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Produrre un film: Steve Golin knows it better

Produrre un film Steve Golin knows it better

In occasione del Festival of Media Global 2016, abbiamo incontrato Golin, un produttore cinematografico statunitense decisamente sui generis.

Uomo instancabile, appassionato e volenteroso, Steve Golin ha incrociato il nostro destino in occasione della tappa italiana del Festival of Media Global 2016, a Roma. Gentilmente ci ha concesso una breve intervista, spiegandoci, tra le altre cose, che

nel settore cinematografico indipendente ci sono alcune aziende più piccole che si concentrano nella realizzazione di specifiche produzioni, ben più contenute, inclusi i film a medio budget, che sono molto diversi dai cosiddetti franchise movies. Ma dal punto di vista della comunicazione, la sfida in questo business è rappresentata proprio dal costo elevato delle strategie di marketing. In particolare negli Stati Uniti, dove per riuscire a lanciare un lungometraggio c’è bisogno di spendere davvero tanto, cifre spropositate. A volte il budget per il marketing può essere tre o quattro volte più alto del costo di una piccola produzione indipendente, finendo col diventare eccessivamente sproporzionato. Questa infatti è la nostra sfida, oggi: con Anonymous stiamo cercando di limitare i costi di marketing, abbassando quella porzione di costo che al momento è esagerata. 

Anonymous sostituisce oggi quella che era nata come Propaganda.

Cosa hanno in comune, però, nel bel mezzo del 2016, Anonymous e Propaganda? Sembra che i punti di contatto siano pochi. Anzi, in epoca di hacker e pericoli (non solo) digitali per le democrazie occidentali, i due termini, se non addirittura i due concetti, cozzano terribilmente, dando quasi vita a uno “scontro di civiltà” 3.0. Ebbene, a collegare le due cose ci pensa, sin dal 1986, Steve Golin.

Produttore cinematografico e talent scout, dopo essersi laureato alla Tisch School of the Arts di New York, Golin ha anche frequentato l’American Film Institute. Due esperienze formative ineludibili che hanno instillato in quel giovane di belle speranze (e molti talenti) la passione per le immagini in movimento.

Esattamente trent’anni fa Steve Golin, insieme all’ex socio Sigurjon Sighvatsson, fondò la Propaganda Films, società di produzione cinematografica che oggi definiremmo “indipendente”, cioè piccola. All’inizio si occupava di spot e videoclip musicali, all’epoca sicuramente sulla cresta dell’onda anche grazie alla Golden Age di MTV. È proprio qui che si nota la lungimiranza imprenditoriale e la “visione” di Golin: macinare chilometri su un’autostrada che in pochissimi frequentavano – quella della produzione dei video musicali per la televisione – circondandosi di professionisti del settore come David Fincher, Nigel Dick e Dominic Sena, senza dubbio alle prime armi (il primo videoclip realizzato da Fincher – regista di Seven – è del 1984), ma che di lì a poco avrebbero scavato un solco e indicato una via che in molti, per non dire tutti, avrebbero seguito nei decenni successivi, fino ad arrivare a oggi.
Basti pensare che nel 1990 addirittura un terzo dei video musicali realizzati negli Stati Uniti, erano prodotti dalla Propaganda Films di Steve Golin & Co.

Il destino nel nome? Non esattamente. La società del nostro piccolo nuovo eroe multimediale americano era tecnicamente antisistema, ma anzi un sistema indipendente l’ha creato praticamente dal nulla, ottimizzando le risorse umane e le professionalità di quelle persone visionarie che avevano già davanti agli occhi e tra le mani una sorta di futuro possibile. Un futuro sul quale gli europei della PolyGram Filmed Entertainment – quelli di “Notting Hill” e “Trainspotting”, tanto per intenderci – decisero seriamente di investire, acquisendo la Propaganda Films nel 1991. Nel frattempo la nostra “compagnia dei cervelli” aveva offerto al mondo dell’audiovisivo artisti del calibro di Spike Jonze, Mark Romanek e Stéphane Sednaoui, veri pionieri di un nuovo genere che non è mai rimasto prigioniero di etichette.anonymous

Anonymous Content è il nome della seconda parte della storia di Steve Golin, che nel 1999 decise di fondare una nuova società di produzione, televisiva e cinematografica, e di talent management, di base a Los Angeles, quindi nel cuore pulsante del cinema americano, a due passi da Hollywood.

Ciononostante, la missione di Golin era ancora una volta quella di produrre film di alto profilo, a basso costo. Produzioni low budget e mid-range che avessero grandi aspirazioni, che sapessero comunicare qualcosa di importante, e che soprattutto garantissero un equilibrio tra investimento ed entrate.

L’esempio lampante, che rappresenta una sintesi del “modello Golin”, e che fa da cerniera tra l’esperienza di Propaganda e quella di Anonymous, alle soglie del nuovo millennio, è un titolo formidabile: “Essere John Malkovich”, di Spike Jonze, che corrose le certezze filmiche di mezzo mondo proprio nel 1999. Da allora, anche con la cricca dei “produttori anonimi”, Golin si è prodigato nella produzione di lavori mai banali, che hanno saputo ridefinire il concetto stesso di produzione cinematografica, andando a ribaltare anche i meccanismi che guidano le scelte televisive. Titoli come “Eternal Sunshine of The Spotless Mind” (di un altro ex regista di videclip, il francese Michel Gondry) e “Babel”, fino ad arrivare ai recentissimi e pluripremiati – anche e soprattutto agli Oscar – “Il caso Spotlight” e “The Revenant”. E senza dimenticare l’incredibile successo di “True Detective”, serie tv decisamente anomala per gli standard produttivi (anche americani).

Un po’ come le parole (verba), anche i riconoscimenti e i premi volano, insomma vanno e vengono: quel che resta è la dedizione al lavoro e soprattutto – come dichiarato dallo stesso Golin – la ricerca instancabile di un equilibrio che possa consentire una gestione oculata delle strategie produttive. Investire il giusto, ovvero sensibilmente meno rispetto agli altri, e scegliere le idee giuste, i soggetti più sensibili e silenziosamente ambiziosi, quasi timidi nella loro plateale forza interiore, nascosta e misteriosa, celata agli occhi di chi non sa vedere. Steve Golin ha, però, l’intuito dalla propria parte e una carriera trentennale di successi e fallimenti, di esperienze, di sogni realizzati e di desideri da esprimere, ogni volta con maggiore genio e oculatezza.

HOLLYWOOD, CA - FEBRUARY 28: Producer Steve Golin attends the 88th Annual Academy Awards at Hollywood & Highland Center on February 28, 2016 in Hollywood, California. (Photo by Frazer Harrison/Getty Images)

Dunque, perché Steve Golin knows it better? Perché, in un colpo solo, riesce a surclassare tutti quelli che hanno paura di raccontare una storia; tutti quelli che sono terrorizzati dall’idea di dover “temperare” le emozioni generate dalla professione, dove un successo è un tripudio senza limiti e un fallimento è un buco nero; tutti quelli che non riescono a vedere oltre il proprio naso; tutti quelli che soffocano la fantasia, la passione e la creatività.

Come affermava Orson Welles, un altro grande coraggioso e forse il più grande: “Il cinema è la cosa da fare”. Ebbene, nessuno la fa come Steve Golin.

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