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Ologrammi e comunicazione: dalla definizione di 'ologramma' alla comunicazione del futuro

Ologrammi e comunicazione: definizione di 'ologramma' e futuro

Cos'è un ologramma e quali le applicazioni reali presenti e future? Ecco alcune evoluzioni nel rapporto tra ologrammi e comunicazione e alcune opportunità.

Un ologramma è la riproduzione in formato tridimensionale di un’immagine registrata con un fascio di luce coerente‘, così da poter essere vista da più punti di osservazione.
Come si potrebbe però definire il concetto di ‘ologramma’ o ‘olografia’ senza entrare in complessi dettagli appartenenti all’ambito della fisica ottica (ad esempio, senza conoscere precisamente cosa si intende con “fascio di luce coerente”)? E quali potrebbero essere le future evoluzione tecnologiche e le possibili e ulteriori applicazioni in ambito pubblicitario e televisivo? Abbiamo cercato di spiegare e analizzare tutti questi aspetti, approfondendone alcuni con Quintetto (software and infrastructure provider) e, nello specifico, con Rachele Cunsolo, indagando anche il rapporto tra ologrammi e comunicazione.

Cosa si intende con ‘olografia’ e come si crea un ologramma?

La parola olografia (‘holography’) è stata coniata da Denis Gabor, che ha introdotto la tecnica nel 1948 e che successivamente ha ricevuto il nobel per questa stessa invenzione che ha permesso di rivoluzionare anche i metodi utili per far fronte alla contraffazione delle banconote.

Il termine è stato creato unendo due parole greche, ovvero ‘holos‘ che significa ‘tutto‘ e ‘graphein‘ che vuol dire ‘scrivere‘ ed è doverosa una spiegazione tecnica del concetto. Per una spiegazione più precisa ci serviamo delle parole con cui Rachele Cunsolo, nell’intervista al nostro giornale, ha parlato di ‘olografia’.

«Nel mondo scientifico con olografia si intende la tecnologia ottica che permette di registrare e riprodurre immagini tridimensionali di oggetti realiIl principio consiste nell’illuminare l’oggetto con un fascio di luce coerente generato da un laser e rinviare il campo luce riflesso su una lastra di materiale sensibile; se un secondo fascio di luce laser interferisce con il campo luce riflesso si generano dei pattern di onde elettromagnetiche (frange di interferenza) che vengono catturati dalla lastra e che contengono tutte le caratteristiche del campo luce generato dall’oggetto, ossia la sua ampiezza e la sua fase. Illuminando la lastra con la stessa sorgente, la luce interferisce con se stessa per ricostruire il campo di luce originale e quindi a rappresentare l’immagine stereoscopica (ologramma) dell’oggetto.»

L’ologramma, insomma, permette di andare oltre le possibilità offerte dalla fotografia e vedere un oggetto da diversi punti di osservazione, senza che ci siano delle parti coperte. Va però precisato, come ricorda Rachele Cunsolo, che «si ricorre oggi a tecnologie ottico-elettroniche che non permettono ancora la rappresentazione di veri ologrammi tridimensionali, ma consentono di realizzare ologrammi quasi-3D  con una eccezionale resa visiva».

Ologrammi e comunicazione: dalla fantascienza alla realtà

Utilizzati in qualche modo, seppur embrionalmente, già in epoca vittoriana nella tecnica illusoria definita – dal nome del suo inventore – “Pepper’s Ghost”, adoperata per rendere visibili o volumetrici i fantasmi durante gli spettacoli teatrali, gli ologrammi sono rimasti confinati fino a qualche anno fa ai soli film di fantascienza (ne è un esempio la scena della proiezione olografica della principessa Leia nel primo episodio della saga di “Star Wars“).

Il confine tra fantasia e realtà è però sempre più labile grazie all’evoluzione della tecnologia e dei contenuti digitali. L’ innovazione in questi settori, infatti, è così rapida da superare l’immaginazione o, qualche volta, tale almeno da eguagliarla, come appunto nel caso degli ologrammi, che ci sono poi però apparsi come una possibilità più “concreta” inseriti in diversi contesti altamente tecnologici: solo per citare un esempio, visto da un consistente numero di persone in occasione di un evento italiano, possiamo menzionare la rappresentazione olografica nel padiglione Corea ad Expo 2015.

I costi di commercializzazione in ambiti comunicativi, però, sono ancora troppo elevati, ma sono state condotte diverse ricerche che hanno portato a interessanti risultati nell’esplorazione del rapporto ologrammi e comunicazione, un ambito che attira l’attenzione di molti perché la proiezione di un’immagine tridimensionale e ben definita restituisce l’idea di realtà‘, abbattendo così la distanza‘ che si può avvertire guardando delle immagini piatte o interagendo con degli schermi a due dimensioni.

Sono stati fatti così dei test negli ambiti più disparati (e da anni si studia la teoria dell’universo come ologramma, ma non è questa la sede di discussione adatta). C’è stata l’applicazione della tecnica agli spettacoli, come per esempio ai concerti, per dare l’illusione che un cantante o un gruppo potesse essere presente contemporaneamente su più palchi o per riportare sul palco cantanti che non ci sono più (è il caso della tournée del 2017 dell’ologramma del cantante metal Ronnie James Dio), ma anche la sperimentazione in ambito politico (come per i comizi in versione ologramma di Mélenchon alle presidenziali di Francia del 2017).

Ologramma e comunicazione è un connubio che affascina molto anche in Italia: ne è esempio proprio la società nostrana, Quintetto, che da diversi anni lavora con l’Istituto Nazionale di Ottica del CNR alla telepresenza olografica con un progetto che aspira a cambiare (e promette di farlo) in maniera incisiva le modalità di videoconferenza. Si tratta del sistema Q-Room che, come specificato da Rachele Cunsolo,

«attraverso le immagini olografiche, permette di avere una percezione visiva molto vicina alla presenza realeIl modello di riferimento è quello di una stazione di erogazione di servizi a distanza, da utilizzare in una molteplicità di ambienti e situazioni relazionali: ad esempio nelle agenzie bancarie, nei centri commerciali, nelle scuole, nelle aziende sanitarie, e così via. Il sistema Q-Room permette all’utente di avere la percezione di colloquiare realmente con una persona fisica, mentre in realtà l’operatore si trova in un altro luogo e all’utente viene presentata la sua immagine reale; per l’utente la suggestione si realizza nel vedere l’operatore “teletrasportato” di fronte a lui, dall’altra parte di una scrivania. Questo permette un’interazione più umana, e quindi più rilassante e produttiva, tra l’operatore e l’utente, ed allo stesso tempo consente di utilizzare al meglio gli operatori addetti all’erogazione dei servizi, indipendentemente dalla loro collocazione geografica, ottimizzandone inoltre la disponibilità temporale. In questo modo è possibile disporre di personale esperto a seconda del servizio richiesto anche laddove non sia possibile, per motivi tecnico od organizzativi, avere a disposizione un numero rilevante di operatori.»

Applicazioni in ambito pubblicitario: il caso Kit Kat

Si sono avute e si stanno avendo, inoltre, un numero sempre crescente di sperimentazioni in ambito pubblicitario, per attrarre maggiormente l’attenzione dei clienti o dei potenziali consumatori.

Un caso particolare di unione di ologrammi e comunicazione pubblicitaria è quello di Kit Kat, che ha realizzato una campagna dedicata in Giappone. “Kit Kat” ha un suono simile all’espressione giapponese “kitto katsu” (屹度) che letteralmente vuol dire “vincerò sicuramente”), una frase che è stata da sempre considerata di buon augurio per tutti gli studenti universitari, tanto da far diffondere l’usanza di regalare gli snack in questione prima di ogni sessione d’esame. Il marketing della Nestlè ha giocato per anni su questa assonanza, proponendo varianti del prodotto, con decine e decine di gusti differenti (dai fiori di ciliegio fino al wasabi). La campagna pubblicitaria chiamata “Kit Mail Hologram” – sviluppata dall’agenzia J. Walter Thompson Asia Pacific – si è proposta come evoluzione della campagna “Kit Mail” (in cui era possibile inviare per posta agli studenti la tavoletta di cioccolato con un messaggio di incoraggiamento), proponendo delle nuove confezioni che prevedevano al loro interno lo snack e un quadratino in plastica componibile. Una volta scaricata l’apposita app tramite qr code e collocato sullo schermo del proprio smartphone il kit di plastica componibile, si riproduceva il video di una canzone della rock band giapponese Dish in una versione olografica (seppur molto ‘rudimentale’).

KIT MAIL HOLOGRAM from J. Walter Thompson Japan on Vimeo.

Questa trovata pubblicitaria rappresenta l’esempio concreto delle evoluzioni in atto e future della comunicazione e del marketing, anche a prezzi sostenuti.

Ologrammi e televisione: gli esperimenti della BBC

Generalmente usati per un coinvolgimento più attivo ed emozionale, gli ologrammi sono anche al centro di alcune ricerche della BBC già dagli anni ’70, quando il team di ricerca e sviluppo (R&S) – al lavoro per esplorare nuove tecnologie emergenti utili per interagire con il pubblico – ha redatto un articolo sulle tecniche olografiche. Gli studi in tal senso sono proseguiti all’interno della BBC fino a portare alla realizzazione della prima televisione a ologrammi.

Il team di R&S della BBC, considerando il fatto che oggi per creare dei piccoli schermi olografici si stanno utilizzando sempre più spesso gli smartphone, ha avuto una intuizione: sostituire lo schermo dello smartphone con quello di un televisore. Nello specifico, per creare una televisione a ologrammi il team ha utilizzato uno schermo TV da 46” e ha ordinato una piramide in plastica che è stata poi posizionata sullo schermo piatto posto orizzontalmente su un tavolino. Inoltre, ha consegnato alcuni video (selezionati in base a specifici criteri) alla compagnia MDH Hologram per farli convertire nel formato adatto agli effetti olografici. Un esperimento che nel complesso è stato alquanto economico ma che ha portato a risultati incredibili, perché ha dimostrato la possibilità di creare una televisione a ologrammi.

Troveremo la televisione a ologrammi sul mercato?

Quello della BBC non è stato un esercizio per testare un prototipo e comprendere quanto spendibile esso possa essere sul mercato; è stato effettuato per preparare un terreno di ricerca basato su dati più concreti: visualizzare le immagini olografiche a un costo economico, individuare quali tra i contenuti video realizzati dall’emittente nel tempo si possono meglio prestare agli effetti olografici e comprendere anche l’effettiva reazione del pubblico.

L’esperimento è stato infatti condiviso con alcuni membri del pubblico della BBC che, portati a fare un tour della nuova Broadcasting House a Londra, hanno avuto modo di vedere la televisione a ologrammi. Le reazioni sono state tra loro abbastanza differenti: dallo stupore e dal sentirsi più coinvolti e attratti dalle immagini olografiche fluttuanti nel mondo reale al ritenere che l’effetto suggestivo possa funzionare solo a distanza e quindi senza eccessivo coinvolgimento. I partecipanti sono stati, però, abbastanza d’accordo nel ritenere che documentari su natura e sport possano essere la tipologia di contenuti più adatta a essere vista con immagini olografiche.

Quando avremo l’olografia in TV, a prezzi accettabili? Lo abbiamo chiesto a Quintetto che ha così risposto:

«Chiaramente è necessario risolvere alcuni problemi non banali: moltiplicare per 1000, per 1.000.000, o per molto di più, sia la potenza di calcolo dei computer che la velocità di trasmissione dei datiProbabilmente assisteremo a un processo graduale che nei prossimi 10-20 anni ci porterà alla disponibilità commerciale di vera e completa olografia tridimensionale, passando attraverso una serie di passi significativi che tramite le innovazioni tecnologiche ci aiuteranno ad approssimare la resa di una completa olografia 3D con implementazioni sempre più perfette ed efficienti, pur restando nel mondo 2D. In teoria, la tecnica olografica potrebbe essere applicata anche per la riproduzione di oggetti 3D tramite visori elettronici. Il problema è che la quantità di informazione di un tipico ologramma è immensa: milioni di trilioni di pixel. Allo stato attuale della tecnologia, considerando che siamo appena entrati nel mondo della TV 4K, con schermi da circa 10 milioni di pixel, il problema di rappresentare oggetti 3D (per di più in movimento) è insormontabile.»

Un nuovo modo di fruizione? Un possibile futuro

Con l’esperimento della BBC, comunque, si è avuta ancora una volta conferma del fatto che con le nuove tecnologie, sottoposte a miglioramenti continui, e con le rapide innovazioni si può intravedere un futuro in cui i contenuti multimediali saranno fruiti in modo completamente diverso dal pubblico. Si potrebbe ad esempio immaginare – come fanno notare proprio dalla BBC – di non essere limitati a vedere la propria star preferita intervistata su uno schermo, bensì avere la sensazione che possa essere seduta sul proprio divano.

In un ipotetico futuro la televisione a ologrammi potrebbe andare a sostituire le attuali TV a schermo piatto, ultrapiatto o curvo presenti in molti salotti, ma questa possibilità da un lato sembra molto vicina – ad esempio Samsung già da qualche anno testa televisori olografici e, inoltre, si stanno testando sempre di più le pellicole hi-tech per creare ologrammi proprio con TV oltre che dispositivi mobili –, dall’altro richiede di lavorare fattivamente per una riduzione dei costi, considerando anche che le condizioni di visione devono essere poi particolari e non facilmente riproducibili nella propria abitazione, perché è stato appurato che l’esperimento riesce al meglio se l’ambiente ha livelli di luce molto bassi o un buio totale e se lo schermo è posizionato all’altezza del livello degli occhi.

L’esperimento realizzato dalla BBC è stato, comunque, un modo per approcciarsi in maniera più pratica a quello che è da diversi anni uno degli ambiti di studi del suo team R&S, scegliendo un periodo storico in cui la maggior parte delle aziende sperimenta invece realtà aumentata e realtà virtuale in modi alquanto standardizzati, dimostrando così l’ampio ventaglio di possibilità che ha a disposizione chi vuole innovare – magari radicalmente – un determinato settore. Come affermato da Quintetto,

«l’ambito più affascinante è senz’altro quello dell’olografia a supporto della nostra vita quotidiana. Chiaramente l’olografia diventerà nel corso dei prossimi anni una realtà sconvolgente, pervasiva, insostituibile. Se, come si dice comunemente, un’immagine bidimensionale vale mille parole, allora un’immagine 3D ne vale un milione. E quindi sarà dovunque, al nostro servizio, a casa e sul lavoro.»

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