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Cos'è il search intent e come sta cambiando?

search intent

Individuare il search intent, cioè l'intento di ricerca degli utenti celato nelle keyword, è importate per la propria efficace strategia di content marketing.

Cos’è il Search Intent

Il search intent (o intento di ricerca) è il “motivo reale” – implicito, spesso non dichiarato – in base al quale un utente effettua una ricerca su Google. Per tale motivo risulta fondamentale comprendere come il motore di ricerca risponda a tale esigenza, al fine di creare e ottimizzare un sito e i suoi contenuti.

In base alla query digitata nella search bar, infatti, bisognerebbe cercare di capire esattamente cosa un utente voglia. Per esempio, scrivendo “torre di Pisa” a cosa intende far riferimento?

  • Quanto è alta?
  • Come visitarla?
  • Perché pende?
  • Vedere foto o video?

Queste o altre domande potrebbero essere alla base della ricerca, poiché l’utente non ha indicato in modo chiaro cosa sta cercando, anche perché spesso è proprio lui a non saperlo (e in tal caso un search intent non esiste).

Perchè è utile l’intento di ricerca

Per prima cosa, capire chi sono i propri utenti e conoscere i motivi per cui ricercano qualcosa aiuta a creare contenuti in grado di rispondere alle loro domande nel modo più chiaro possibile, “espandendoli” per coprire anche query e argomenti strettamente correlati, in modo che questi non debbano effettuare altre ricerche sullo stesso argomento.

Come scoprire le intenzioni di ricerca?

In ambito seo le ricerche vengono classificate in vari “gruppi di query“. Di seguito sono indicati i principali.

Ricerca navigazionale (go)

Quando effettua tale ricerca l’utente ha già chiaro in mente quello che sta cercando e digita su Google il nome di prodotto, brand o servizio specifici.
Esempio di query navigazionale: studi di neuromarketing Inside Marketing, google search console.

Ricerca informazionale (know)

Questa ricerca corrisponde a un utente ancora lontano dal capire cosa esattamente vuole. Egli, infatti, cerca informazioni su un argomento generico o specifico, con lo scopo di apprendere qualcosa.
Esempio di query informazionale: migliori libri web marketing, come sfruttare Instagram per l’eCommerce, esempi di guerrilla marketing.

Ricerca transazionale (do)

Quando effettua questa ricerca l’utente ha l’intento di “fare qualcosa“, per esempio effettuare un download, acquistare un prodotto, chiedere informazioni su un servizio, ecc., ed esistono alte possibilità di conversioni free o a pagamento.
Esempio di query transazionale: corso SEO Roma, download white paper influencer marketing.

Secondo alcuni studi, l’80% delle query effettuate dagli utenti è di tipo informazionale, mentre il restante 20% è relativo a query navigazionali e transazionali.

tipi di search intent

Fonte: moz.com

Per valutare, comunque, quale sia il search intent degli utenti è necessario analizzare le chiavi di ricerca più diffuse (e i loro rispettivi volumi di traffico). Per comprendere la provenienza del traffico è possibile utilizzare diversi SEO tool e software.

In realtà, però, è proprio Google a offrire un aiuto per comprendere gli “intent” di ricerca. Il keyword suggest, infatti, mostra le ricerche affini e correlate alla query digitata dall’utente. Per comprendere come Google genera i suggerimenti di ricerca è possibile consultare l’articolo di Francesco Margherita Search intent e intenzioni di “risposta”.

suggestion tool google

Suggestion Tool Google

DIFFERENZA TRA QUERy di ricerca E KEYWORD CORRELATE

Con keyword e query di ricerca si tende a indicare spesso, nel linguaggio comune, il medesimo concetto, ma in realtà non è così. La prima, infatti, ha valore prettamente sintattico e poco specifico e, inoltre, sintetizza più query di ricerca e intenzioni dell’utente; la seconda corrisponde a query in cui vengono digitate più parole, oltre al fatto che l’intento è chiaro, specifico ed è possibile ottenere risultati precisi e coerenti con l’intenzione dell’utente.

query di ricarca vs keyword

Con l’espressione “ricerca correlata” è possibile indicare allora la ricerca semanticamente più affine a ciò che si è digitato nella barra di ricerca di Google.

Nello specifico, Google utilizza un calcolatore denominato LSI (Latent Semantic Indexing, ovvero Indicizzazione Semantica Latente) con cui esamina il contenuto web per individuare le chiavi di ricerca semanticamente più affini, così da poter restituire i risultati migliori.

Come sta cambiando il search intent?

Ivano Di Biasi – CEO di SEOzoom – in un’intervista rilasciata ai nostri microfoni durante ZOOMday 2018 ha esposto quali sono i motivi e le problematiche che stanno portando ad alcuni sostanziali cambiamenti del search intent nel 2018. Tra le principali ragioni, per esempio, vi sarebbero «il continuo aumento e la crescita del numero di pagine web che rispondono alle stesse domande degli utenti. Google ha deciso di scegliere quelle più a fuoco per risposte specifiche, quindi non più una sola pagina che risponde a tutto», ha spiegato l’esperto.

SEO: come è cambiata la search intent | Ivano Di Biasi
SEO: come è cambiata la search intent | Ivano Di Biasi

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