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Le foto scattate a Palermo da Letizia Battaglia per Lamborghini sono davvero sessiste o raccontano un sogno di provincia?
Parte di una campagna per celebrare la ripartenza del Paese, le foto di Letizia Battaglia per Lamborghini a Palermo hanno generato polemica.
Avrebbero dovuto essere una «dichiarazione d’amore» per la città e, invece, le foto di Letizia Battaglia per Lamborghini realizzate a Palermo si sono trasformate in un boomerang che non ha risparmiato nessuno: la casa automobilistica, l’artista, le giovani modelle protagoniste degli scatti, la città, l’amministrazione.
La campagna di Lamborghini per celebrare eccellenze, estro e talento all’italiana
L’intento originale era persino nobile, per quanto un po’ retorico. Con la campagna “With Italy, For Italy” Lamborghini intendeva rendere omaggio, infatti, come hanno fatto in questi mesi numerosi brand dei più svariati settori, all’Italia alle prese con la ripartenza dopo l’emergenza coronavirus. Il concept era semplice: venti fotografi, uno per regione, meglio se con un legame storico-affettivo con la stessa, alla cui mano era affidato il compito di immortalare e celebrare «un’Italia fatta di eccellenze, talento, estro, ricerca estetica e innovazione». Estro, ricerca estetica e innovazione che, non a caso, sono valori fortemente legati alla brand mission della casa automobilistica di Santa’Agata Bolognese.
Certo, complici la minore disponibilità di spesa dei consumatori e le restrizioni agli spostamenti, il periodo sembra non essere roseo per il mercato automobilistico e piazzare modelli cult del proprio catalogo in luoghi simbolo del Belpaese e tra i posti del cuore di molti italiani e amanti dell’Italia all’estero può sembrare, così, anche un pretesto per ricordare ai potenziali clienti della propria esistenza, una nemmeno tanto velata strategia di branding .
O, ancora, un modo per far parlare di sé. E, come già si accennava, le foto di Letizia Battaglia per Lamborghini scattate a Palermo non hanno certamente evitato il chiacchiericcio, le polemiche dai toni accesi nate in Rete ed entrate nei palazzi della politica.
Letizia Battaglia per Lamborghini a palermo: le foto della discordia
A rappresentare la Sicilia, infatti, l’azienda ha scelto una delle fotoreporter «più autorevoli del panorama fotografico internazionale» (così è presentata Letizia Battaglia nella stessa pagina web di “With Italy, For Italy”) e, cosa che più conta, con un legame viscerale con il capoluogo siciliano. Palermo, infatti, non è solo la città natale dell’artista: i più appassionati di fotografia ne ricorderanno l’impegno nel raccontare una città che era negli anni Ottanta la prima vera vittima della mafia e, nel tempo, i mutevoli volti assunti da Palermo e dai suoi abitanti, con un occhio sempre attento a intercettarne soprattutto il lato femminile. Il brief della campagna Lamborghini Letizia Battaglia, così, lo ha interpretato scegliendo luoghi simbolo di Palermo come gli edifici del centro storico, la piazza di un mercato, il porticciolo turistico della città, una piccola spiaggia che ha tutta l’aria di essere frequentata solo dalla gente del posto dove fotografare bambine con corone di rose in testa, così simili all’iconografia della Santuzza (Santa Rosalia, ndr) che in città raccoglie preghiere e devozioni anche dei meno credenti, e adolescenti dai tratti somatici normanni in omaggio a una delle dominazioni che più segnò la storia della città.
Certo, pur in secondo piano e spesso fuori fuoco, nelle foto di Letizia Battaglia per Lamborghini c’è sempre, dietro o accanto oppure nella direzione dello sguardo delle ragazzine, una Aventador SVJ gialla, il modello «iperprestazionale» – così lo definiscono dalla casa madre – di Lamborghini. Scrive Artribune che è un modello appositamente progettato per «divorare i chilometri e dominare la strada», diventato nell’immaginario comune un simbolo di potenza, aggressività, a tratti persino fonte di soggezione per chi lo guida. Al di là del fatto che anche visivamente la città (quasi) scompare nascosta dalle forme, le finiture, i colori aggressivi della vettura di lusso, è davvero possibile insomma che ai creativi della campagna sia completamente sfuggito un livello semiotico più profondo – e inevitabilmente controverso – nell’accostamento? È molto più probabile che, più o meno consapevolmente, Lamborghini abbia giocato sull’ambiguità, continuando a parlare soprattutto a un target di potenziali clienti per cui possedere un bolide rappresenta certamente un segno di prestigio economico e sociale, ma per cui lo stesso rappresenta, appunto, anche e soprattutto uno strumento di soggezione. Anche l’ipotesi che si scatenasse un’aspra polemica deve essere stata tenuta in conto dalla casa automobilistica, che pure non sembrerebbe proprio quel tipo di brand che necessita di sposare la filosofia del basta che se ne parli.
La polemica social per le foto di Lamborghini scattate da Letizia Battaglia, TRA accuse di sessismo e di maschilismo
La verità è che incappare in scivoloni e stereotipi maschilisti è piuttosto facile quando si tratta di campagne pubblicitarie automobilistiche. Era già successo con lo spot dell’Audi RS4 con la bambina che mangia una banana appoggiata al cofano anteriore della macchina ritirato dopo le accuse di sessismo ricevute sui social, per esempio, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Identico è stato il tono delle polemiche per le foto scattate a Palermo da Letizia Battaglia per Lamborghini.
C’è chi ha condannato, tout court, l’accostamento teenager e auto di lusso come segno tangibile di una certa cultura retrò, la stessa per cui chiunque ha un macchinone è anche un buon partito da sposare più per interessi economici che per amore. Qualcuno ha fatto notare che fotografare delle preadolescenti poco vestite davanti a delle automobili sportive rischia di mercificarne il corpo e dovrebbe essere inteso come un abuso (il tempismo è stato in questo senso tutto tranne che perfetto, considerato che le foto sono state pubblicate sui social di Lamborghini in prossimità della giornata internazionale delle bambine e delle ragazze).
Tra i commenti sui social non sono mancati quelli che definivano le protagoniste degli scatti di Letizia Battaglia per Lamborghini una sorta di nuove Lolita: il riferimento doveva essere sicuramente agli sguardi vacui e alle pose delle piccole modelle che devono aver ricordato, agli autori di quei commenti, gli sguardi ammiccanti e le pose provocanti della protagonista del romanzo di Nabokov o, almeno, del suo adattamento cinematografico con la regia di Kubrick.
La polemica ovviamente non ha risparmiato neanche la fotografa in prima persona: è possibile – è questo il senso della maggior parte dello shitstorm cadutole addosso dopo la partecipazione alla campagna “With Italy, For Italy” di Lamborghini – che tanti anni di carriera e tanta creatività si traducano nel rivangare all’occorrenza l’abusato stereotipo donne e motori? Si farebbe meglio a non rispondere senza conoscere nel dettaglio e per intero il brief dell’azienda. Di certo c’è che, in seguito alle polemiche, Lamborghini ha cancellato i post sui social con le foto di Letizia Battaglia, forse tardivamente preoccupata del danno reputazionale a cui rischiava di andare incontro e, più pragmaticamente, messa alle strette dalla richiesta del Comune di Palermo di rimuovere ogni riferimento alla città.
Lo ha fatto, però, non prima di aver precisato con un commento alla stampa che «Palermo per Letizia Battaglia è vista come le bambine dei suoi scatti nella speranza di rinascita e dell’avvento di un mondo nuovo». La stessa fotografa, del resto, sempre commentando alla stampa l’affaire della campagna pubblicitaria di Lamborghini a Palermo, aveva ribadito che la stessa è una città bambina, che «esprime un sogno […] di un mondo sincero e rispettoso». E, se possibile, senza stereotipi: forse la vicenda delle foto di Letizia Battaglia per Lamborghini è, infatti, la prova più evidente che la malizia sta spesso solo negli occhi di chi guarda. È ancora Artribune, infatti, a ricordare come per anni l’artista abbia fotografato le bambine di Palermo, provando a immortalare e a farsi portavoce, attraverso ciò che inquadrava il suo obiettivo, dei loro sogni, delle loro speranze più profonde. È il binomio donne e motori che, nella cultura occidentale, è stato nel tempo eccessivamente sessualizzato – basti pensare alle ombrelline della Formula 1 o alle presentatrici delle trasmissioni TV dedicate alle corse – anche e soprattutto a vantaggio degli ascolti per i media, degli introiti per chi fa pubblicità (Gasparri I., “Chi è il maestro del lupo cattivo?“, 2011). Tanto che non sorprenderebbe se, tra qualche mese, si scoprisse che quella della Battaglia era, in realtà, una provocatoria operazione di shockvertising.
E se le foto di Letizia Battaglia per Lamborghini parlassero di un sogno di provincia?
Al momento si può solo provare, come fa la designer Alessandra Rigano su Medium, a leggere le foto di Letizia Battaglia come una storia diversa, quella «in cui Letizia diventa dodicenne ed esce il sabato pomeriggio con le sue cugine, che Saro dice che c’è in giro una macchina pazzesca gialla, andiamola a cercare!». Che è poi, a ben guardare, la storia di tanti adolescenti della provincia o dell’hinterland delle grandi città per cui il lusso, anche solo sfiorato per un attimo, indirettamente, in maniera effimera è un incomparabile segno di riscatto sociale. Non a caso tanti rapper, dai Club Dogo a Gué Pequeno e Sfera Ebbasta, hanno cantato proprio il sogno di sfrecciare a bordo di una Lamborghini tra le strade che li hanno visti crescere. Cosa importa insomma a un ragazzino che, con la sua carrozzeria gialla e i suoi volumi vistosi, copra una vecchia fontana storica o uno scorcio paesaggistico senza uguali: l’occasione, forse più unica che rara, di vedere da vicino una Aventador SVJ va immortalata e subito condivisa con i propri follower , sfoggiata su Instagram o su TikTok come un giorno si sfoggerà la prima borsa firmata che ci si è riusciti a comprare, non importa quanto pacchiana possa essere.
C’è forse molto più estetica del tempo, di questo tempo, insomma, nelle foto di Letizia Battaglia per Lamborghini che voglia di giocare con uno stereotipo abusato.