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Pubblicità automatizzata ed evoluzione delle vendite globali

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La contraddizione tra il saper fare digital advertising a livello globale e la scarsa capacità di monetizzare gli utenti esteri.

Dall’avvento del digital advertising, gli editori hanno vissuto una strana contraddizione: negli ultimi anni, molti hanno raggiunto una copertura notevole a livello mondiale, talvolta persino superiore alla loro audience locale. Il fenomeno, tuttavia, si è accompagnato a una debolezza alquanto evidente, ossia la capacità scarsa o nulla di monetizzare gli utenti esteri.
Poiché le agenzie si sono concentrate principalmente sul territorio nazionale, tendenzialmente gli IP stranieri sono stati considerati automaticamente “residuali“, conducendo operazioni di digital trading unicamente per importi esegui, se non addirittura escludendoli da tali negoziazioni.

La situazione è iniziata a cambiare solo con la comparsa del real-time bidding (RTB), attorno al 2010. Nella sua evoluzione, l’RTB ha abbandonato il modello del network pubblicitario che l’ha preceduto, offrendo maggiore trasparenza, più controlli e rendimenti superiori.
Come effetto, ha inoltre aperto gli occhi degli editori su nuovi modi per monetizzare il loro inventario. Per la prima volta, era possibile visualizzare report su migliaia di inserzionisti che proponevano offerte sul loro inventario in tutto il mondo. Benché, come è ovvio, cpm e inserzionisti regionali fossero estremamente diversi, il protocollo di offerta in tempo reale ha efficacemente trasformato i siti e le app mobili degli editori in un potente strumento generatore, ed editori lungimiranti come The Guardian hanno persino utilizzato i dati come business case per aprire nuovi uffici negli Stati Uniti e in Australia.

Dopodiché, alla fine del 2012, sono emersi i mercati privati, ossia ordini 1:1 concordati tra singoli acquirenti e venditori ed eseguiti sfruttando la stessa tecnologia utilizzata per le offerte in tempo reale. Da quel momento, la pubblicità automatizzata ha continuato a risalire l’imbuto delle vendite con la comparsa di mercati privati basati sull’audience sui quali i venditori abbinavano i dati all’inventario ottenendo rendimenti ancor più elevati.
Da ciò è nata la pubblicità automatizzata garantita, passo successivo dell’evoluzione della pubblicità automatizzata, in virtù della quale la tecnologia ora permette ad acquirenti e venditori di concludere accordi su base garantita con uno specifico volume concordato per un determinato arco temporale. La promessa, in questo caso, non è soltanto rendere decisamente più efficienti le vendite tradizionali, ma anche consentire, per la prima volta, che i dati entrino a far parte dei relativi accordi, proprio come è avvenuto per i mercati privati non garantiti.
Attraverso piattaforme -come quella di Rubicon Project- siano esse garantite o meno, i pacchetti possono essere segmentati per area geografica e messi a disposizione degli acquirenti in tutto il mondo nello spazio di qualche minuto.

  • Globalizzazione

Giungiamo inevitabilmente alle piattaforme di scambio globali.
Ne sono state annunciate tante, non da ultimo da parte di News Corp, Viacom, Turner e Future.
I commentatori hanno descritto le piattaforme di scambio globali come uno strumento per riconquistare il controllo strappandolo dalle mani di terzi e consolidare le offerte commerciali o anche come prova del fatto che gli editori si stanno riappropriando del destino della loro azienda.
Tutto questo può essere vero. Nondimeno, le piattaforme di scambio globali sono sicuramente chiamate, in primo luogo, ad assicurare che il digital advertising tenga fede alla sua promessa iniziale: massimizzare i ricavi degli editori premium, indipendentemente dall’ubicazione della loro audience.

  • Il ruolo fondamentale delle cooperative

Lo stesso potrebbe dirsi per il fenomeno delle cooperative di editori, diffusosi a livello mondiale dopo la prima, La Place Media, lanciata sul mercato francese nel settembre 2012. Dopo aver assistito all’introduzione di iniziative analoghe sulla nostra piattaforma in altri mercati, tra cui progressivamente Danimarca, Repubblica Ceca, Grecia e Italia, è nata Pangaea Alliance, che in sé riunisce la forza di The Guardian, CNN, FT, Reuters e The Economist.
Apparentemente, le cooperative esistono affinché i venditori premium possano mettere insieme inventario e dati per poter competere più efficacemente con colossi digitali come Google e Facebook. E Pangaea è probabilmente la prima cooperativa a rivolgersi specificamente alla monetizzazione di un’audience veramente globale. Con il 20% della sua audience mondiale nella fascia C-Suite/Senior Management, Pangaea si pone infatti come “la soluzione perfetta per le campagne pan-regionali”.

  • L’importanza delle risorse umane

Tutte le principali cooperative hanno investito in personale esperto dedicato. Va infatti ricordato che la monetizzazione globale non può essere raggiunta attraverso la sola tecnologia.
Ciò vale soprattutto per i formati, le opportunità di targeting e i collocamenti premium più interessanti, che spesso riguardano un inventario disponibile, in larga misura, solo attraverso mercati privati, accordi garantiti o cooperative.
Sembra quasi uno stereotipo dirlo, ma la pubblicità automatizzata ha ancora bisogno di persone, e proprio per questo ci aspettiamo che gli stessi editori assumano più esperti di vendite e analisti globali.

Dopo anni di crescita digitale ripartita in maniera disomogenea tra ricavi pubblicitari nazionali e internazionali, le cooperative, le piattaforme di scambio globali e la pubblicità automatizzata garantita avrebbero potuto portare a un approccio più agile e intelligente?
Nella comunità dei brand , i trading desk delle agenzie con target continentale sono già consolidati; si pensi ad esempio a Vivaki EMEA e Amnet EMEA. Ma si potrebbe affermare lo stesso per la comunità di editori?

Grazie alla tecnologia della pubblicità automatizzata, è possibile che il punto debole degli editori nelle vendite globali inizi a trasformarsi in un elemento di forza.

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