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Pubblicità locale: in cosa e in che modo si investe?

Pubblicità locale: in cosa e in che modo si investe?

Uno studio mostra in che direzione va la pubblicità locale e come gli ambienti digitali hanno cambiato le abitudini dei piccoli investitori.

In quale direzione sta andando la pubblicità locale? E come gli ambienti digitali hanno cambiato le abitudini di investimento nell’advertising e nelle attività di promozione degli investitori più piccoli? A rispondere a queste e simili domande ci prova uno studio della Borrell, media agency specializzata nel digitale.

I risultati mostrano un quadro profondamente cambiato rispetto a qualche anno fa e, soprattutto, caratterizzato dal prevedibile passaggio dall’analogico al digitale: gran parte dei budget prima riservati alla pubblicità “tradizionale” su quotidiani e tv locali, infatti, viene oggi investita per sviluppare strategie di digital marketing.

A sorprendere, ma solo in parte, è il protagonismo anche in questo campo di Facebook. Almeno il 90% delle attività locali ha, infatti, oggi una pagina sul social di Zuckerberg e almeno il 62% ha investito in Facebook Ads, percentuale doppia rispetto a quella dello scorso anno e maggiore di quella degli investimenti complessivi su altri ambienti come Google, Twitter e LinkedIn. Quello che conta di più è che la stragrande maggioranza (il 90%) di chi ha investito in pubblicità su Facebook è soddisfatta della sua scelta: ciò è servito, infatti, principalmente a trovare nuovi clienti, cosa del resto impossibile facendo affidamento sul solo sito aziendale.

Non stupisce quindi se, come confermato dalla Borrell, anche gli investitori locali prevedono di aumentare i budget per il digitale. Almeno il 40% delle imprese locali, infatti, conterebbe per il 2017 di investire di più nella propria strategia digitale, nella cornice di un solo 15% di soggetti che punterebbe a incrementare il budget complessivo dedicato alle attività di promozione e advertising. A fare le spese di questo passaggio al digitale sembrerebbero essere, dunque, anche nel caso della pubblicità locale, soprattutto quotidiani e periodici: TV e radio, infatti, da sempre resistono meglio all’erosione della spesa in attività pubblicitarie.

I motivi che spingerebbero anche le attività locali e i piccoli investitori a preferire il digitale secondo la Borrell hanno a che fare con la grande disponibilità di dati e insight sui propri clienti, la facilità di investimento e la possibilità di tracciare (ed eventualmente riformulare) ogni fase della campagna. Senza contare che la pubblicità online, e più nello specifico quella sui social, è quella in grado di garantire oggi il miglior rapporto qualità/ prezzo , se ben gestita ovviamente.

Non tutto è perduto, però, per i media tradizionali. Come si è detto, infatti, TV e radio hanno ancora un peso rilevante in termini di investimenti pubblicitari e quasi la metà delle attività locali si dice propensa a mantenerle nel proprio marketing plan. Meno buona la situazione di giornali e riviste locali che, anche nella loro versione online, continueranno ad aver destinate risorse pubblicitarie solo nel 28% dei casi. Una nota curiosa arriva dalla Borrell proprio in merito alla pubblicità su quotidiani e riviste a diffusione locale: gli spazi pubblicitari al loro interno vendono per lo più tramite i reparti commerciali e i loro addetti e, inoltre, la media di telefonate mensili finalizzate allo scopo è cresciuta da un 14.7 dello scorso anno al 23.7 di questo.

Il grande controsenso rilevato dallo studio in questione è, per finire, la mancanza di una solida cultura digitale tra gli investitori. Nonostante il desiderio di investire nel campo, cioè, le piccole imprese dichiarano di aver bisogno di aiuto con il sito e gli account social, specie nella definizione di una strategia di marketing digitale. Cosa serve loro? Conoscere di più e meglio i propri clienti e i loro bisogni, offrire prodotti e servizi tailor made, giocare sulla fiducia e la credibilità.

Che ruolo possono ancora riservarsi, allora, in una simile cornice i media locali più tradizionali? «Sta succedendo loro esattamente quello che successe ai fabbri secoli fa – commenta il CEO della Borrell – quando vennero introdotte le automobili. Allora ci fu chi continuò a credere che la loro attività fosse solo forgiare ferri da cavallo. Altri, invece, si misero nell’ottica di dover soddisfare le esigenze di spostamento della comunità, cominciando a lavorare sui motori a benzina o mettendo su distributori di benzine e in qualche caso persino concessionarie di automobili. Se i media locali imparano a definire il proprio ruolo nell’ottica di servizio alle esigenze del mercato troveranno di certo nuove vie di sopravvivenza». 

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