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Arrivano i Real Meal di Burger King: perché "Non si può essere sempre felici. E va bene così"

Real Meal di Burger King: arrivano i

Il Real Meal di Burger King (versione realistica dell'Happy Meal) nasce come campagna per promuovere la salute mentale: lo spot e le critiche

È un “pasto realistico” quello proposto dalla nota catena americana di fast food che presenta, così, i nuovi menu “tristi”, “arrabbiati”, “infastiditi”: insomma, tutto tranne che felici. I Real Meal di Burger King sono un riferimento esplicito – e, se vogliamo, la versione realistica – del leggendario e globalmente diffuso Happy Meal di McDonald’s, ma rappresentano in realtà anche una campagna di sensibilizzazione sulla salute mentale.

Real Meal di Burger King: perché nella vita reale non siamo sempre “happy”

Burger King ha introdotto i «pasti veri», cioè cinque nuove scatole dedicate ognuna a uno stato d’animo diverso, non necessariamente felice: ci sono così l’arrabbiato (il menu “Pissed“), quello triste (chiamato “Blue“), quello infastidito (il menu “Salty“), quello molto soddisfatto (“YAAAS“) e quello all’insegna del “non me ne importa niente”, che prende il nome dall’acronimo “DGAF” (che sta, letteralmente, per “Don’t Give A F***“).

Osservando il packaging in maniera superficiale, questa potrebbe sembrare soltanto un’altra delle strategia del brand per distaccarsi o per sfidare il principale competitor: la querelle tra McDonald’s e Burger King, infatti, va avanti da molti anni e i nuovi menu di quest’ultima azienda sembrerebbero, a prima vista, un ulteriore “dispetto” tra giganti del fast food. Burger King, però, è andato oltre, partendo dal classico pasto felice” o Happy Meal di McDonald’s per ricordare che in realtà non tutti i pasti sono felici o, meglio, che nella vita reale non si può essere sempre felici e che è normale sentirsi diversamente, a volte.

Disponibili a tempo limitato in alcuni ristoranti americani, tra cui quelli di Los Angeles, Miami e New York, i Real Meal di Burger King sono stati ideati per promuovere il dibattito sulla salute mentale. Con i nuovi menu e il chiaro riferimento alla comunicazione del competitor , Burger King infatti si è avvicinato a un tema molto importante che riguarda una sorta di “ossessione” – o comunque una smodata ricerca – per la felicità, i pensieri positivi, i momenti felici e, più genericamente, per una vita perfetta. Se i social network hanno in parte alimentato questo desiderio di “apparire sempre felici”, anche i media tradizionale e le aziende hanno portato avanti questa tendenza nelle proprie strategie di marketing.

Con lo spot #FeelYourWay, creato per promuovere la campagna, Burger King ha manifestato il proprio sostegno alla missione di Mental Health America, una delle più importanti organizzazioni di supporto alla salute mentale negli Stati Uniti.

#FeelYourWay: lo spot, la campagna e le critiche

«Non tutti si svegliano felici. A volte ti senti triste, spaventato, uno schifo»confessa il primo ragazzo nel video della campagna. I motivi possono essere tanti, come si vede all’interno dello spot in cui un giovane ammette di essersi stancato di vivere con i genitori oppure una ragazza piange perché vittima di bullismo o, ancora, una giovane mamma dichiara di essersi stufata di sentirsi dire che è troppo piccola per crescere una bambina. Nello spot, così, compaiono diversi personaggi che, al ritmo di una canzone sul tema, esprimono le proprie ansie, paure e i propri sentimenti di frustrazione relativi a diversi problemi della vita.

#FeelYourWay, dunque, è il nome dello spot che illustra il messaggio principale della campagna, ovvero rendere consapevoli gli individui della pressione spesso imposta dalla società e della difficoltà nel gestire sempre tutto con un “sorriso in volto”.

Nonostante lo scopo sociale, questa campagna si aggiunge alle strategie comunicative della catena che hanno generato molte polemiche, per prima cosa, in questo caso specifico, per l’associazione di un brand del fast food alla salute.

Molti utenti, poi, si sono chiesti se l’iniziativa in questione fosse coerente con la politica interna dell’azienda nei confronti dei dipendenti, in merito soprattutto a questioni come assicurazione sanitaria, congedo per malattia e gestione di casi di mobbing o molestie sul posto di lavoro.

Fonte: Twitter

Anche questa volta, quindi, non sono mancate le opinioni contrastanti sullo spot che, comunque, ha un tono molto leggero e informale. Se si tiene conto della gravità e della rilevanza del tema trattato, però, lo spot e le modalità attraverso cui ci si approccia all’argomento possono sembrare alquanto superficiali e forse poco rappresentativi delle problematiche relative a gravi disturbi, spesso invalidanti, come la depressione, per esempio.

Per chi veda in questa campagna una certa “banalizzazione” del tema tenere in considerazione il target di riferimento di Burger King potrebbe aiutare a comprendere meglio la scelta comunicativa: riuscire a richiamare l’attenzione dei più giovani su un tema simile – risaltando nel mare magnum di campagne sociali sull’argomento – non è semplice. Uno spot coinvolgente, dal tono informale, come quello creato potrebbe sicuramente risultare accattivante per il pubblico in questione e, comunque, considerando il peso della multinazionale, raggiungere un grandissimo numero di persone.

Real Meal: cosa ci raccontano sulla strategia comunicativa di Burger King?

La risposta del brand alla reazione di alcuni utenti online è stata in linea con il caratteristico tone of voice di Burger King sui social network, dunque molto informale, giocoso e fortemente ironico. Infatti, al commento di un utente che chiedeva dove fosse il giocattolo, l’azienda ha risposto semplicemente «è nel negozio di giocatoli», come a dire che i «pasti vero» non hanno sorpresa.

Fonte: Twitter

Una mossa strategica per un brand che intende rafforzare il proprio posizionamento, in contrapposizione a McDonald’s, nel mercato del fast food: per cercare di farlo nel miglior modo possibile, così, è stato ripreso il menu per bambini più famoso al mondo, creando il prodotto antagonista. Il tutto, comunque, risulta abbastanza coerente con lo stile comunicativo dell’azienda, abituata difatti a lanciare campagne abbastanza originali (e non raramente a generare anche polemiche, proprio per la tendenza ad andare controcorrente o a essere pocopolitically correct“). C’è da dire, però, che in questo caso l’azienda è andata a toccare un argomento particolarmente sensibile e rilevante e quindi le critiche a una campagna simile erano quasi inevitabili.

Del resto, non è la prima volta che l’azienda rischia” nell’associarsi a una tematica simile: precedentemente, infatti, è stata lanciata una campagna contro il bullismo, con un risultato anche molto interessante. Nel 2017, infatti, l’azienda ha condotto un esperimento all’interno di un punto vendita del Regno Unito, mettendo in scena un episodio di bullismo ai danni di un ragazzino, proprio per vedere la reazione dei clienti. Agli stessi clienti che hanno assistito alla scena è stato consegnato un panino pugnalato – letteralmente – da un dipendente. Dall’esperimento è emerso che il 95% delle persone che hanno ricevuto il panino «vittima di bullismo» ha reagito andando in cassa a lamentarsi, ma solo il 12% dei clienti che hanno assistito alla scena di bullismo reale è intervenuto per aiutare il ragazzo.

Non è la prima volta, quindi, che Burger King decide di prendere posizione relativamente a tematiche importanti come quelle sopracitate: un’azione decisamente rilevante in ottica di aumento della consapevolezza su problematiche sociali sensibili. È necessario, però, che l’impegno aziendale non si limiti alle strategie comunicative: queste devono infatti essere lo specchio delle politiche interne e delle iniziative proattive delle aziende nel supportare le diverse cause.

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