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Secondary ticketing e biglietti nominali: in vigore la riforma

Secondary ticketing e biglietti nominali: in vigore la riforma

La riforma del 2019 cerca di stroncare il secondary ticketing attraverso l'obbligo di biglietti nominali e rigorose procedure per la rivendita

Il fenomeno del secondary ticketing o, con espressione tutta italiana, bagarinaggio, ha assunto negli ultimi anni un rilievo tale da suscitare l’attenzione, in ordine sparso, delle autorità di vigilanza, della magistratura e, da ultimo, del Legislatore.
La pratica, invero, ha un’origine molto risalente, tant’è che “bagarino” era – e in effetti ancora è – la persona che, avendo racimolato una quantità molto consistente di titoli di accesso a una manifestazione o a uno spettacolo, si collocava poi in prossimità delle aree di ingresso dello stesso per rivenderli a coloro che, pur interessati ad assistervi, non fossero riusciti a procurarsi i biglietti prima del sold-outOvviamente, elemento essenziale del bagarinaggio è la maggiorazione, normalmente estremamente significativa, che viene applicata al prezzo di rivendita.

Nell’epoca del web, poi, il fenomeno ha assunto connotati profondamente diversi ed estremamente più sistemici. Alla figura “artigiana” del “bagarino” si è sostituita una nutritissima cerchia di grandi imprese che, anche attraverso metodi di approvvigionamento che tutt’oggi non si è riusciti a rendere del tutto trasparenti, fanno incetta dei biglietti relativi agli eventi. La differenza più importante rispetto al bagarinaggio “tradizionale” è che questi soggetti operano con una efficacia tale, in termini di rastrellamento, da costruire un mercato secondario, per l’appunto si parla di secondary ticketing: complice il rapidissimo esaurimento della disponibilità di titoli di accesso sui portali o attraverso i canali dell’organizzatore o del distributore ufficiale (mercato primario), infatti, il mercato secondario diviene in breve tempo l’unico spazio in cui poter reperire i biglietti. Ovviamente, anche in questo caso, si assiste a un aumento veramente esponenziale dei prezzi praticati sul mercato secondario rispetto al cd. “valore facciale” del titolo, ovverosia il corrispettivo stabilito dall’organizzatore e al quale il distributore primario pone i titoli in vendita. Il punto veramente critico del fenomeno del secondary ticketing, quindi, attiene al fatto che l’esaurimento dei titoli sul mercato primario, molto spesso addirittura in pochissimi minuti, non si atteggia come fenomeno spontaneo, bensì fittizio, in quanto, attraverso l’impiego di bot o comunque di strumenti informatici o attraverso altre e ancor più opache dinamiche, si verifica semplicemente il trasferimento della disponibilità dal mercato primario a quello secondario, con la conseguenza che il prezzo “originario” dei biglietti tende a divenire per la maggioranza degli utenti puramente virtuale, in quanto l’unico canale in cui è possibile procurarsi i titoli, praticamente fin dalla loro originaria messa in vendita, divengono le piattaforme di secondary ticketing.

Diviene necessario, allora, cercare di ricostruire il quadro in materia, analizzando il fenomeno al di là delle numerose inchieste di matrice più strettamente giornalistica che sono state condotte sul tema, attraverso i suoi principali snodi giudiziari, così da pervenire, poi, alla più recente normazione introdotta a decorrere dal 1° luglio 2019.

Secondary ticketing: L’intervento dell’Antitrust e la sentenza contraria del TAr

Sul tema era intervenuta, con un’istruttoria avviata nell’ottobre 2016, anzitutto l’Antitrust (AGCM), irrogando nell’aprile del 2017 sanzioni per 1,7 milioni di euro sulla base della ritenuta violazione del Codice del Consumo in relazione alla vendita di biglietti per i principali concerti tenutisi in Italia negli anni precedenti (i cosiddetti hot events: One Direction, Foo Fighters, Red Hot Chili Peppers, Bruce Springsteen, Renato Zero, Adele, David Gilmour, Coldplay, U2, Ed Sheeran).

L’aspetto veramente significativo, però, attiene al dato per cui oltre alle principali piattaforme di secondary ticketing era stato sanzionato anche il distributore principale, soggetto che peraltro opera in condizioni di sostanziale monopolio in Italia per gli eventi musicali. In particolare, era emerso come il distributore principale, malgrado gli obblighi contrattuali con gli organizzatori in relazione alla predisposizione di misure antibagarinaggio, non avesse adottato «efficaci misure dirette a contrastare l’acquisto di biglietti attraverso procedure automatizzate, né ha previsto regole, procedure e vincoli diretti a limitare gli acquisti plurimi di biglietti, né ha effettuato controlli ex post diretti ad annullare tali acquisti plurimi. Le accertate omissioni comportamentali sono state ritenute non conformi a quanto ragionevolmente esigibile dal professionista in base ai principi di correttezza e buona fede».

Veniva contestata, quindi, una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’art. 20, comma 2 del Codice del Consumo, con sanzione pari ad un milione di euro.

Il provvedimento, tuttavia, su ricorso del distributore, era stato annullato dal TAR del Lazio che, con sentenza 2330/2018, aveva essenzialmente ritenuto indimostrato che vi fosse un pregiudizio per i consumatori ascrivibile alla condotta non-impeditiva del bagarinaggio, atteso che – in ultima istanza – «vi sia un mercato “secondario” e speculativo è circostanza nota anche all’AGCM ma non esaminata nelle sue varie conformazioni, così come non approfondito – ma neanche accennato, per la verità – è il profilo che riguarda la correlazione causale tra acquisti multipli e comportamento del consumatore utente, soprattutto riguardo la scelta di quest’ultimo di procedere comunque all’acquisto nonostante siano presenti sul mercato secondario biglietti a prezzi di molto superiore a quelli originali»I giudici amministrativi, in sostanza, hanno ritenuto che il pregiudizio per il consumatore derivi da una decisione autonoma di quest’ultimo di “accettare” le gravosissime condizioni praticate sul mercato secondario e non direttamente dalla pratica commerciale (comunque scorretta) del distributore primario, che non impedisce (o non impedisce adeguatamente) il rastrellamento dei titoli di accesso. Inoltre, si è ritenuto che l’Antitrust non abbia chiarito «quale vantaggio economico del professionista sia stato individuato attraverso la pratica su cui si incentra l’attenzione dell’AGCM, aspetto, questo, comunque necessario nella lettura estensiva dell’art. 20, comma 2, del Codice, come condivisa dal Collegio. Ciò perché, nel falsare in misura rilevante – anche sotto il profilo del “mero pericolo” sopra richiamato – il comportamento economico del “consumatore utente” attraverso una condotta non diligente, deve comunque individuarsi un vantaggio economico per il professionista». Non era emerso, quindi, se vi fosse un guadagno tratto dal distributore a fronte della pratica commerciale posta in essere.
Contro la pronuncia del TAR era stato poi proposto appello dall’Avvocatura e il relativo giudizio è ancora pendente.

Il giudizio penale e i Provvedimenti AGCOM

Il problema era poi stato affrontato dalla magistratura penale di Milano, con la Procura della Repubblica che, all’esito delle indagini preliminari, aveva chiesto il rinvio a giudizio per alcuni dirigenti delle più importanti piattaforme di secondary ticketing operanti in Italia per i delitti di truffa aggiotaggio avendo «divulgato false informazioni sulla disponibilità di biglietti in vendita per concerti di grande richiamo, facendo figurare una scarsità inesistente e costringendo così il pubblico ad acquistare i ticket a un prezzo ingiustificatamente maggiorato rispetto a quello stabilito dagli artisti».

Nel febbraio 2019, però, coloro che però avevano richiesto che si procedesse nelle forme del rito abbreviato erano stati prosciolti per insussistenza del fatto dal GUP, mentre per i restanti imputati era stato disposto il non luogo a procedere.

Nello stesso periodo, anche l’AGCOM aveva avviato un’autonoma istruttoria a seguito di alcuni esposti pervenuti da operatori del settore che denunciavano la messa in vendita di biglietti per l’accesso ai concerti con maggiorazioni fino a 15 volte superiori al prezzo ufficiale. L’Authorithy si era potuta muovere in maniera molto più efficace rispetto all’intervento dell’AGCM perché era nel frattempo intervenuta una norma specifica, introdotta dalla Legge di bilancio per il 2017 (L. 11 dicembre 2016, n. 232 – art. 1 co. 545), che, con l’obiettivo dichiarato di «contrastare l’elusione e l’evasione fiscale, nonché di assicurare la tutela dei consumatori e garantire l’ordine pubblico» ha previsto come

«la vendita o qualsiasi altra forma di collocamento di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetto diverso dai titolari, anche sulla base di apposito contratto o convenzione, dei sistemi per la loro emissione è punita, salvo che il fatto non costituisca reato, con l’inibizione della condotta e con sanzioni amministrative pecuniarie da 5.000 euro a 180.000 euro, nonché, ove la condotta sia effettuata attraverso le reti di comunicazione elettronica, secondo le modalità stabilite dal comma 546, con la rimozione dei contenuti, o, nei casi più gravi, con l’oscuramento del sito Internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere, fatte salve le azioni risarcitorie».

La potestà di controllo veniva, come anticipato, attribuita proprio all’AGCOM, fermo restando l’impossibilità di sanzionare la ri-vendita qualora effettuata:

  • da una persona fisica;
  • in maniera occasionale;
  • senza finalità commerciale.

In sostanza, all’indomani dell’entrata in vigore della Legge di bilancio per il 2017, l’attività di bagarinaggio e di secondary ticketing è stata espressamente vietata dall’ordinamento, con rischio per chi la praticasse di incorrere in gravi sanzioni pecuniarie oltre che di vedersi applicata la rimozione coattiva dei contenuti o addirittura l’oscuramento del sito. Rimaneva invece lecita l’attività di rivendita del titolo di accesso effettuata dal privato, purché in via solo occasionale.

Sulla scorta di queste premesse, allora, nel maggio del 2019 è stata avviata un’istruttoria da AGCOM non solo nei confronti di siti di secondary ticketingma anche nei confronti di taluni soggetti operanti sui social network , ove erano fioriti numerosi gruppi specializzati. Nel luglio 2019 AGCOM ha comunicato di aver provveduto alla contestazione delle violazioni ai principali siti di secondary ticketingQuesti ultimi, ai sensi degli arti. 5 e ss. del “Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative” AGCOM (Del. 410/14/CONS e ss. mm.), potranno partecipare al procedimento, espletando attività difensiva. La decisione dovrà essere assunta dall’Autorità entro 150 giorni, salve le sospensioni connesse ad attività istruttorie o ad eventuali proposte di impegni da parte dei soggetti sottoposti alla procedura.

L’obbligo di biglietti nominali e la procedura di cambio utilizzatore

La disciplina esistente, ad ogni modo, si era rivelata comunque inefficace nel contrastare il secondary ticketing, considerato che in sostanza i siti avevano continuato a distribuire i titoli di accesso e, soprattutto, “a valle” non risultava possibile impedire l’accesso alla manifestazione a chi avesse acquistato il titolo d’ingresso attraverso il canale illegale giacché, banalmente:

  • la legge del 2016 nulla disponeva in ordine alle sorti del titolo compravenduto sui canali secondari;
  • non risultava materialmente possibile identificare i titoli oggetto di circolazione sul mercato secondario, in quanto gli stessi i biglietti risultavano non nominativi.

Il Legislatore, allora, è intervenuto nuovamente sul punto e, con la Legge di bilancio per il 2019 (L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1 co. 1099), ha modificato la normativa già esistente e ha aggiunto nuove disposizioni.

Dal punto di vista delle modifiche alla legislazione esistente, dobbiamo sottolineare soprattutto due novità:

  • mentre la normativa del 2016, pur attribuendo poteri di vigilanza e sanzionatori ad AGCOM evocava in maniera piuttosto indistinta anche le Authorities, ora si specifica che l’AGCOM è l’unica Autorità incaricata di provvedere, prevedendosi tuttavia un concerto con l’AGCM.
  • si stabilisce un requisito molto più stringente per la liceità delle transazioni tra privati, giacché l’esclusione dalla normativa di divieto viene ancorata, oltre che ai requisiti già esistenti (l’essere il cedente una persona fisica, che agisce in via occasionale e senza fini commerciali) quello del prezzo di cessione, che non può essere superiore al valore facciale del titolo. In sostanza, quindi, anche tra privati la rivendita occasionale può avvenire solo al prezzo di acquisto del biglietto. Non è chiaro, tuttavia, quali siano le conseguenze di una vendita a prezzo maggiorato, potendosi forse ritenere che la relativa pattuizione sia nulla per contrarietà a norma imperativa ai sensi dell’art. 1418 co. I c.c.

È però tuttavia soprattutto la parte della novella concernente le nuove norme che determina una vera e propria rivoluzione nella lotta al secondary ticketing, giacché il problema viene affrontato da un nuovo e diverso angolo prospettico: non più quello della (mera) proibizione della rivendita sul mercato secondario a fini di lucro, bensì quello della regolamentazione rigorosa delle modalità di emissione e circolazione dei titoli di accesso.

I biglietti, quindi, per un verso divengono nominativi, sicché al momento dell’acquisto occorrerà individuare il soggetto (anche diverso dall’acquirente) che assisterà allo spettacolo, e per altro verso la loro successiva circolazione diviene soggetta a una complessa procedura che rievoca per certi versi quella del trasferimento dei titoli di credito nominativi (art. 2022 c.c.) anche se, giova ricordarlo, i biglietti per uno spettacolo non sono titoli di credito ai sensi degli artt. 1992 e ss c.c., bensì meri documenti di legittimazione, in quanto non incorporano il diritto ma consentono solamente di identificare il soggetto che è legittimato a pretendere la prestazione (ovverosia lo spettatore).

Più specificamente, i nuovi commi 545-bis e ss. della L. 232/2016 così come modificati dalla L. 145/2018, prevedono che a decorrere dall’1 luglio 2019 e con riferimento agli spettacoli con capienza di pubblico superiore a 5000 posti i biglietti debbano obbligatoriamente riportare il nome e il cognome dello spettatore, il quale dovrà esibire all’ingresso un documento di identità per permettere al personale di servizio la verifica della rispondenza dei dati riportati sul biglietto. Sono esclusi da tale prescrizione gli spettacoli di attività lirica, sinfonica e cameristica, prosa, jazz, balletto, danza e circo contemporaneo.

Per l’ipotesi in cui l’intestatario del titolo di accesso non possa o non voglia più assistere allo spettacolo gli è garantita la possibilità di ottenere il cambio del nominativo oppure la rimessa in vendita del titolo sulla piattaforma del distributore primario, ovviamente a un prezzo corrispondente al valore facciale.

Il provvedimento dell’agenzia delle entrate: colpo definitivo al secondary ticketing?

Grande importanza il Legislatore attribuisce poi all’attività dell’Agenzia delle Entrate, chiamata a predisporre un provvedimento di regolamentazione di dettaglio. L’Agenzia ha adottato, quindi, il provvedimento del 27 giugno 2019, con il quale ha dettato previsioni di diversa natura.

Un primo gruppo di disposizioni (art. 4), infatti, riguarda il contrasto ai bot e l’obbligo di identificazione dell’acquirente, imponendosi che «la vendita o ogni altra forma di collocamento dei titoli di accesso effettuata attraverso reti di comunicazione informatica» avvenga assicurando che:

  1. «preliminarmente alla fase di composizione dell’ordine (c.d. “carrello”)» sia effettuato il test logico denominato CAPTCHA (Completely Automated Public Turing test to tell Computers and Human Apart) al fine di verificare se l’acquirente risulti una persona fisica o un programma automatico;
  2. il sistema non consenta di completare l’ordine a utenti non registrati;
  3. non sia possibile, per lo stesso utente registrato, acquistare più di 10 biglietti per il medesimo evento;
  4. il titolo non venga rilasciato direttamente attraverso la finestra di completamento della procedura di acquisto, ma il suo ottenimento richieda una interazione ulteriore, come l’apertura di un link o il recupero da una casella email.

Si precisano poi i dati di identificazione dell’utente acquirente (che può essere diverso, si badi, rispetto allo spettatore) che devono essere registrati (ovverosia nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo email e numero di cellulare) e si prevede una verifica della registrazione dell’acquirente da effettuarsi attraverso il numero di telefono indicato. Il sistema, poi, non dovrà consentire che lo stesso numero di telefono o le medesime credenziali di accesso vengano associati a più di un utente. In alternativa alla procedura di registrazione sulla piattaforma di acquisto dovrà essere possibile l’identificazione con il sistema SPID. Da ultimo, il sistema dovrà tracciare e memorizzare le operazioni compiute dall’acquirente.

Per gli eventi con numero di spettatori non superiore a 1000 è prevista una regolamentazione più snella, non imponendosi la nominatività dell’acquisto ma solo l’esecuzione del CAPTCHA.

Un ulteriore gruppo di norme riguarda poi l’assicurazione dell’effettività della nominatività del titolo, ribadendosi l’obbligo per l’organizzatore dell’evento di identificare lo spettatore. La previsione in parola (art. 5.2), risultando pedissequa ripetizione di quella dettata dalla normativa primaria sembrerebbe essere superflua. Tuttavia così non è se si considera che il provvedimento dell’A.d.E. si occupa di un profilo che la Legge dimentica, ossia la sorte del titolo di accesso nel caso in cui il fruitore che si presenta all’ingresso della manifestazione sia soggetto diverso da quello le cui generalità sono riportate sul titolo. Il provvedimento amministrativo, infatti, esplicita che – in tale ipotesi – «il titolo perde la validità per l’accesso all’area dello spettacolo; ai fini dell’assolvimento degli obblighi tributari in capo all’organizzatore resta valido il relativo sigillo fiscale». In verità il riferimento alla “validità” (che resterebbe compromessa) e quindi sostanzialmente a una patologia negoziale, non è soluzione che pare convincere del tutto, in quanto qui più che a una ipotesi di nullità-annullabilità (cioè gli unici vizi negoziali che pongono un problema di validità) pare venir più banalmente in rilievo una questione di difetto di legittimazione attiva: la prestazione (cioè lo spettacolo) può essere effettuata, per espressa previsione di legge, solamente a vantaggio del creditore individuato, ossia dell’intestatario del biglietto. In buona sostanza, quindi, quel che si verifica dal punto di vista civilistico sembra essere una deroga all’art. 1188 c.c. in tema di destinatario del pagamento, escludendosi che il creditore possa, al di fuori della procedura di cambio utilizzatore, designare altro soggetto a ricevere la prestazione (cioè ad assistere allo spettacolo).

Ai fini dell’identificazione, ad ogni modo, l’organizzatore dovrà predisporre la lista unica dei titoli di accesso, nella quale peraltro potranno essere annotati solamente il nome e il cognome dello spettatore, con esclusione di ogni altro dato personale ai fini della attuazione del principio di minimizzazione dettato dal GDPR.

Cambio utilizzatore e rimessa in vendita

Un terzo gruppo di norme (art. 6), infine, disciplina le procedure di rimessa in vendita cambio utilizzatore dei titoli di accesso. In particolare, tali facoltà sono concesse sia all’acquirente che all’intestatario del titolo (ovviamente ove si tratti di soggetti diversi). In ogni caso, anche l’intestatario del titolo deve provvedere alla procedura di registrazione e identificazione per ottenere la rimessa in vendita o il cambio di nominativo del titolo. Più nel dettaglio, la procedura di cambio utilizzatore prevede l’annullamento del titolo emesso, con indicazione della causale, e l’emissione di un nuovo titolo nominativo. Le operazioni in questione sono tracciate dal sistema di biglietteria automatizzata.
La rimessa in vendita invece si sostanzia nell’offerta al pubblico del titolo di cui l’acquirente o l’utilizzatore intendano disfarsi. Tale offerta avviene sulla piattaforma del distributore principale (quindi giammai su piattaforme di secondary ticketing) e, se si tratta di distribuzione online, nella stessa area ove è possibile acquistare i biglietti ancora disponibili (non possono esistere, quindi, sezioni ad hoc che rendano riconoscibili i titoli rimessi in vendita). Se il titolo è rivenduto, quello originario viene annullato con l’indicazione della causale e, contestualmente, è emesso un nuovo titolo a vantaggio dell’acquirente. Anche questa procedura è tracciata e vigilabile dall’Agenzia delle Entrate.

La nuova normativa, quindi, almeno dal punto di vista della fredda regolamentazione e fermo restando la necessità di verificarne poi l’efficacia dal punto di vista operativo sembra assestare un colpo durissimo e forse fatale al fenomeno del secondary ticketing e del bagarinaggio in genere, anche al prezzo di un appesantimento non trascurabile degli oneri burocratici. Questi ultimi, se risultano tutto sommato ragionevoli per quanto riguarda l’acquisto, potrebbero risultare particolarmente gravosi con riferimento alle procedure di cambio utilizzatore e rivendita del titolo.

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