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Secondo Cisco oltre il 90% delle aziende ormai considera la privacy irrinunciabile

Il Data Privacy Benchmark Study 2022 segna un aumento degli investimenti per la privacy in azienda, specie riguardo alla corretta conservazione dei dati, e secondo Cisco sarebbe in crescita soprattutto il ROI degli stessi.
La privacy in azienda è ormai considerata una priorità, se non un requisito «essenziale», dalla maggior parte dei professionisti: a confermarlo è il Data Privacy Benchmark Study 2022 di Cisco che ha coinvolto quasi 5mila manager e responsabili aziendali di ventisette diversi paesi, inclusa l’Italia.
Guardando proprio ai dati italiani, almeno il 97% dei professionisti afferma che privacy e riservatezza dei dati sono ormai parte integrante della cultura della propria azienda; il 96% è convinto di utilizzare i dati in proprio possesso in maniera «responsabile» e «etica»; almeno il 94% cita una o più metriche riguardanti la protezione dei dati tra quelle su cui «con regolarità» riferisce ai consigli di amministrazione.
Perché continuano ad aumentare gli investimenti in privacy in azienda
Sicuramente molto c’è ancora da fare quando si tratta di privacy in azienda: a suggerirlo sono i consigli su come proteggere al meglio i dati dei consumatori condivisi dagli esperti in occasione del Data Privacy Day 2022, ma anche la più generale attenzione al tema della sicurezza digitale in azienda e alla possibilità di prevenire attacchi informatici, aumentati in numero durante la pandemia da COVID-19 e sempre più spesso finalizzati al furto o alla compromissione dei database aziendali.
Più chiaramente lo suggerisce un altro insight del Data Privacy Benchmark Study 2022 di Cisco: gli investimenti delle aziende in privacy continuano ad aumentare, mediamente del 13%, e lo fanno in ragione del fatto che «allineare la privacy con la security crea maggiori vantaggi finanziari rispetto ad altri modelli», come ha spiegato Harvey Jang, Cisco vice president and chief privacy officer, presentando in un comunicato stampa i dati dello studio.
Molto più pragmaticamente ciò vuol dire che oggi investire in strumenti e framework per la privacy in azienda assicura un ritorno quasi doppio (mediamente di 1.8 volte) rispetto all’investimento iniziale e un roi che è cresciuto ulteriormente negli ultimi tre anni soprattutto per le aziende di piccole e medie dimensioni.
Chi ha aumentato nel tempo i propri investimenti in privacy ritiene in particolare che ciò gli ha permesso di ridurre i ritardi nelle vendite, mitigare l’impatto dovuto dalle violazioni dei dati, abilitare il processo di innovazione , operare con maggiore efficienza e, soprattutto, attirare nuovi clienti e consolidare la fiducia dei vecchi (affermazioni vere per almeno il 60% del campione Cisco).
Gli investimenti in privacy sono efficaci soprattutto perché hanno a che vedere con la soddisfazione dei consumatori
Come hanno mostrato anche altri studi su cosa ci si si aspetta dalle aziende e sui principali trend per gli investimenti digitali nel 2022, i consumatori sono sempre più preoccupati oggi per come i soggetti da cui acquistano trattano e proteggono informazioni e dati, specie se particolari.
Secondo il Data Privacy Benchmark Study 2022, oltre il 93% dei consumatori italiani non si sente sicuro ad acquistare beni o servizi da aziende che potrebbero non proteggere i dati in maniera efficace e sicura: a livello internazionale ciò ha corrispondenza in almeno un consumatore su due, che si sente impossibilitato a proteggere in prima persona i propri dati perché non sa come gli stessi sono usati dai vari soggetti a cui li ha ceduti, e in almeno 56% del campione, che si dice preoccupato soprattutto di come le aziende usano l’intelligenza artificiale per processare i dati. Tornando ai consumatori italiani, per l’85% sarebbe rassicurante la presenza di certificazioni di enti esterni e terzi che riguardano proprio la corretta gestione della privacy in azienda.
Le principali sfide future per la privacy in azienda
Nonostante garantire riservatezza e invulnerabilità dei dati dei consumatori abbia un costo – non indifferente se si considerano attività necessarie come catalogare i dati, mantenere le registrazioni dei processi elaborazione, implementare i controlli, rispondere alle richieste degli utenti e così via – la maggior parte delle aziende, come si evince dai dati già presentati, è oggi interessata a mostrarsi compliant a norme e requisiti di legge in materia e l’83% dei professionisti (non solo quelli italiani) coinvolti da Cisco nello studio sostiene di aver accolto positivamente novità e legislazioni sulla privacy, come è in Europa il GDPR.
Proprio da norme come il GDPR provengono principi, come la localizzazione dei dati, che rappresentano le sfide più urgenti da affrontare quando si tratta di privacy in azienda. L’impossibilità paventata di conservare i dati dei cittadini europei su sever extraeuropei e che non rispettano gli standard di sicurezza e di non ingerenza previsti in Europa è, nel caso di specie, ciò che ha già portato Meta a minacciare di chiudere Facebook e Instagram in Europa e il Garante austriaco a sostenere che Google Analytics violerebbe le norme in materia di privacy[1] e non dovrebbe per questo più poter operare in Europa.
Se per le big tech la questione è politica e di quelle su cui si giocano i rapporti di forza e di potere, una larga maggioranza (il 92%) di professionisti e responsabili aziendali intervistati da Cisco si dice convinta che risolvere il problema della corretta localizzazione dei dati sia prioritario per i propri business, anche se consapevole (nell’88% dei casi) che ciò richieda un costo molto elevato.
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