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Sharing economy: una proposta di legge per spingere l'Italia

Sharing economy: una proposta di legge per spingere l'Italia

La sharing economy italiana è in crescita, tuttavia l'offerta non riesce a soddisfare la domanda. Una legge potrebbe potenziarne lo sviluppo.

A pochi giorni dal Ferrara Sharing Festival 2016 – la prima manifestazione italiana dedicata all’economia collaborativa – l’Italia prova a regolamentare con una proposta di legge bipartisan la sharing economy. Una legge, di cui stanno discutendo le Commissioni Attività produttive e Trasporti della Camera, che potrebbe per la prima volta regolamentare un fenomeno nuovo, ma già di grande successo nel mondo, tanto da andare a sottrarre in alcuni settori una grossa fetta di mercato, come sta accadendo a diversi albergatori.

Che cosa si intende per sharing economy?

Con sharing economy oggi si intende qualsiasi forma di consumo collaborativo, ovvero un modello economico basato sullo scambio e la condivisione di beni, servizi o anche conoscenze, al fine di ridurre il consumismo (e di conseguenza gli effetti che provoca sull’ambiente) e, chiaramente, ottenere un risparmio.

La definizione di sharing economy venne usata per la prima volta nel 1978 da Marcus Felson e Joe. L. Spaeth nell’articolo pubblicato nella rivista American Behavioral Scientist col titolo “Community Structure and Collaborative Consumption: A routine activity approach” e finora la sharing economy ha trovato le sue maggiori applicazioni nel settore turistico e dei trasporti, soprattutto a causa dell’aumento dei costi connessi a questi servizi. Se inizialmente diverse piattaforme basate sulla sharing economy sono nate con finalità no profit, gradualmente si sono affermate anche verso modelli di profitto, rendendo questo fenomeno una nuova forma di business.

La sharing economy in Italia

Secondo i dati presentanti da Federico Capeci, CDO & CEO Italia di TNS, nel corso del primo festival sulla sharing economy, in Italia l’economia della condivisione è conosciuta dal 70% della popolazione, con una media di utilizzo di un italiano su quattro e una buona prospettiva di crescita. Nonostante i numeri favorevoli, l’Italia appare ancora frenata rispetto alle possibilità che questo modello economico potrebbe offrire, risultando ancora indietro rispetto alle esigenze dei cittadini e alla loro propensione a testare servizi in condivisione. Se spesso il motivo principale che spinge gli utenti a provare sistemi di sharing economy è la voglia di risparmiare – come accade con servizi di mobilità che consentono di dividere il costo del viaggio – talvolta non manca la voglia di provare un’esperienza nuova, emotivamente più coinvolgente, condividere per motivi solidaristici o sperimentare nuove pratiche economiche per accrescere gli introiti personali.

Le svariate motivazioni si riflettono nella molteplicità degli impieghi: subito dopo i servizi di mobilità (26%) come Uber e BlaBlaCar, il maggiore successo lo registrano i servizi organizzati di scambio e baratto  (10%), i servizi di affitto di camere o case private (9%), servizi culturali (8%) e servizi di prestiti fra privati (4%).

Nonostante i numeri indichino la previsione di una continua crescita della sharing economy (si segnala un aumento nell’utilizzo del 47% nell’ambito della mobilità e del 40% per i servizi turistici e di alloggio), sintomo di un elevato grado di soddisfazione di chi ne fa uso, la scarsa fiducia in chi offre questi servizi e la mancanza di regole precise rallenta il processo di affermazione di questa forma di economia.

Sharing economy: infografica TNS

Infografica sulla Sharing Economy realizzata da TNS

La proposta di legge italiana

La nuova proposta di legge relativa all’economia della condivisione ha come obiettivo quello di regolamentare un settore molto variegato e dai confini labili, con norme chiare e precise da applicare a chiunque, nelle vesti di mediatore fra diversi utenti privati, e di offrire l'”allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi tramite piattaforme digitali“, che si tratti di siti web o applicazioni mobile.

La proposta prevede principalmente:

  •  l’obbligo di iscrizione ad un registro degli operatori attraverso cui rendere chiare le condizioni contrattuali;
  • il controllo dell’Agcom per tutelare tutte le parti coinvolte;
  • la denominazione del reddito percepito da attività di sharing economy comereddito da attività di economia della condivisione non professionale, a cui applicare un’imposta del 10% per redditi che non superino i diecimila euro.

Una proposta di legge che, se approvata, potrebbe coinvolgere anche la Pubblica Amministrazione e segnare in poco tempo lo sviluppo definitivo di un fenomeno ormai avviato con successo nel nostro paese. 

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