acquisto siano dettate maggiormente dalle emozioni seppur non in maniera consapevole.

Cosa ci porta a scegliere un determinato prodotto e non un altro? La risposta non è così scontata come può sembrare. La decisione d’acquisto dipende dalla qualità del prodotto o dal marchio a esso associato? Oppure, invece, dalle caratteristiche fisiche che riescono a risaltare maggiormente agli occhi? Prima di cercare risposte a queste domande ci si dovrebbe chiedere per prima cosa se il consumatore è in grado di farlo o, meglio, se il consumatore può rispondere in maniera precisa.

Le emozioni che incidono sulle nostre scelte

Dall’etimologia della parola ‘emozione, che rimanda all’idea di “messa in movimento“, possiamo iniziare a intuire come le emozioni incidano sul comportamento degli individui. Spesso infatti sono proprio queste a spingerci al movimento, all’azione e, dunque, alla presa di decisione. Le emozioni «riguardano delle azioni che avvengono all’interno del corpo, nei muscoli, nel cuore, nei polmoni, nelle reazioni endocrine», mentre i sentimenti rappresentano «l’esperienza mentale che abbiamo di ciò che avviene nel corpo», come spiega il neuroscienziato António Damásio. Le prime, dunque, sono istintive, innate e spesso difficili da controllare, motivo per cui tendono a condizionare e a modellare atteggiamenti, comportamenti e modi di ragionare degli individui in maniera spesso inconsapevole. Non raramente, infatti, compiamo scelte in maniera istintiva (per esempio si pensi ai cosiddetti acquisti di impulso), poco o per niente ponderate e sulle quali ragioniamo soltanto a posteriori.

A questo proposito Dan Hill, autore del libro “Emotionomics: Leveraging emotions for business success“, ha individuato sei emozioni chiave che interferiscono con le nostre decisioni: la felicità, la sorpresa, la rabbia, il disgusto, la tristezza e la paura. L’esperto ha messo in evidenza l’importanza per le aziende di adattare le proprie strategie di comunicazione a questo paradigma, considerando in particolar modo l’utilizzo delle tecniche di lettura delle espressioni facciali per il riconoscimento delle diverse emozioni provate non solo dai consumatori – di cui si intende analizzare la loro reazione agli stimoli di marketing –, ma anche dai dipendenti a dei cambiamenti interni come quelli di ruolo, nella struttura organizzativa o di leadership.

Come si legge nel libro di Dan Hill, J.P. Morgan ha affermato che «un uomo prende una decisione per due ragioni: quella buona e quella vera», frase che rimanda alle motivazioni più profonde alla base delle nostre scelte e che hanno poco a che fare con la razionalità, la logica e il senso di utilità. In linea con questa idea, i risultati di una ricerca condotta su un campione di 23mila consumatori nordamericani e che analizzava 13 categorie diverse di prodotti e 240 messaggi pubblicitari, rivelano che i processi di carattere cognitivo non sono la variabile dominante nel processo di presa di decisione. Lo studio illustrato nell’articolo “The Power of Affect: Predicting Intention” di  Morris e collaboratori, invece, ha dimostrato che le emozioni sono una variabile ben più rilevante nel processo di acquisto .

Fabio Babiloni, docente di Fisiologia dell’Università La Sapienza Roma, durante il suo intervento a Certamente 2016, si è soffermato sull’importanza delle emozioni, spiegando che queste costituiscono «un driver importante per focalizzare la nostra attenzione». Esse, infatti, giocano un ruolo fondamentale, poiché più forte è l’emozione suscitata da uno stimolo, maggiori sono le probabilità che questo venga preso in considerazione dall’ippocampo, struttura attraverso cui transitano le informazioni per essere memorizzate. Di fronte a un determinato flusso sensoriale – che secondo il relatore può essere ad esempio un messaggio pubblicitario – il nostro cervello percepisce un’alterazione dell’attività dell’organismo. La misura di questa variazione può fornirci degli insight sui comportamenti d’acquisto e sui processi irrazionali dietro alle decisioni di acquisto.

Emozioni e razionalizzazione post-hoc

Per fare chiarezza sull’argomento appare utile soffermarsi su un interessante studio condotto nella McCombs School of Business dell’Università del Texas a Austin dal professore di Marketing Raj Raghunathan e dal dottorando di ricerca Szu-Chi Huang. Ai partecipanti è stata mostrata l’immagine di una gallina di bell’aspetto, sana e in carne e quella di un’altra gallina scarna e dall’aspetto non sano. Al gruppo è stato detto che la gallina di bell’aspetto non era un animale geneticamente modificato, mentre l’altra gallina sì.
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I partecipanti, in seguito, sono stati divisi in due gruppi: ad una metà è stato detto che le galline non geneticamente modificate erano più salutari ma meno appetitose e che quelle geneticamente modificate avevano un sapore migliore ma erano meno salutari. All’altra metà, invece, è stato detto l’esatto contrario. Il risultato dell’esperimento è piuttosto curioso ma anche emblematico: in generale, la maggior parte dei partecipanti ha preferito la gallina dall’aspetto più bello ma i motivi utilizzati per giustificare la scelta sono stati diversi. Il primo gruppo, infatti, ha dichiarato di preferire maggiormente la salute al sapore, mentre il secondo ha spiegato di preferire l’animale dal sapore migliore.

Uno dei dati più interessanti che è possibile estrapolare da questo studio riguarda proprio la giustificazione: nessuno ha cercato di motivare la propria decisione sulla base dell’aspetto fisico dell’animale e dell’emozione che le immagini presentate generavano. Tutti e due i gruppi hanno cercato di rispondere in maniera razionale, escludendo l’aspetto emotivo e fornendo addirittura giustificazioni opposte alla medesima decisione.

Il professore Raghunathan ha spiegato che si tratta di “razionalizzazione post-hoc“, un fenomeno «presente in tutti gli aspetti della nostra vita, ogni volta che prendiamo decisioni. Siamo innanzitutto guidati dalle nostre emozioni e dopo cerchiamo di giustificare le scelte» – come ha dichiarato egli stesso  razionalizzandole a posteriori.

Per l’esperto si tratta, dunque, di una sorta di difesa personale in una società che sembra non apprezzare le decisioni prese in maniera non razionale e basate esclusivamente sulle emozioni. Per questo motivo si cerca sempre di giustificare le proprie scelte in maniera razionale e logica. Tuttavia, il professore ha spiegato che nella stragrande maggioranza dei casi gli individui in realtà non sono consapevoli del fatto che le loro risposte siano dettate soltanto dalla volontà di giustificare decisioni influenzate da fattori emotivi. Inoltre, le persone che sottovalutano l’influenza delle emozioni nel processo decisionale e che affermano di essere razionali sono quelle che «tendono più facilmente a cadere in questa trappola», come ha sottolineato Raj Raghunathan.

Impatto delle emozioni sulle scelte e implicazioni per il marketing

Gli esperti, infatti, spiegano che nella maggior parte dei casi tra i motivi che hanno spinto all’acquisto, i consumatori indicano le qualità del prodotto dopo aver realizzato che si è trattato di una scelta dettata da fattori emozionali, il che funziona come una giustificazione per acquisti effettuati in maniera meno ponderata e più impulsiva.

Le emozioni, quindi, rappresentano un driver di grande rilievo nel processo di decision making. A tal proposito un grande contributo arriva dal neurologo portoghese António Damásio grazie ai numerosi studi realizzati su pazienti con lesioni della corteccia prefrontale, un’area del cervello di notevole importanza per la presa di decisione e per l’elaborazione delle emozioni.

In seguito ad un esperimento, l’esperto è arrivato alla conclusione che questi pazienti non erano in grado di anticipare le emozioni altrui (come la paura oppure l’ansia che un determinato evento potrebbe scatenare) proprio perché riportavano danni in un’area del cervello associata alla consapevolezza delle emozioni e alla pianificazione del comportamento. A causa di questi problemi, dunque, i pazienti mostravano disturbi a livello di comportamento sociale nonché difficoltà nel prendere buone decisioni per se stessi. Per spiegare meglio questo concetto, Damásio ha fatto l’esempio dei sociopatici, la cui insensibilità alle conseguenze delle proprie azioni viene di solito attribuita ad un deficit emotivo, fattore che può incidere in maniera molto negativa sulle decisioni.

Sorgono spontanee, comunque, alcune domande: perché acquistiamo sempre prodotti dello stesso marchio? Perché ci fidiamo di un determinato prodotto e non di un altro? Rispondere a questa tipologia di quesiti implica una piccola analisi introspettiva da parte del consumatore che però spesso non è sufficiente affinché marketer e studiosi ricevano una risposta oggettiva e rispondente alla realtà. Lo studio sopracitato, infatti, dimostra che spesso il consumatore non riesce a motivare con esattezza il perché delle sue scelte, nonostante creda di poter farlo. In quest’ottica le neuroscienze possono far emergere proprio quello che non viene facilmente spiegato dal consumatore.

Nel suo intervento all’evento Certamente 2016 Patrizia Cherubino, ricercatrice di neuromarketing , ha evidenziato il forte peso della componente irrazionale nel processo decisionale, spiegando che le neuroscienze hanno avuto un ruolo fondamentale in questo contesto per giungere a queste conclusioni. In effetti, le tecniche neuroscientifiche dimostrano sempre più di essere essenziali per comprendere quali sono i fattori che nello specifico condizionano maggiormente le scelte del consumatore. L’esperta di neuromarketing – che collabora dal 2010 con la compagnia spin-off BrainSigns – ha aggiunto, in una intervista ai nostri microfoni, che «tutte le tecniche neuroscientifiche trovano terreno fertile proprio nella valutazione dell’efficacia di una comunicazione». Le neuroscienze permettono, ad esempio, di capire quali sono gli elementi di uno spot che richiamano maggiormente l’attenzione degli individui e che, eventualmente, li spingeranno a preferire quel marchio a scapito di un altro, spesso senza comprendere il perché di quella preferenza. Non raramente uno spot contiene degli elementi che evocano emozioni molto forti come gioia, rabbia o paura che possono determinare come un marchio o un prodotto vengono percepiti dal consumatore. 

Citando Zajonc (1968) l’esperta ha sottolineato ancora il ruolo della componente irrazionale nel processo d’acquisto, ricordando che «la mera esposizione dei individui a uno stimolo è condizione sufficiente per una maggiore attrazione nei suoi confronti». 

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