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Il nuovo claim di KFC: quando una parola cambia una strategia di marketing

that's finger lickin' good

Dopo 65 anni il nuovo claim di KFC cambia una sola parola, divenendo "That’s finger lickin' good". Un semplice cambiamento apre le porte a una nuova strategia di comunicazione per la marca in America.

La parola ha un grande potere, perché attraverso questa si fornisce significato al mondo vissuto quotidianamente, si dà nome alle emozioni, si creano connessioni con altre persone; attraverso le parole è possibile anche dar vita al cambiamento. Il claim di KFC, “It’s finger lickin’ good“, ha 65 anni d’età e, cambiando una sola parola, il brand ha espresso una linea creativa rinnovata in America, dove i consumatori sono i veri protagonisti. Il nuovo claim di KFCThat’s finger lickin’ good” vede quindi l’introduzione di “that” al posto di “it”.

Il celebre claim di KFC cambia volto

L’azienda statunitense dopo 65 anni non farà più pronunciare “It’s finger lickin’ good” al celebre colonnello Sanders. La marca di pollo fritto, come anticipato, ha deciso di modificare la frase cambiando una semplice parola che riflette una strategia di marketing molto più ampia incentrata sui propri consumatori. Già nel periodo della pandemia KFC aveva apportato alcune modifiche alla propria comunicazione, ma adesso le ragioni del cambiamento sono diverse.

Il nuovo claim di KFC “That’s finger lickin’ good” vede cambiare un pronome personale (“it”) con un pronome dimostrativo (“that”), scelta che può sembrare irrilevante ma in realtà nel mercato americano assume un significato profondo e avvicina il tone of voice del brand a quello dei suoi consumatori.

Nick Chavez, CMO di KFC, ha illustrato a AdAge, nota rivista internazionale di settore, come il cambio di pronome sia inserito in una strategia più ampia. Infatti, l’utilizzo di “it” per Chavez indica KFC che descrive se stessa senza considerare l’opinione dei suoi consumatori. Con l’utilizzo di “that” il brand fa parlare le persone e il claim diventa il loro giudizio sul cibo che hanno appena mangiato.

that's finger lickin' good

La scena conclusiva dello spot di KFC con la presentazione del nuovo claim “That’s finger lickin’ good”.

Il nuovo claim di KFC “That’s finger lickin’ good” è validato dalla grammatica inglese

L’utilizzo della formulait is” in una frase di lingua inglese suggerisce una caratteristica fattuale e non ha alcuna enfasi emotiva. “It’s” è una formula neutrale, che ha un significato molto simile a “that’s”, ma spesso, soprattutto nelle conversazioni in inglese, dopo di essa ci si aspetta una frase avversativa che inizi con un “but”. Dunque, all’orecchio potrebbe sembrare un’affermazione incompiuta a cui manca un finale avversativo che rimoduli il significato totale della frase. Un esempio potrebbe essere rappresentato dalla frase: “It’s a very nice place, but I thought it would be bigger”. In questo caso “it” può essere seguito da una proposizione avversativa che ridimensiona l’enfasi dell’affermazione.

L’utilizzo di “that“, invece, è leggermente diverso. Esso suggerisce una sfumatura più empatica, comunica più enfasi e risulta adeguato a un complimento o un’esclamazione carichi di pathos. In America, per esempio, quando ci si vuole congratulare con un ragazzo per il suo comportamento si utilizza la formula “That’s a boy!” (“Questo si che è un ragazzo!”). Un’esclamazione che non ammette replica e comunica più sicurezza e partecipazione emotiva.

Seguendo le logiche dell’inglese colloquiale americano, il brand vuole avvicinare ancora di più i suoi prodotti ai consumatori. Il modo migliore per farlo è modificare lo storico claim, in modo tale che sembri che a pronunciarlo siano i consumatori stessi, ogni qual volta provino il cibo di KFC.

L’obiettivo del nuovo claim di KFC “That’s finger lickin’ good” è veicolare una maggiore empatia, aggiungendo una connotazione leggermente diversa rispetto al precedente. Una piccola differenza che però permette di rinnovare una strategia aziendale lato prodotto e lato comunicazione.

Lo spot televisivo introduce il nuovo claim di KFC e fa parlare i pensieri delle persone

Per rendere il cambiamento ancora più esplicito la marca statunitense ha ideato una serie di spot in cui i protagonisti non parlano. Questi commercial hanno l’obiettivo di rendere KFC un brand che parte dalle persone per soddisfare nel miglior modo possibile i loro gusti ed esigenze. Sono la macchina da presa e il voice over a fornire allo spettatore l’idea di trovarsi all’interno della mente del consumatore e poter ascoltare i suoi pensieri.

KFC | Time Together | Sides Lovers Meal
KFC | Time Together | Sides Lovers Meal

Uno dei vari spot di KFC si focalizza sul target famiglia: quattro persone vengono riprese seduto al tavolo per consumare un pasto insieme e la regia riprende il volto di ciascun protagonista. Tutti sembrano attratti dal sapore degli alimenti, ma ne apprezzano aspetti differenti. Al bambino piace il sapore di formaggio, alla ragazzina le patatine fritte e al padre la tenerezza del pollo. Nessuno dei membri della famiglia, però, proferisce parola. Alla fine, lo spot si conclude con un close-up sul volto della madre che nella propria testa dice: «mmh, silence…».

Concluse le riprese attorno al tavolo, la voce fuori campo del colonnello Sanders presenta il nuovo claim KFC “That’s finger lickin’ good”.

Il direttore esecutivo Dave Weist ha diretto l’agenzia creativa MullenLowe Boston che ha realizzato la serie di spot e ideato la nuova linea strategica. La volontà sembra essere quella di rendere il cibo sempre più protagonista delle pubblicità del brand, con il colonnello Sanders che prenderà il ruolo di simbolo riconoscibile e garante della qualità degli alimenti, con lo sviluppo della strategia. Il vero focus, però, al momento sono le persone, ossia i consumatori di KFC, insieme alle loro esigenze.

mum eating

La scena finale dello spot in cui la mamma pensa «mmh… silence».

La lezione da imparare dal cambio di claim di KFC

Una semplice idea creativa o, ancora meglio, un nuovo approccio alla comunicazione possono rappresentare una chiave di volta.

KFC ha avuto il coraggio di cambiare un claim con più di 60 anni di età, rendendolo ricco di significato. Le migliori idee creative spesso sono quelle più semplici, quelle che parlano direttamente ai consumatori e creano empatia con il pubblico: il semplice gesto di cambiare pronome, in questo specifico caso, è un segnale che la marca fornisce al pubblico, per comunicare la sua maggiore centralità rispetto alla marca stessa. Nonostante la customer centricity sia una visione ormai assodata nell’ambiente del marketing d’impresa, la sua realizzazione creativa non è sempre estremamente efficace: può capitare, infatti, di ricadere in idee banali che non costruiscono relazioni con il pubblico; mettere il cliente al centro non significa solamente risolvere tutte le sue esigenze, studiare i suoi bisogni e trovare delle soluzioni adeguate.

Una strategia customer oriented ha il dovere di partire dalle storie dei suoi consumatori attuali e potenziali, trattandoli innanzitutto come persone e comprendendone i loro desideri più reconditi e profondi. L’azienda non deve porsi con superiorità verso il consumatore, in realtà non dovrebbe nemmeno essere suo pari: la ragione d’esistere di ogni marca è quella di servire i propri consumatori.

La lezione che arriva dall’America grazie alla strategia di KFC deve far comprendere ad aziende e lavoratori di settore come un semplice insight creativo possa diventare generatore di innumerevoli possibilità per parlare non solo al cuore delle persone, ma addirittura con la loro voce. Nello spot di KFC vi è un ulteriore passaggio che rimarca questo concetto, anche se di fatto non è proprio la voce delle persone a parlare: la macchina da presa dà voce ai loro pensieri e di conseguenza lo spettatore riesce a entrare in contatto con una maggiore profondità emotiva. Mentre viene assaporata la cena, in casa vi è il silenzio, quasi a dimostrare una contemplazione verso il cibo, che poi diventa protagonista. Nello spot è possibile udire i pareri e i giudizi dei quattro commensali, che però sono espressi solo nella loro testa: è la macchina da presa a far intendere allo spettatore di trovarsi all’interno della mente dei protagonisti dello spot.

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