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Facebook Reaction: dai numeri alle ragioni del successo

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Qual è l'obiettivo dell'introduzione delle Facebook Reaction e come funzionano? Alcuni dati e ragioni del successo.

Chi ricorda un Facebook fatto di like è, con ogni probabilità, un utente della prima ora. Prima dell’introduzione delle Facebook Reaction, nel febbraio 2016, il pollice alzato era infatti l’unico modo – insieme ai commenti e alla condivisioni – che gli iscritti avevano per interagire con i post degli amici e delle pagine che seguivano e con tutto quello che arrivava loro in bacheca. Cosa spinse il team di Zuckerberg a questa piccola rivoluzione delle Reazioni?

Quando un like non basta: così nascono le Facebook Reaction

Un bisogno sempre più distintamente avvertito da parte degli iscritti di avere a disposizione qualcosa di più di un semplice like per esprimere al meglio le proprie sensazioni rispetto ai contenuti in cui si imbattevano su Facebook. Lo stesso Zuckerberg raccontò, infatti, in un post come «da anni la gente ci chiede di aggiungere un tasto Non mi piace. Non tutti i momenti sono buoni e in qualche caso serve solo mostrare empatia. Sono momenti in cui il semplice like potrebbe non essere il modo migliore per esprimersi». Da ciò l’idea, appunto, di un intero set di Facebook Reaction che aiutasse a esprimere amore, ironia, tristezza: scorrendo sull’iconico pollicione è ormai possibile scegliere tra una serie di faccine dalle espressioni che richiamano amore, divertimento, stupore, tristezza, arrabbiatura e interagire tramite queste ai post e non solo. Chi ha parlato di una sorta di «invasione di Reaction», del resto, non può che far riferimento al fatto che, contro ogni previsione iniziale, le Facebook Reaction sono state rese disponibili progressivamente anche per i commenti, i messaggi scambiati su Messenger all’interno di singole conversazioni o di chat di gruppo. Rendere di nuovo Facebook un posto più a misura di persone, infatti, non è solo l’intento dichiarato di Menlo Park: la maggior parte degli aggiornamenti e delle nuove funzionalità va in questa direzione e prova a risolvere concretamente i problemi degli iscritti.

Problemi come la necessità di avere, appunto, una via d’interazione pratica, veloce e ideale anche quando si utilizza lo smartphone in mobilità. Non è certo un mistero, infatti, che un numero sempre crescente di accessi ai social arrivi da app e mobile: già prima dell’introduzione delle Facebook Reactions ci si accorse, per esempio, che da quando era possibile utilizzare gli adesivi nei commenti, gli utenti li preferivano alle reazioni scritte, forse «per ovviare alla difficoltà di utilizzare le tastiere alfanumeriche mentre si cammina o si è in movimento», scrisse allora il team. È facile capire, allora, quanto funzionali promettevano di essere le Reazioni.

Perché e come funzionano le Reazioni su Facebook

Come le emoji, di cui sono anche graficamente parenti, le Facebook Reaction del resto hanno dalla loro una forte densità semantica: sono immediatamente comprensibili, non lasciano spazio a cattive interpretazioni, sono universalmente valide e risolvono persino difficoltà idiomatiche. Soprattutto hanno una componente antropomorfa che, non solo risulta attraente, ma anche di più facile interpretazione.

È presto spiegato allora perché, oltre a Facebook, anche altri social network abbiano fatto ricorso nel tempo alle Reazioni. Paradigmatica è la vicenda di Twitter: da anni c’è chi parla di una crisi endemica che da Dorsey e co. provano a risolvere con strategie più o meno riuscite. Strategie come quella che, nell’autunno del 2015, trasformò il social dei cinguettii in un posto sempre più simile a Facebook, a partire appunto dall’introduzione di un cuore che permetteva di esprimere l’apprezzamento di un utente per un tweet. Si trattò, anche in quel caso, di una piccola rivoluzione: prima di allora i twitterer erano abituati, infatti, a una grammatica di retweet e stelline che servivano per lo più a salvare tra i preferiti i tweet considerati più interessanti. I risultati? Sembrarono concreti: dei dati ufficiali di Twitter parlarono, infatti, di un incremento del 6% dell’uso del tasto da quando i preferiti furono sostituiti dai like e la ragione fu identificata, oltre che nella maggiore familiarità con un linguaggio già utilizzato da molte piattaforme diverse, nel fatto che «il cuore è un simbolo universale, è molto più inclusivo. La stella, invece, può creare confusione, specialmente per i nuovi utenti: sono tante le cose che possono piacerti, ma non tutte possono essere le tue preferite».

Le Facebook Reaction cambieranno la composizione del Feed?

Uno degli interrogativi più frequenti è , comunque, quanto le Facebook Reaction incidono nel determinare la composizione del feed. Non esistono certezze a proposito, nonostante da Facebook sembrano lavorare per far in modo che le Reazioni lasciate a un post, a un commento incidano profondamente nella tipologia di contenuti da mostrare all’utente. Come spiega Mashable, del resto, il sentiment di chi reagisce a un post con un cuore e quello di chi usa una faccina triste sono molto diversi e dicono qualcosa di molto diverso rispetto alla volontà di continuare a interagire con contenuti simili. L’ipotesi più estrema allora è che, basandosi proprio sulle Reazioni degli utenti, dalla piattaforma riescano a filtrare, in maniera quasi perfettamente personalizzata, le informazioni che arrivano all’utente, precipitandolo in un bolla auto-confermativa e dando ragione a tutte le teorie che hanno voluto nel tempo i social come regni dell’omofilia, dove il dissenso era reso letteralmente impossibile dalla mancanza di un bottone come il «Non mi piace». Difficile immaginare se sarà effettivamente così: di certo c’è che gli insight provenienti dalle Facebook Reaction potrebbero aiutare a veicolare comunicazioni mirate e quanto più personalizzate possibili, una task essenziale in un’era di attenzione limitata.

Tra strategia e dubbi etici: alcuni dati sull’uso delle Facebook Reaction

D’altro canto, non si può ignorare nemmeno che, per chi ha una pagina Facebook collegata a un business di qualunque tipo esso sia, i dati che provengono dalle Reazioni possano essere strategici. Si pensi, per esempio, a come facilitino il monitoraggio delle conversazioni social in cui è coinvolta la propria attività, il proprio prodotto, il proprio servizio o a come rendano facile anche avere un’idea del loro sentiment. Certo, il risvolto della medaglia sono preoccupazioni anche consistenti rispetto alla privacy e al corretto trattamento di dati personali e sensibili degli utenti.

Preoccupazioni che non sembrano, tuttavia, non essere tra le prerogative degli stessi iscritti. Un anno dopo il lancio, infatti, da casa Zuckerberg avevano rilasciato dei dati sull’uso delle Facebook Reaction che sottolineavano come le nuove reazioni fossero state usate almeno trecento miliardi di volte: un numero solo in apparenza esagerato, se si considera che ogni minuto vengono scambiati su Facebook circa 4 milioni di like. La Reazione in assoluto più utilizzata? Il cuore, che rappresenta circa la metà delle Reazioni utilizzate in totale, seguito solo a distanza dalla faccina arrabbiata.

facebook reaction dati utilizzo

Fonte: SocialMediaToday

La giornata in cui è stato utilizzato il numero più alto di reazioni è stata, invece, quella del Natale 2016 e sembrano esserci Paesi – come il Messico, il Cile o il Suriname – i cui utenti sono più propensi di altri a utilizzare le Reazioni. Non solo una strategia acchiappa utenti nel tentativo di riportare le persone sulla piattaforma e di fronte alle previsioni di una crisi dei social: le Facebook Reaction sembrano avere anche l’intento di parlare a un pubblico amante delle operazioni in tempo reale e che vuole lasciarsi intrattenere e sorprendere dalle piattaforme su cui vive, obiettivo in cui sembrano essere riusciti per esempio i set di Reazioni speciali per la Festa della Mamma, Halloween o il mese dei Gay Pride.

facebook reaction halloween

Le Facebook Reaction per Halloween.

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