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Gli italiani hanno diete mediatiche sempre più varie e considerano ormai irrinunciabile il digitale, dice il CENSIS

Con il consueto Rapporto sulla comunicazione, il CENSIS indaga l'effetto della pandemia sul rapporto degli italiani con i media: l'insight principale è un passaggio massivo al digitale da cui non si torna indietro.

Ha un titolo evocativo il Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021: “I media dopo la pandemia” è la formula con cui l’istituto di ricerca ha provato a sintetizzare lo sforzo di indagare come l’emergenza sanitaria e i suoi effetti a largo spettro hanno inciso anche sulle diete mediatiche degli italiani.

Già il boom di traffico Internet nei primi giorni di lockdown e l’exploit di acquisti online durante la quarantena erano apparsi agli occhi degli addetti ai lavori i primi segnali di come la pandemia avrebbe cambiato le abitudini digitali delle persone. Con uno sguardo più prospettico, il rapporto in questione arriva ora a ratificare cosa è avvenuto negli scorsi mesi quanto a consumi mediatici. Lo fa, peraltro, confermando un trend già emerso a partire dall’edizione 2019 dell’indagine CENSIS: le diete mediatiche degli italiani sono sempre più segnatamente all’insegna della crosscanalità.

Gli italiani sarebbero affezionati a vecchi media come la TV, ma farebbero un uso sempre più massivo di Internet

In Italia continua a crescere stabilmente persino il consumo di quello che è probabilmente il più tradizionale tra i media considerati “tradizionali”: la televisione. Secondo il Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021, più nel dettaglio, quest’anno avrebbero guadagnato utenti sia la “vecchia” TV in digitale terrestre e via cavo (entrambe registrano un +0.5% rispetto al 2019) e sia soprattutto web TV, smart TV (+7.4%) e mobile TV (+5.2%).

Molti altri studi hanno già provato la “resilienza” della radio e la sua capacità di resistere alla digital disruption di questi anni. Alcuni si sono soffermati sull’indagare come sono cambiati gli ascolti radio durante la pandemia, accorgendosi soprattutto di come le restrizioni agli spostamenti avessero rimediato il classico drive-time (che anche secondo l’ultimo Rapporto CENSIS ha perso il 3.6% in utenza) in sofà-time, ossia in un ascolto della radio più ludico e votato all’intrattenimento.

Sempre più spesso si tratta di un ascolto effettuato via Internet (per almeno un italiano su cinque) o che avviene attraverso lo smartphone (per quasi il 24% del campione). Secondo il CENSIS, però, il futuro della radio sarebbe sempre più anche nella radiovisione.

Naturalmente il Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021 non avrebbe non potuto notare anche un uso sempre più diffuso in Italia di Internet (che raggiunge oggi un’utenza dell’83.5%, segnando un +4.2% rispetto alla rilevazione precedente), anche e soprattutto via mobile (è anzi l’uso di Internet via smartphone a segnare una crescita record, del 7.6%, rispetto al 2019).

Buone sono le notizie anche per l’editoria: cresce, seppure lievemente (+1.7%), il numero di chi ha letto almeno un libro nel corso dell’anno e cresce anche, con ritmi leggermente più sostenuti (segna infatti un +2.6% rispetto al 2019), il numero di chi legge eBook.

Solo i media a stampa non sembrano aver giovato di un consumo massiccio e incrementale di media durante i lockdown, le quarantene, le restrizioni anticontagio degli scorsi mesi. I quotidiani hanno perso quest’anno almeno l’8% di lettori e qualcosa di simile è accaduto anche per mensili (-7.8%) e settimanali (-6.5%).

rapporto censis sulla comunicazione 2021 media con più utenti in Italia

Quali media hanno visto crescere la propria audience durante la pandemia e quali, invece, diminuire il numero di utenti in Italia? Fonte: CENSIS

Come e su cosa si informano gli italiani

Dati come gli ultimi hanno il contraltare in evidenze come quelle secondo le quali gli italiani hanno privilegiato per informarsi – o, meglio, per orientarsi nell’ infodemia di notizie non sempre verificate e attendibili sulla pandemia e la sua evoluzione – soprattutto telegiornali e social network .

I primi sono fonte primaria di informazione per almeno il 60% degli intervistati per il Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021: a privilegiarli è soprattutto, con poca sorpresa, la fascia dei 65-80enni (qui la percentuale di italiani che si informa tramite TG sale a oltre il 73%); in questi due anni però è cresciuto, seppure lievemente (+1.9%), anche il numero di giovani tra i 30 e i 44 anni che ascoltano i TG per informarsi.

Quanto ai secondi, è Facebook la piattaforma più frequentata dagli italiani che si informano principalmente e primariamente tramite i social network. Sono soprattutto giovani tra i 30 e i 44 anni (almeno il 39.5%), ma rispetto alla ultima rilevazione CENSIS è in leggero calo (-1.3%) anche sul social di casa Zuckerberg l’utenza a scopo informativo.

Più che in passato, forse per poter restare continuamente aggiornati e in tempo reale sull’andamento della pandemia nel primo caso e per poter ottenere risposte più precise e personalizzate ai propri dubbi sulle notizie del giorno nel secondo, gli italiani sembrano aver cercato notizie in questi due anni anche su canali TV all news (in crescita, quanto ad audience, del +2.9% rispetto al 2019) e su motori di ricerca come Google (cresciuto in media del +2.2%, tra i giovani del +3.7%).

La politica resta la «regina» – così la definisce il CENSIS – tra le categorie di notizie più apprezzate dagli italiani (con il 39.7% del campione che si dice interessato alle news sul tema).

Inevitabilmente, però, è aumentata negli ultimi due anni la voglia di approfondire notizie sull’andamento della pandemia e sulle novità riguardanti vaccini e cure contro il COVID-19 che ha trascinato con sé anche il più generale interesse verso le notizie scientifiche (a cui oggi si dice interessato oltre il 33% del campione del Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021, il 5.7% in più rispetto al 2019).

Comunicare la scienza in Rete, in TV, sui giornali e nei media in generale ha portato a un’inusuale sovraesposizione di medici, ricercatori, sanitari, virologi: non molto d’accordo (anzi quasi letteralmente divisi a metà) sembrano essere gli italiani su se giudicare la stessa in maniera positiva o negativa. Tra i primi c’è chi ha apprezzato soprattutto il modo in cui medici e scienziati hanno fornito in questi mesi indicazioni utili su come comportarsi correttamente (su questo si dice d’accordo il 15.5% del campione) o per meglio comprendere quello che stava succedendo (38.7%). Chi ha espresso un giudizio negativo riguardo alla presenza sui media di medici e professionisti sanitari si è detto convinto che gli stessi hanno procurato allarme (nell’11.4% dei casi) e creato confusione e disorientamento (34.4%).

Informarsi o restare in contatto con i propri familiari, amici e conoscenti sembrano comunque usi piuttosto “classici” di Internet. Questa attività ha convinto negli ultimi due anni a stare in Rete anche sempre più anziani: almeno il 9.4% in più rispetto alla rilevazione CENSIS precedente, risultati che sembrano in linea con quelli di altri studi su italiani e digitale, italiani e social media.

La pandemia ha accelerato l’adozione pervasiva del digitale in Italia come emerge dal Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021

Se il Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021 parla della pandemia come di un «potentissimo fattore di accelerazione del paradigma biomediatico» è perché negli ultimi due anni la Rete e più in generale il digitale sono diventati pervasivi nello svolgimento delle più innumerevoli attività quotidiane (e anche indispensabili a tale scopo) per un numero sempre più alto di persone, anticipando e accelerando un punto di svolta che altrimenti sarebbe avvenuto solo qualche anno più tardi.

Molto più pragmaticamente, negli ultimi due anni gli italiani si sono ritrovati a fare ricorso alla Rete per trovare informazioni su aziende, prodotti, servizi (lo ha fatto quasi il 65% del campione CENSIS), trovare strade o località (54.3%), fare acquisti (51.6%), ascoltare musica (48.1%), svolgere operazioni bancarie (46.6%), frequentare corsi scolastici, universitari o di formazione (con un +8,9% rispetto al 2019), prenotare visite mediche (+4,8%).

Tanto pervasiva è stata per gli italiani, tra l’altro, la necessità di connettersi a Internet e sfruttare servizi digitali che, mentre la spesa per i consumi subiva un generale diminuzione, la spesa per l’acquisto di elettronica di consumo come PC portatili, device digitali, smartphone ed equipaggiamento telefonico è notevolmente incrementata. Solo in smartphone sono stati spesi nell’ultimo anno complessivamente 7.2 miliardi di euro e nella categoria di accessori per cellulari si è registrato, nello stesso arco di tempo, un incremento medio della spesa di oltre l’89%.

spesa per i consumi mediatici in italia

Neanche la pandemia e la contrazione dei consumi hanno frenato la crescita della spesa per PC, smartphone, accessori per cellulari e ogni altro device digitale. Fonte: CENSIS

Secondo il Rapporto CENSIS sulla comunicazione 2021, comunque, anche quando lo stato d’emergenza sarà cessato gli italiani difficilmente saranno disposti a rinunciare a nuove abitudini come potersi rapportare telematicamente con la pubblica amministrazione, ottenendo direttamente online certificati e documenti di ogni tipo (su questo si dice d’accorso almeno il 38% del campione), comprare dagli ecommerce (29.9%), far ricorso a home banking e mobile banking (24.3%) o alle consegne a domicilio (24.2%).

Più di un italiano su cinque (tasso che sale al 28.6% tra i più giovani dai 30 ai 44 anni) non sarebbe disposto a tornare più indietro neanche sullo smart working e sulle modalità di lavoro flessibili e lavoro da remoto .

nuove abitudini digitali degli italiani censis

Grazie al digitale durante la pandemia sono cambiate molte abitudini degli italiani, cambiamento che potrebbe protrarsi ben oltre lo stato di emergenza. Fonte: CENSIS

Ci saranno problemi culturali, oltre che infrastrutturali, da affrontare dopo l’emergenza e perché l’Italia possa dirsi davvero digitale

Sicuramente una volta passato lo stato d’emergenza e per poter rendere più strutturale il passaggio all’Italia digitale bisognerà fare i conti con un certo digital divide di cui la pandemia si è fatta rivelatrice e che è nel Paese legato a fattori culturali ed educativi, prima e oltre che (infra)strutturali.

Basti pensare al divario che si nota nell’adozione dell’identità digitale: è vero che quasi la metà della popolazione italiana ha già attivato lo SPID, ma è vero anche che si tratta perlopiù di persone che vivono nelle grandi aree metropolitane del paese (così è per il 59.5% del campione) e con più elevati titoli di studio (tra diplomati e laureati la percentuale sale al 61.6%).

Anche l’atteggiamento degli italiani nei confronti del digitale sarà un elemento con cui fare i conti, almeno nel lungo periodo. C’è, infatti, certamente una larga fetta del campione CENSIS che si dice consapevole che le tecnologie hanno permesso negli ultimi due anni di provvedere alle proprie necessità (è così per il 58.6% degli intervistati), aiutato a mantenere le relazioni sociali (55.3%) e reso possibile studiare, lavorare (55.2%) o scoprire cose nuove e inaspettate (52.9%).

Non mancano, però, gli italiani che già adesso si sentono stanchi del continuo uso dei dispositivi digitali e vorrebbero «staccare la spina» (52.8%) o si dicono convinti che smartphone e simili «rubano» troppo tempo (32.2%) o addirittura creano dipendenza per come rendono incapaci di disconnettersi (22.8%).

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