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Programmatic TV: stato dell'arte e prospettive future

Programmatic TV: lo stato dell'arte e le prospettive future

La programmatic TV sembra destinata a modificare e rivoluzionare il mercato dell'advertising. Qual è, però, lo stato dell'arte?

Sempre più spesso si parla di programmatic TV e di come questo nuovo modo di fare pubblicità sia destinato a rivoluzionare il mercato dell’advertising del vecchio tubo catodico nell’approccio e nelle metodologie attraverso cui le campagne sono targettizzate, eseguite e misurate.

È necessario partire da una premessa. Il sistema pubblicitario televisivo è sempre stato incentrato sul monolite del Gross Rating Point (GRP), il valore che indica le dimensioni dell’audience raggiunta da una determinata campagna in termini di percentuale della popolazione in target , appunto, raggiunta.

La pianificazione e l’acquisto degli spazi è storicamente sempre avvenuto identificando i contenuti – spettacoli, film, eventi sportivi – o le fasce orarie che assicurano il maggior livello di GRP rispetto al target demografico della campagna. Questo, in linea di massima, è lo scenario in cui il mercato pubblicitario televisivo si è affermato ed è cresciuto nei decenni scorsi.

In che termini la programmatic TV è destinata a cambiare questo sistema pubblicitario? Innanzitutto perché – esattamente come accaduto già sul web – il processo di acquisto è automatizzato – sebbene non esattamente in tempo reale, come per il mondo digital – e segue uno specifico approccio data-driven che sostituisce i vecchi, e limitati, panel con un targeting granulare, in grado di identificare molteplici e infinitesimali particelle/ cluster di target obiettivi con interessi e bisogni precipui.

Inoltre, non bisogna sottovalutare l’avvento di alcuni fattori non secondari come la crescente diffusione delle connected TV che rappresentano il punto di convergenza tra computer e televisore e che si prestano a forme di targettizzazione molto più precise e verticali.

Solo negli Stati Uniti il mercato della programmatic TV vale circa 70 miliardi; su scala globale i margini di crescita sono decisamente ampi. Secondo un report di ‘eMarketer’ la spesa in programmatic TV entro il 2017 è destinata a raggiungere quota 710 milioni di dollari, con un aumento percentuale della spesa pari al 127,8%. E se nel 2017 la spesa in programmatic advertising equivarrà solo all’1% della spesa pubblicitaria totale, entro la fine del 2018 è destinata a raggiungere il 6%: si stima, infatti, che nel mercato statunitense i volumi di investimento raggiungeranno i 4.43 miliardi di dollari.

Questi dati ci restituiscono la misura precisa di un mercato dinamico e in costante evoluzione; uno scenario, questo, che abbiamo avuto modo di approfondire con Hew Bruce Gardyne, co-founder di TVsquared, società newyorkese specializzata in TV analytics e analisi dell’efficienza degli spot e delle campagne televisive.

Il punto di vista di Bruce Gardyne muove da un interessante studio Programmatic TV’s European Evolution“, realizzato da ‘Enders’ secondo cui entro il 2020 il 90% della crescita dell’advertising online sarà attribuibile al programmatic, soprattutto in paesi come la Francia, la Germania, l’Italia, l’Olanda, la Svizzera, la Turchia e il Regno Unito. Tuttavia, il primo limite alla crescita è costituito dalla scarsità delle inventory che di fatto condizionano il consolidamento di un approccio basato sull’efficienza di prezzo , almeno nel breve termine. Secondo Bruce Gardyne, «l’industria deve focalizzarsi sull’infrastruttura tecnica e sulla comprensione del quadro e delle implicazioni legislative, oltre a testare una vasta gamma di modelli».

Segnali incoraggianti di un nuovo rivoluzionario scenario compaiono, comunque, già all’orizzonte: da un lato, infatti, vi è il consolidamento di un approccio basato sul targeting dell’audience basato sui dati, anziché orientarsi genericamente verso masse indistinte; dall’altro, una maggiore accessibilità verso i piccoli e medi advertiser. Una simile apertura verso player con budget di investimento assai variegati rappresenta il primo passo verso l’abbattimento di prassi discutibili, come ad esempio la richiesta di un tetto minimo di spesa estremamente esoso che di fatto rende il mercato del programmatic advertising poco scalabile e soggetto alle sottoscrizione di partnership con agenzie. Si fa sempre più concreto, dunque, secondo le parole di Bruce-Gardyne, uno shift verso modelli di acquisto degli spazi pubblicitari più flessibili e dinamici e soprattutto verso una maggiore integrazione tecnologica tra piattaforme per raffinare le metodologie di targeting.

Quali sono, però, le modalità di acquisto degli spazi pubblicitari e in che modo brand e aziende possono accedere alle inventory mediante campagne di programmatic? Abbiamo chiesto a Bruce-Gardyne di passare in rassegna le varie metodologie di acquisto e di individuare per ciascuno le principali criticità e prospettive di evoluzione. In particolare, esistono tre distinte tipologie di inventory. 

  • Addressable TV content, vale a dire i contenuti disponibili attraverso pay TV o smart TV. Si tratta della metodologia più complessa che vede l’acquisto focalizzato su una tecnologia di ad insertion che sostituisce gli spot tradizionali con annunci targettizzati e che consente una delivery degli spot pubblicitari customizzata sugli interessi e i bisogni delle audience. Questa metodologia, sostiene Bruce-Gardyne nell’intervista ai nostri microfoni, «presenta ancora molte criticità nella gestione delle inventory e nel modello di transazione ed è limitata ad alcuni target nicchia e ad alcune specifiche regioni». 
  • Broadcaster ott (Over-The-Top), cioè contenuti online VOD (Video On Demand) e video in streaming online lineare, una modalità che Bruce-Gardyne definisce «relatively simple» perché del tutto simile nei processi di delivery al programmatic advertising digitale, soprattutto nei mercati avanzati in cui ci sono meno restrizioni alla inventory televisiva lineare.
  • TV broadcast lineare, vale a dire la categoria più limitata e lenta ad abbracciare la metodologia di acquisto in modalità programmatica, soprattutto sui mercati più vasti: è il modello tradizionale di programmazione televisiva, basata su spettacolo e contenuti schedulati e privo di alcuna possibilità di interazione, contrariamente al modello non lineare.

In un simile scenario, in cui sussistono svariati attori, soluzioni di targeting e metodologie di acquisto, qual è l’approccio strategico più efficace per le aziende che vogliano investire in programmatic TV? Bruce-Gardyne non ha dubbi: che i brand preferiscano orientarsi sulla cosiddetta addressable TV o sui broadcaster OTT, è essenziale che comincino a focalizzarsi sulle audience desiderate e sulle regioni e i mercati cui intendono rivolgersi.

Mentre l’addressable TV è già particolarmente diffusa in mercati come il Regno Unito, i broadcaster OTT sono particolarmente consolidati nei paesi scandinavi. Al contrario, la TV broadcast lineare rappresenta, ancora oggi, la inventory più importante dal punto di vista commerciale.

Il primo passo verso un approccio autentico alla programmatic TV consiste nell’adottare una visione data-driven che consenta agli advertiser di sfruttare una vasta gamma di dati – data signal, ricerche, traffico web, attività sulle app – da impiegare per misurare e ottimizzare le performance delle campagne pubblicitarie televisive. «Sono i buyer – conclude Bruce-Gardyne nell’intervista ai nostri microfoni – i principali attori che possono promuovere una domanda consistente di programmatic advertising e, al tempo stesso, uno shift verso l’automatizzazione e nuove metodologie di misurazione e ottimizzazione delle performance pubblicitarie che superino il concetto di Gross Rating Point e si orientino verso la reazione in real-time delle audience di riferimento».

Per quanto la programmatic TV sia solo nei suoi primi stage, siamo di fronte ad una tendenza destinata a consolidarsi nel tempo e a rivoluzionare le metodologie di pianificazione, forecasting, targeting e ottimizzazione delle campagne pubblicitarie. Il rapporto tra advertising e buyer, dunque, è destinato a trasformarsi in una relazione win-win, grazie alla quale a posizionamenti e inventory di qualità corrisponderanno delivery su audience ricettive e in-target, proprio come già avviene in tutto l’ecosistema digitale.

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