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Per scrivere un buon curriculum? Attenzione alle esperienze professionali pregresse

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Per scrivere un buon curriculum è fondamentale partire dalle esperienze professionali pregresse: quali inserire? che aspetti valorizzare?

Formato europeo sì o formato europeo no? Che parole evitare nel descrivere la propria carriera? Hobby e interessi vanno inseriti o è meglio lasciare spazio ad altro? I dubbi, quando si tratta di scrivere un buon curriculum, sono numerosi e non risparmiano nessuno, neanche chi abbia alla spalle anni e anni di selezioni e colloqui. Come inserire le esperienze lavorative nel curriculum, in particolare, sembra essere la vexata quaestio di chi è alle prese con la ricerca di un nuovo impiego e non solo.

Perché scrivere un buon curriculum significa raccontare bene le proprie esperienze pregresse

Va da sé, infatti, che per chi deve assumere o è alla ricerca del candidato più idoneo per l’offerta di lavoro in questione le esperienze pregresse rappresentano una miniera d’oro d’informazioni. Una carriera eccessivamente frammentata, numerosi cambi di aziende o di ruoli possono suggerire, per esempio, una certa difficoltà del candidato a legarsi all’azienda di riferimento, quando non addirittura, scavando più a fondo, una certa difficoltà a lavorare in team o a interiorizzare una certa cultura aziendale. Allo stesso modo, impieghi in settori completamente diversi e per niente affini possono essere interpretati dal recruiter come segni di confusione rispetto alla propria vocazione professionale. Scrivere un buon curriculum, insomma, è innanzitutto un’operazione di buon storytelling delle proprie esperienze lavorative precedenti. Tanto più che per altre informazioni pure rilevanti in fase di selezione dei candidati – dal percorso formativo alle competenze specifiche del settore di riferimento e le soft skill – ci pensa il social recruiting e cioè l’abitudine dei responsabili delle risorse umane di scannerizzare anche i profili social dei lavoratori.

Come si fa, allora? Come si inseriscono correttamente le proprie esperienze lavorative pregresse nel curriculum? E, soprattutto, come le si riesce a valorizzare nel farlo? Le parole d’ordine sono: precisione e personalizzazione.

Per scrivere un buon curriculum? Serve precisione e personalizzazione

Precisione vuol dire, innanzitutto, cura dei dettagli. Chiunque voglia scrivere un buon curriculum – e che risulti efficace – non potrà glissare proprio sulla parte delle esperienze già maturate. Anzi, è bene che descriva accuratamente in che aziende o per che realtà ha lavorato, per quanto tempo, con che mansioni, svolgendo quali attività giornaliere e mettendo in gioco quali skill tecniche e non solo. Pur semplificando molto la questione grafica del CV, sarebbe bene pensare a una struttura unica e uniforme – non per forza quella tipica del formato Europass, che è tanto facile da compilare quanto anonima agli occhi di chi legge – da ripetere uguale per ogni esperienza lavorativa che si decide di inserire e che semplifichi la lettura del curriculum. Del resto è vero il vecchio adagio secondo cui nei reparti risorse umane arrivano troppi CV per la stessa offerta di lavoro e chi fa recruiting si limita solo a leggerli velocemente e sommariamente: di conseguenza, è altrettanto reale la necessità di rendere quanto più accattivante il proprio résumé.

Per la stessa ragione non si dovrebbe eccedere in dovizia di particolari. Con ogni probabilità, soprattutto se si è stati per molti anni nella stessa azienda, il responsabile delle risorse umane non è interessato per esempio a leggere sul curriculum come si è passati dall’entry level, se non addirittura da un inquadramento di stage o apprendistato, al top management: ci sono modi migliori e migliori strumenti retorici con cui il candidato può valorizzare questa sua scalata e l’occasione ideale è senza dubbio il momento del colloquio. Allo stesso modo, per la maggior parte di (ex) studenti che si sono appena affacciati al mondo del lavoro sarebbe impossibile scrivere un buon curriculum con una nutrita sezione di esperienze lavorative: descrivere nel dettaglio attività di stage curricolari o extra-curricolari non è sempre una buona idea, come non lo è inserire forzatamente tra le esperienze lavorative del curriculum volontariato, attività del tempo libero o piccole occupazioni, soprattutto se non hanno a che vedere con la vacancy per cui ci si candida (chi usa il modello europeo, tra l’altro, ha a disposizione una sezione ad hoc per questo tipo di informazioni).

Se si è fatto accenno alla personalizzazione, infine, è perché non c’è niente di più sbagliato – sempre nell’ottica di renderne agevole la lettura – di inserire all’interno del curriculum vitae tutte le proprie esperienze lavorative, anche se non hanno a che vedere con la posizione per cui ci si candida. Al reparto HR infatti può non interessare, per fare un esempio estremo, un passato da social media editor in una startup dell’alimentare se il posto che si sta cercando di ottenere è quello di venditore in un negozio di catena. Anzi: questa incoerenza di percorsi potrebbe addirittura sollevare dei dubbi in chi si occupa di recruiting. Tradotto, significa che per scrivere un buon curriculum una buona idea è partire, innanzitutto, dal selezionare le esperienze lavorative da inserire, scegliendo solo le più pertinenti e nella convinzione che non tutto fa buon brodo.

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