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Da Facebook e Google le nuove policy per le europee 2019

Policy per le europee 2019: novità Facebook e Google

Hanno a che vedere con contenuti sponsorizzati, ads e lotta alle fake news: le nuove policy per le europee 2019 di Facebook e Google.

Nonostante con i dati del recente Codice di condotta contro la disinformazione la Commissione Europea abbia dimostrato apprezzamento per le azioni messe in atto fin qua per combattere fake news e misinformazione, la paura più grande per i big del digitale resta sempre che da un approccio di soft law si possa passare a uno di hard law, e cioè che vengano approvati da parte dell’organo centrale direttive e regolamenti ad hoc che lascerebbero ai primi pochi spazi di manovra. Per questo, per evitarlo e apparentemente consapevoli dell’importanza che hanno un’informazione sana e un dibattito pubblico non di parte quando ci si avvicina a una tornata elettorale, Google e Facebook sembrano avere pronte già delle policy per le europee 2019.

Che ne sarà di pubblicità e sponsorizzazioni: le policy per le europee 2019 di Facebook e Google

Osservati speciali sono sponsorizzazioni e ad. Come già successo per le presidenziali americane e per evitare scandali come quelli legati al voto per la Brexit o alla vicenda di Cambridge Analytica, Google mostrerà chiaramente chi sta pagando un annuncio e renderà obbligatorio un processo di verifica ex ante della sua stessa identità. Più nello specifico, chi vorrà investire in Google Ads durante le europee 2019 dovrà dimostrare di essere un cittadino europeo o un soggetto avente sede in un paese dell’Unione e dovrà chiarire, in modo che risulti evidente appunto anche all’elettore finale, per conto di che candidato, organizzazione o partito politico stia sponsorizzando i contenuti in questione. Con un report a cadenza periodica, poi, da Mountain View potrebbero rivelare pubblicamente i budget spesi dai vari inserzionisti, addirittura per parole chiave. Anche la Facebook Advertising diventerà più trasparente in vista delle elezioni: chi investe dovrà vedere prima confermata la propria identità e fornire alcune informazioni aggiuntive su quali sono i soggetti o le proposte politiche a cui gioverà la sponsorizzazione. La rivoluzione in casa Zuckerberg potrebbe essere, però, un’etichetta «paid for by» da associare a ogni contenuto sponsorizzato e che dovrebbe dare accesso a chiunque a una serie di dati e metriche sulle performance dell’annuncio, come budget in rapporto alle impression, demografia degli utenti raggiunti, ecc. L’intento di questo tipo di policy per le europee 2019 sembra essere chiaro nella parole degli sviluppatori di Menlo Park, che sottolineano come «la trasparenza è un bene per la democrazia e un bene per il processo elettorale. La trasparenza aiuta tutti, compresi i gruppi di watchdog politici e i giornalisti, e rende gli investitori responsabili di ciò che dicono di essere, oltre che del messaggio che trasmettono alle diverse audience».

In vista delle elezioni continua l’impegno delle piattaforme nella lotta alle fake news

Se l’obiettivo è migliorare il clima delle prossime europee, parte dello sforzo di Facebook e Google non potrebbe non essere indirizzato comunque alla lotta alle fake news. In questo senso, per entrambe le compagnie si tratta di proseguire un cammino già intrapreso: studi e ricerche del resto hanno provato a stimare in questi anni l’impatto concreto e tangibile che un’informazione scorretta o manipolata ad arte può avere, e non solo in campagna elettorale, sulla vita associata.

In vista delle elezioni, comunque, Google punterà soprattutto sulla qualità e la pertinenza dei risultati di ricerca per l’utente e sembrerebbe essere pronta a farlo sia quando ciò significa affrontare repentinamente i tentativi, realmente verificatisi, di manipolare le Google Maps rendendo impossibile a un utente che abbia chiesto apposite indicazioni arrivare al seggio per esempio, sia quando significhi lavorare per migliorare i suggerimenti automatici nella barra di ricerca (l’esempio è di Wired ma, secondo le nuove policy per le europee 2019, chiunque cerchi su Google «Junker» non dovrebbe più vedersi suggeriti come completamento «scarpe video», una stringa che fa riferimento a una bufala circolata non molto tempo fa sul presidente della Commissione Europea, ndr). Ovviamente Big G potrà individuare, tramite gli account di Google Ads, i creatori di bufale e chi cerca di guadagnare da titoli acchiappalike e inibirli o, nei casi più gravi, segnalarli alle autorità competenti.

Anche Facebook andrà avanti con il suo programma di fact-checking, che avrà un’applicazione sempre più crosspiattaforma e dovrebbe riguardare quindi anche Messenger, Instagram e WhatsApp. A dettare la linea saranno i tanto discussi – e in larga parte ancora oscuri – standard di comunità: i post che li violeranno continueranno a essere rimossi e anche post che, pur non violando esplicitamente questi standard, sembreranno danneggiare la «autenticità» (questo il termine scelto dal team di Zuckerberg, ndr) dell’ambiente verranno penalizzati dall’algoritmo. Gli utenti potranno continuare ad approfittare di alcune informazioni aggiuntive e di contesto che riguardano i link condivisi – informazioni sulla natura del sito o della risorsa in questione, per esempio – ed eventualmente segnalare contenuti che reputano malevoli. Com’è già successo per le pagine Facebook che inneggiavano al fascismo, poi, pagine e gruppi ritenuti offensivi potranno essere penalizzati, quando non addirittura chiusi.

Se le persone tornano protagoniste delle policy per le europee 2019

La novità interessante di queste nuove policy per le europee 2019 dei big del digitale sembra essere, comunque, il fatto che accanto ad algoritmi e intelligenza artificiale tornano ad avere un peso crescente le persone in carne e ossa. Zuckerberg avrebbe in programma, infatti, di ampliare il suo team di fact-checker e di dare ai membri responsabilità maggiori che hanno a che vedere per esempio con la verifica di contenuti multimediali come immagini e video. E, inizialmente per un periodo limitato alla tornata elettorale, stabilirà a Dublino un «centro operativo» per collaborare meglio e fisicamente con le istituzioni comunitarie. Google, dal canto suo, avrebbe messo a disposizione due programmi come Jigsaw e il Project Shield per offrire protezione operativa ed economica a soggetti come giornalisti, fact-checker, ONG, enti e associazioni di tutela degli elettori che durante e dopo la campagna elettorale potrebbero essere vittime di cyberattacchi. Gli stessi soggetti saranno destinatari di un programma di formazione firmato Google che dovrebbe spiegare loro che tool utilizzare e come fare in modo che il loro lavoro sia davvero un servizio pubblico e per il pubblico nell’assicurare un clima elettorale disteso e la più libera espressione del voto.

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