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Quotidiani online, c'è il riconoscimento giuridico: quali le implicazioni critiche?

Quotidiani online, c'è il riconoscimento giuridico: quali le possibili implicazioni critiche?

La legge di riforma dell'editoria introduce finalmente un espresso riconoscimento per i quotidiani online, ma i punti oscuri non mancano.

Tra le molteplici innovazioni che l’avvento e la diffusione di Internet hanno determinato c’è sicuramente la radicale rinnovazione del sistema dell’informazione.

Senza arrivare agli estremi del singolo che si fa informatore attraverso quegli strumenti di divulgazione real time messi a disposizione principalmente dai  social network , infatti, è comunque innegabile che le possibilità offerte dal web siano state di portata epocale.

In questo contesto, quindi, ben si comprende la diffusione esponenziale che hanno avuto i cd. quotidiani online, espressione con cui però finora si indicava una congerie estremamente eterogenea di soggetti assimilati semplicemente dal fatto di produrre contenuti di natura latamente informativa.

Quella del proliferare incontrollato (e fino ad oggi indisciplinato) delle “emittenti“, peraltro, è una questione che si lega al quantomai attuale problema della tutela del corretto funzionamento del sistema dell’informazione. Come dimostrano alcuni studi, infatti, sussiste da parte dei lettori una accentuata difficoltà di discernere, nel mare magnum dei contenuti che è possibile rinvenire in Rete, ciò che è realmente “informazione” da ciò che è invece pura e semplice “bufala“, con tutte le possibili conseguenze in termini di distorsione (se non manipolazione) degli umori dell’opinione pubblica.

La legge riforma dell’editoria: professionalità e riconoscimento giuridico

Sebbene anche i social network (attraverso cui molto spesso la disinformazione viene veicolata) stiano studiando delle “contromisure” per contrastare un fenomeno oramai dilagante, non c’è dubbio che la problematica non possa essere (ulteriormente) ignorata dai legislatori nazionali ed internazionali.

In questo senso, sicuramente da salutare con favore è la recente novella (L. 4 ottobre 2016, n. 198) con cui il Parlamento italiano, nell’ambito di un più ampio progetto di riforma dell’editoria votato alla valorizzazione della professionalità, ha dettato disposizioni interessanti proprio con riferimento al problema dei quotidiani online.

La legge, infatti, interviene a fornire una definizione giuridica di quel che deve intendersi per giornale online. Precisamente, infatti, ai sensi del nuovo art. 1 co. 3-bis della L. 62/2001 (così come modificato proprio dalla legge di riforma), sarà tale quella testata giornalistica

a) che risulti regolarmente registrata presso una cancelleria di tribunale;

b) il cui direttore responsabile sia iscritto all’Ordine dei giornalisti, nell’elenco dei pubblicisti ovvero dei professionisti;

c) che pubblichi i propri contenuti giornalistici prevalentemente on line;

d) che non sia esclusivamente una mera trasposizione telematica di una testata cartacea;

e) che produca principalmente informazione;

f) che abbia una frequenza di aggiornamento almeno quotidiana;

g) che non si configuri esclusivamente come aggregatore di notizie.

Una definizione normativa per i quotidiani online: novità importante o fonte di criticità?

Sicuramente l’introduzione di una definizione normativa per i quotidiani online rappresenta un intervento legislativo apprezzabile negli intenti. Attraverso di esso, infatti, per un verso si conferisce piena dignità, anche normativa, alla attività di quegli operatori dell’informazione che, pur non appartenendo ai media tradizionali, contribuiscono a pari titolo alla attuazione di quel diritto ad essere informati sancito dall’art. 21 della Costituzione.

Per altro verso, poi, si opera – in linea con quella tendenza alla professionalizzazione cui si faceva riferimento – una distinzione tra ciò che può e deve essere annoverato come vero giornalismo e ciò che invece non lo è, aiutando così anche gli utenti a orientarsi in ordine alla affidabilità delle fonti.

E, tuttavia, proprio rispetto alla capacità concreta della definizione formulata dal legislatore di raggiungere questo secondo obiettivo (cd. funzione classificatoria della definizione) emergono non pochi dubbi.

Se, infatti, non pongono particolari problemi i requisiti previsti dalla lettera “a”  (registrazione), “b” (iscrizione del direttore responsabile) e “d” (mera trasposizione di una testata cartacea), molto più evanescenti si appalesano gli altri requisiti.

Ad esempio alla lettera “c” si richiede che la testata pubblichi “prevalentementeonline, ma come si può in concreto verificare la sussistenza di questo requisito? Devono essere prese in considerazione tutte le pubblicazioni effettuate dalla testata fin dalla sua nascita, oppure solo quelle a far data dal momento dell’iscrizione? Ma, soprattutto, il criterio di prevalenza va inteso in senso quantitativo (50% +1 dei prodotti editoriali) o in senso qualitativo, ovverosia tenendo conto della portata della notizia? Ad esempio, è possibile che, a fronte di alcune estese pubblicazioni di approfondimento (ad es. focus) su carta stampata, vengano pubblicate ogni giorno online svariate breaking news: in questo caso si può parlare di quotidiano online o prevalgono (qualitativamente) l’apporto e la natura cartacei?

Lo stesso ragionamento in termini critici può valere per il requisito di cui alla lettera “e”: cosa vuol dire che il soggetto editoriale deve occuparsi “principalmente” di informazione? Cos’è informazione e cosa non lo è? In senso etimologico, ad esempio, anche la pubblicità (che forse il legislatore vuol contrapporre al concetto in esame) esplicita una informazione (appunto l’informazione pubblicitaria). In senso più ampio, comunque, il contenuto di ogni comunicazione è l’informazione veicolata, dunque risulta davvero difficile comprendere a che cosa abbia inteso riferirsi il legislatore.

Ancora, abbastanza oscuro è il requisito richiesto alla lettera “f”: per quale motivo occorre un aggiornamento almeno quotidiano? Si è voluto, con tale precisazione, forse tagliar fuori i blog  dal novero e operare un richiamo al quotidiano cartaceo che, per l’appunto, ha cadenza editoriale giornaliera. Ma si tratta di una previsione sensata? Probabilmente no, considerando da un lato che anche i blog ben potrebbero essere aggiornati con cadenza quotidiana, dall’altro che tale requisito pregiudica – senza apparenti ragioni – quelle strutture editoriali online che, magari divulgando contenuti specialistici o particolarmente ricercati (e che abbisognano di tempi lunghi per la preparazione) non riescono a raggiungere la soglia giornaliera di aggiornamento, senza che per questo si possa dire che non facciano informazione. Al limite la soluzione sarebbe stata accettabile se, di fianco alla consacrazione dei quotidiani online vi fosse stata anche quella dei periodici online.

Da ultimo, poi, esiste il problema degli “aggregatori“. Con questa espressione il legislatore verosimilmente si è voluto riferire a quei soggetti che non producono contenuti editoriali originali, ma si limitano a fungere da collettore, raggruppando le notizie fornite da più fonti rispetto ad una o più tematiche e mettendoli a disposizione dell’utente. È chiaro che qui l’intento è quello di valorizzare il diritto d’autore, negando il riconoscimento giuridico a quei soggetti che si limitano a redistribuire pubblicazioni altrui. Ma possiamo davvero dire che tale scopo viene conseguito attraverso la previsione in esame? Probabilmente no.

Ancora una volta, infatti, il legislatore non si preoccupa di puntualizzare quale sia il criterio attraverso cui individuare gli “aggregatori”. E allora ci si può chiedere: come e quando determinata notizia, pur fondandosi su una fonte esterna, non è da considerarsi come meramente “aggregata”? È sufficiente “rielaborarla” o occorre che abbia un contenuto sostanzialmente originale?

E ancora: perché venga meno lo status di aggregatore quale numero di notizie originali occorre? L’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente” da parte del legislatore, infatti, sembrerebbe suggerire che siano da considerarsi tali solo quei soggetti la cui attività sia integralmente connotata dalla riproposizione di contenuti altrui. Dunque basterebbe anche una sola notizia originale per escludere la condizione ostativa e consentire il riconoscimento del quotidiano online? Si badi, ovviamente, che se così fosse la previsione sarebbe sostanzialmente inutile, in quanto la sua elusione risulterebbe oltremodo semplice.

In conclusione, quindi, sebbene vada salutato con favore l’ammodernamento della legislazione in materia editoriale, sicuramente la definizione introdotta con riferimento ai quotidiani online desta non poche perplessità. Sarà quindi compito della prassi amministrativa e giurisprudenziale risolvere tutte le criticità che, verosimilmente, sorgeranno.

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