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Dal blog di: Maria Letizia Russo Trainer Consulente e coach su Linkedin | founder SocialSellerGram Academy

Professional branding con LinkedIn: come e perché costruirlo

Professional branding con LinkedIn: come e perché costruirlo

I profili professionali di rilievo presenti sul social e la natura B2B fanno diventare essenziale fare professional branding con LinkedIn.

Il social selling ha la propria naturale sede di sviluppo su alcune piattaforme social che meglio si prestano a questo genere di attività di marketing, in primo luogo LinkedIn e a seguire Twitter. Nel B2B, infatti, tre buyer su quattro usano i social media, il 45%utilizza LinkedIn, il 20% Twitter.

La tendenza attuale è di identificare il social selling come la risposta al social buying: gli acquirenti B2B cercano informazioni sui social e i venditori devono necessariamente essere presenti sulle medesime piattaforme. Il 74% dei buyer, infatti, conduce ricerche sul web prima di prendere una decisione, pertanto i seller per vendere dovranno posizionarsi online. Gli incaricati agli acquisti nel b2b , però, rivelano una serie di comportamenti scoraggianti per i venditori; in particolar modo non amerebbero essere interrotti nelle loro attività lavorative da continue telefonate di venditori che cercano un contatto e preferirebbero leggere contenuti di valore per informarsi su prodotti, normative, prestazioni; solo in seconda battuta accetterebbero l’approccio di commerciali con cui hanno già interagito via social.

Help don’t sell”, il motto di Jay Bear, fa allora da guida a chi si approccia al social selling. Parafrasandolo in italiano (“Vendere aiutando e non vendendo”), si chiarisce che la vendita è fortemente influenzata dall’aiuto che l’acquirente riceve nel corso del buyer journey e si vende solo in un secondo momento, come conseguenza del rapporto di fiducia che si instaura tra acquirente e venditore.

infografica b2b social media

LE ORIGINI DI LINKEDIN HANNO CREATO L’AMBIENTE FAVOREVOLE AL SOCIAL SELLING

I dati relativi alla presenza su LinkedIn sono notevoli: circa 560 milioni di utenti nel mondo, 19 milioni di company page aziendali, in Italia quasi 11 milioni di profili, con una crescita di 120 nuovi iscritti/minuto e non si tratta di semplici profili social personali, ma di profili con una valenza lavorativa.

LinkedIn, nato nel 2003 a Palo Alto, in California, dall’idea di Reid Hoffman in collaborazione con Allen Blue, Konstantin Guericke, Eric Ly e Jean-Luc Vaillant – tutti imprenditori statunitensi –, era inizialmente una piattaforma social con registrazione gratuita su cui pubblicare e aggiornare il proprio curriculum vitae e inserire una lettera di presentazione. L’idea era davvero innovativa: sfruttando le potenzialità del web sulla piattaforma era possibile leggere annunci di lavoro suddivisi per settori, iscriversi a gruppi, seguire aziende di proprio interesse, il tutto in un’ottica di ricerca di lavoro per gli utenti e, viceversa, di ricerca di personale per aziende. Lo scopo iniziale di LinkedIn, inteso come piattaforma riservata al curriculum online, resterà nell’idea comune di molti ancora oggi, nonostante siano trascorsi quindici anni: i più pensano a LinkedIn come ad un luogo virtuale in cui trovare e offrire lavoro.

LINKEDIN: DAL SOCIAL AL SOCIAL SELLING

Nel 2003 Reid Hoffman certamente non immaginava la trasformazione che la crisi iniziata nel 2008 avrebbe portato con sé in ogni settore e nemmeno poteva immaginare che la rete di utenti sviluppatasi su LinkedIn avrebbe potuto avere un valore notevole per chiunque avesse cercato profili interessati all’acquisto di prodotti e servizi. Quindici anni fa i commerciali contattavano i propri potenziali clienti al telefono e le email non erano uno strumento di disturbo ma di contatto, potente mezzo per raggiungere a costo zero i potenziali clienti inviando documentazione e preventivi. Cosa è successo negli ultimi anni?

  • Una crisi mondiale di grande portata ha reso difficile la vendita in ogni settore;
  • la guerra del prezzo ha dominato ogni scenario come unica leva per convincere il cliente all’acquisto;
  • gli acquirenti sono stati investiti da ondate di comunicazioni pubblicitarie via email o di telemarketing che li hanno man mano resi refrattari a rispondere;
  • i venditori hanno dovuto cercare vie alternative di approccio al cliente.

In questo scenario vendere è diventato sempre più difficoltoso, così come trovare nuovi clienti disposti ad ascoltare venditori sconosciuti; in contemporanea, poi, sono nati e si sono diffusi molti social: Facebook il più noto, Instagram quello con il maggiore indice di crescita al momento. LinkedIn si è differenziato dagli altri per la propria natura professionale, per non essere una piattaforma di tipo “ludico” e soprattutto come strumento per mettere in contatto persone sconosciute ma con affinità lavorative e interessi comuni. Dal social al social selling, allora, il passo è stato breve. Scegliere LinkedIn per i venditori B2B è risultato ovvio e immediato. Su Facebook, infatti, si intrattengono relazioni personali, si pubblicano post, immagini, video legati alla propria sfera privata; su LinkedIn ognuno veste il proprio ruolo lavorativo, consapevole di poter e dover ampliare il proprio network con persone interessate e interessanti. Su Facebook, poi, si privilegia normalmente l’amicizia virtuale con chi si conosce o si ritrova dopo anni; su LinkedIn è normale collegarsi a professionisti, manager, venditori che potrebbero supportarci nel lavoro presente o in un’ottica futura.

IL NETWORK, BARRIERA DI SELEZIONE DEL CONTATTO IN INGRESSO

Su LinkedIn chi sviluppa correttamente il proprio network seleziona in ingresso il contatto, valuta se possa essere interessante, interagisce sin dal primo momento motivando la richiesta e quindi nel momento in cui quel medesimo contatto fa parte della propria sfera di interesse lavorativo legge i suoi contenuti o ascolta una sua proposta, cosa ben diversa dall’essere contattato con una telefonata improvvisa. In sostanza ci si conosce e quindi contattarsi e confrontarsi è più semplice, immediato e naturale.

I social uniscono, accorciano distanze e soprattutto permettono alle persone di farsi conoscere anche senza inviare email di presentazione o telefonate. Per farsi conoscere e per essere percepiti come persone valide e utili occorre, però, svolgere una serie di attività che diffondano il proprio brand professionale. Si parla sempre più spesso, infatti, di professional branding , cioè dell’attività di diffusione della conoscenza di sé da un punto di vista professionale, finalizzata a trasmettere i propri plus, il proprio valore, le proprie competenze. Il web ha un grande vantaggio: rende possibile la creazione di una propria identità digitale di cui le attività di professional branding sono il mezzo. Proprio in tale ottica è diventato naturale pensare di fare professional branding con LinkedIn.

FOTO E JOB TITLE: IL PRIMO STEP PER FARE PROFESSIONAL BRANDING CON LINKEDIN

Per fare professional branding con LinkedIn il miglior modo è partire con la creazione di un ottimo profilo; a seguire, poi, il profilo va accompagnato da un network di contatti validi e dalla pubblicazione di contenuti utili. Sono i contenuti, infatti, che viaggiano nel feed di ogni iscritto, che vengono letti, consigliati, commentati o condivisi, diffondono la conoscenza di chi li ha pubblicati facendo della persona un punto di riferimento, trasformandola da sconosciuto in “hub” della propria rete. LinkedIn, allora, rivela di essere la migliore piattaforma per il social selling sicuramente perché ogni elemento utilizzato contribuisce a migliorare la propria reputazione online, ad accrescere il professional branding della persona, a fornire all’utente che approda al profilo o che legge un articolo la sensazione di avere davanti un professionista di innegabile competenza.

A sinistra di ogni post su LinkedIn è possibile visualizzare la foto di chi ha pubblicato il contenuto e il suo headline , ossia il titolo riepilogativo che identifica il suo ruolo. È evidente che la pubblicazione dei contenuti è accompagnata sempre da questi due elementi del profilo che diventano quindi parte della medesima strategia di contenuto. Il professional branding con LinkedIn parte dunque da qui, da una foto adatta, in primo piano e professionale oppure originale, senza cadere nel ridicolo. Sembra semplice, eppure spesso la foto non è adeguata e ci si gioca tutto in pochi secondi di visibilità. La foto è il mezzo attraverso cui identificare la persona con uno sguardo, osservandola a lato di ogni post anche senza leggerne il nome, dunque non è affatto consigliabile cambiarla spesso, perché si perderebbe un importante riferimento; in questo LinkedIn si rivela davvero controcorrente rispetto ad altri social.

Quanto detto per la foto, comunque, vale anche per l’headline: si raccomanda di essere chiari nello spiegare il proprio ruolo e possibilmente originali e accattivanti.

QUALI CONTENUTI TRASMETTONO PROFESSIONALITÀ?

Se il social selling è interazione con i propri prospect attraverso i contenuti, occorre sapere chiaramente quali sono i contenuti da privilegiare. Nel marketing moderno, orientato al cliente prima che al prodotto, i contenuti che aiutano a creare un brand professionale sono quelli che l’utente ritiene per lui formativi e risolutivi. Occorre spiegare e insegnare, ma soprattutto risolvere prevenendo problematiche che il potenziale cliente possa incontrare nella propria quotidianità lavorativa e, quindi, proporre soluzioni. Siamo tutti costantemente tempestati da notizie e informazioni, la nostra attenzione è ridotta al minimo e addirittura, secondo studi Microsoft, siamo al di sotto dei 9 secondi di attenzione del pesce rosso, pertanto se si vuole attirare l’attenzione dei propri buyer occorre pubblicare contenuti di interesse; inoltre, per ogni utente risulta certamente interessante chi è in grado di risolvere prima che vendere. L’utente che giorno dopo giorno legge contenuti per lui formativi e risolutivi pubblicati da un professionista seguito lo porteranno a fidarsi e fidelizzarsi, “quel professionista” diventerà il suo punto di riferimento e nel momento in cui avrà necessità di un servizio o di un prodotto interessante per il proprio business si rivolgerà a lui.

Il ciclo dell’inbound si ripete su LinkedIn che si rivela, dunque, il social migliore per combattere la sterilità dell’ interruption marketing a favore di strategie di inbound marketing che si coniugano perfettamente con la filosofia del professional branding con LinkedIn.

inbuond marketing grafico step

LinkedIn permette, come ogni social, di pubblicare post di carattere testuale con o senza immagini. A partire dal 2017 è stata aggiunta la possibilità di pubblicare video rendendo più performante la comunicazione visuale.

Un modo immediato per pubblicare contenuti è quello di condividere articoli di fonti esterne, blog o video YouTube ad esempio, ma esistono anche strumenti interni alla piattaforma, quali LinkedIn Pulse e LinkedIn Slideshare, che permettono di sviluppare il proprio professional branding rimandendo sulla piattaforma.

Pulse è lo strumento di blogging di LinkedIn. In modo semplice e immediato è possibile inserire articoli che rimangono nel profilo per sempre. Non è escluso l’utilizzo di Pulse anche per chi abbia un proprio blog: in questo modo chi visita il profilo, senza lasciare la piattaforma, potrà leggere contenuti interessanti e magari in un secondo momento passare da LinkedIn al blog. Vedere un numero elevato di articoli in un profilo fornisce già a colpo d’occhio la misura della professionalità della persona, la sua capacità di comunicare e di divulgare le proprie conoscenze. C’è chi ha sollevato critiche legate alla scarsa visibilità che negli ultimi tempi hanno gli articoli Pulse nel feed di LinkedIn, notevolmente penalizzati dall’algoritmo della piattaforma.

Ammettendo questo limite del blogging su LinkedIn, è pur vero che gli articoli restano sul profilo, la loro presenza di per sé contribuisce a una valutazione positiva della persona e inoltre l’indicazione statistica delle visualizzazioni è relativa a chi ha realmente aperto l’articolo e non si tratta di un semplice conteggio del numero di visualizzazioni come comparse dell’articolo nei vari feed.

Slideshare, invece, è il servizio di LinkedIn che ospita le presentazioni che gli utenti vogliono divulgare, ossia slide di corsi, schede prodotto e qualsiasi genere di contenuto si voglia presentare. Su Slideshare è possibile limitare l’accesso alle presentazioni oppure permetterne la visualizzazione pubblica; è possibile, inoltre, inserire presentazioni solo in visualizzazione oppure permetterne il download. Ogni account ha una propria sezione statistiche per poter verificare il gradimento del pubblico. Rappresenta, poi, un valido strumento anche in chiave seo : i contenuti di cui si effettua l’upload su Slideshare possono essere ottimizzati attraverso

  • nome file;
  • titolo;
  • descrizione;
  • tag

per renderli facilmente rintracciabili sulla piattaforma e di conseguenza anche su Google.

CONCLUSIONE

Alla luce di quanto illustrato, chiunque sia un venditore o un professionista può beneficiare di LinkedIn per il proprio professional branding. Nel social selling si parla spesso di gioco di squadra e a questo proposito occorre valutare anche la possibilità per le aziende di utilizzare i medesimi strumenti per divulgare contenuti e attirare potenziali clienti direttamente, ad esempio con un account Slideshare da condividere sulle proprie LinkedIn Company Page oppure attraverso i profili di manager o dipendenti che ricoprono un ruolo legato alla lead generation e che si fanno portavoce della comunicazione aziendale, diffondendone così i contenuti.

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