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Siti web e social network tra presente e futuro

Siti web e social network tra presente e futuro: un'analisi

Dovrebbe esserci un dialogo continuo tra siti web e social. Qual è, però, la situazione attuale? Ne abbiamo parlato con diversi esperti del settore.

Si leggono in rete diversi articoli relativi a “siti web vs social network ” e anche “siti web o social network”, come a dire che il rapporto tra questi due strumenti di comunicazione non possa che essere conflittuale o che uno dei due dovrebbe essere preferito all’altro. Si dovrebbe invece parlare di “siti web e social network“, ragionando nell’ottica di un dialogo e collegamento tra i due. Approfondiamo di seguito il perché.

I siti web non sono morti

È dal 2010 che si sente dire e si legge a intervalli più o meno regolari che i siti web sono morti, ma non ci sono poi prove effettive ad avallare questa ipotesi. I dati, infatti, ci dicono ben altro: a febbraio 2018 i siti attivi sono risultati essere 9.3milioni e sul sito Internet Live Stats i numeri parlano chiaro. I siti web attivi, insomma, sono in crescita continua, anche se sono in numero nettamente inferiore rispetto al totale dei siti (un numero che comprende, ad esempio, anche quelli che non vengono agggiornati da moltissimo tempo o domini acquistati ma non utilizzati; un numero che nell’articolo “How Many Websites are There Around the World?”, scritto nel 2016, viene indicato come il 75% del totale).

Molti sono anche quelli che chiudono entro l’anno o che ricevono poche visite, ma i siti web restano uno strumento ancora ‘vivo’ e utile. Come si può allora dire che siano morti? Hanno risposto a questa domanda Stefano Civiero – neuromarketer & UX researcher– e Luca Vescovi  – CEO –, entrambi membri del team Neuro Web Design SRL, in una intervista al nostro giornale.

«L’ultimo report diffuso da Global Web Index per il mercato italiano indica un aumento per il 2017 rispetto al 2016 del numero degli utenti Internet pari al +10% (4 milioni di utenti in più circa) per un totale di 43,31 milioni di internauti. In media trascorriamo circa 6 ore al giorno a navigare sul web e questo canale sta diventando sempre più importante.
I siti web stanno morendo? La risposta è NO. La domanda giusta è: sono cambiati? Assolutamente SÌ. È essenziale capire che il web è fatto da persone innanzitutto. È fisiologico quindi che il sito web cambi e si evolva al mutare di 
esigenze, bisogni e preferenze degli utenti (ad esempio, trend di UX Design, nuove tecnologie e piattaforme, etc.).»

Semplice evoluzione, quindi: «potremmo dire che ad essere morta è la concezione di “sito web” che c’era prima – afferma Pierangelo Polito, web developer, nonché editore di Inside Marketing –, ovvero l’idea di avere un sito semplicemente per essere “presenti” sul webOggi si può essere sul web in vari modi, non solo con il sito, e il sito certamente non è morto, ma bisogna contestualizzarlo all’interno di una strategia in base agli obiettivi ed il budget delle aziende».

Concorda con queste visioni Ivan Cutolo, CEO e founder di SeoChef, che rispondendo a una nostra intervista ha confermato che «i siti web non sono mortiforse sono morte quelle pagine vetrina monoreferenziali, ma non la pagina che vuole informare o intercettare il pubblico nel momento della ricerca». Per avere più informazioni si fanno ricerche e si utilizza così Google: «è lì nella SERP che il sito web, trova la sua linfa vitale». Fare in modo che il sito web aiuti a intercettare il proprio target è quindi la chiave per far sì che abbia valenza, perché se pensato in questo modo «allora non è un fantasma ma uno strumento fortissimo di lead generation».

I siti web come mero archivio

Chi lavora ogni giorno con questi strumenti si trova, insomma, d’accordo. Allora perché si continua a trattare l’argomento? Forse perché a trattarlo sono voci che inevitabilmente richiamano l’attenzione dei media (e che, talvolta, vengono riportate con titoli sensazionalisti che non esplicano bene le reali intenzioni comunicative del mittente del messaggio, ndr).

Un parere (abbastanza autorevole) in merito a siti web e social network, ad esempio, è stato espresso nel 2015 da Jeff Jarvis, giornalista e professore americano, sostenitore dell’Open Web. Ai suoi studenti della scuola di giornalismo del Cuny (la City University of New York) di quell’anno ha presentato una serie di provocazioni e sfide per il futuro. Alcune di queste sono state riportate nel post che ha realizzato per l’Observer (“What if content could come to you rather than making you go to content?”): «Perché non iniziare una nuova impresa multimediale interamente su Facebook? Perché non costruire un business basato sulle notizie, destinato a essere distribuito in tutto il mondo – via Facebook, Twitter, Medium, Apple News e altri aggregatori – pur mantenendo un sito web semplicemente come un archivio?».

Il suo intervento ha fatto molto discutere proprio per i concetti che queste parole vogliono esprimere, arrivando a considerare i siti web come meri archivi di contenuti, ritenendo che questi debbano avere un percorso autonomo diverso, che viaggi direttamente sui binari dei social network e, in generale, di tutti gli aggregatori di notizie esistenti sul web.

«È ovvio che – commenta in merito Pierangelo Polito – se il sito deve servire come unico scopo di “presenza su web” e restare qualcosa di statico, se si è in fase di startup (e di budget ridotto), se il tipo di azienda offre servizi fruibili principalmente nei propri locali e quindi si ha come obiettivo principale quello di interagire con le persone e farle arrivare proprio lì, allora avrebbe più senso dirottare il budget destinato al sito web vetrina su altre attività, realizzando semmai una “vetrina” con sistemi (non solo social) che hanno costi più bassi rispetto ad un sito.»

Contano (e quanto) le home page dei siti?

Nel suo discorso e nel suo articolo Jeff Jervis ha anche sottolineato che le home page di alcuni siti web americani vengono visitate giornalmente solo dal 10% dell’audience, mentre la maggior parte dei lettori va direttamente agli articoli seguendo i link che trova facilmente sui vari social network. Ha ulteriormente affermato così la sua visione dei siti web, come a dire che non serve spendere troppe energie per ottimizzare la home page e che gli articoli si possono scrivere direttamente sulle piattaforme social.

Naturale allora chiedere cosa pensano in merito esperti del settore in Italia, che lavorano ai siti sulla base di dati concreti. Stefano Civiero e Luca Vescovi, ad esempio, nell’intervista ai nostri microfoni, si sono espressi proprio tenendo conto di questi per quel che riguarda l’home page di un sito.

«L’home page è la regina indiscussa del web. Basta dare una veloce occhiata alle analytics dei diversi account cliente che abbiamo a disposizione. Si tratta di una pagina importantissima. Il 90% del traffico al sito parte da qui e questo significa che è il punto di avvio di qualsiasi percorso di conversione.
L’home page deve essere la pagina che in pochi secondi fa capire all’internauta chi è l’azienda, cosa fa, come lo fa e perché si diversifica dai suoi competitor. Gran parte degli espedienti di neuromarketing ed ottimizzazioni in usabilità sono legati principalmente a questa pagina.
In media l’utente interagisce maggiormente con essa, tuttavia questo dipende anche dalla tipologia 
di utente. I nuovi utenti, ad esempio, rimangono più a lungo in home perché interessati a capire innanzitutto chi è l’azienda e come può essere utile alla soluzione del suo problema/obiettivo. Gli utenti di ritorno, già abili con la navigazione del sito, si concentrano maggiormente nelle pagine interne. Questi ultimi solitamente hanno una qualità della visita migliore rispetto ai nuovi utenti; visitano il sito più in profondità ed hanno una probabilità di conversione più alta.»

Quando poi Jeff Jervis parla del fatto che si potrebbero scrivere degli articoli direttamente sulle piattaforme social cita gli Instant Articles di Facebook. E come non prendere in considerazione la vasta audience, già minuziosamente profilata, a cui servire immediatamente e senza sforzi il proprio contenuto diversificato e di nicchia? Insomma, secondo Jarvis, la direzione che sta prendendo il news business punta dritta verso l’utente, i suoi interessi e anche i suoi ritmi, suggerendo che si potrebbe studiare i contenuti preferiti da ciascuno e fornire gli articoli più adatti e nel momento più opportuno, creando una vera e propria relazione tra media company e utente.

L’importanza dei siti quando si parla di ricercare informazioni

Questa visione ‘socialcentrica‘, però, sembra ancora molto lontana dalla realtà attuale. «Certo il mondo dei social prende il sopravvento, sono la piazza dove le persone si incontrano, chiacchierano, sentono dire, etc. Ma poi se hanno bisogno di conferme, se hanno bisogno di informazioni vanno a fare le loro ricerche, e si rivolgono a Google», aggiunge Ivan Cutolo per sottolineare ancora l’importanza del sito web e del non affidare la propria comunicazione solo ai social, diversamente da quanto affermato da Jeff Jervis. Bisogna quindi trovare un giusto equilibrio, un filo conduttore nell’utilizzare entrambi questi due strumenti di comunicazione.

«Oggi i social sono uno strumento indispensabile per la comunicazione, non esserci per un’azienda vuol dire perdersi buona fetta di mercato – continua Ivan Cutolo –, ma una pagina social non è un sito.
Costruiamo la nostra comunicazione in una scatola. Google, come pure Amazon, sono dei contenitori più grandi in cui operiamo. Buona parte di quello che è web marketing è legato ad altre aziende. Anni fa era fortissimo Altavista, probabilmente il primo vero motore di ricerca con una risposta rapida, e si faceva il possibile per essere visibili lì, oggi invece si fa il possibile per essere primi su Google, domani chissà.
Quello che dico sempre ad ogni azienda è di costruire un obiettivo, usare tutti gli strumenti necessari per raggiungerlo, rimanere al passo con le tendenze, rinnovarsi e non legarsi troppo a un unico strumento, perché potrebbe essere poco vantaggioso nel tempo.»

Come ribadito più volte da Cutolo nel corso dell’intervista, i siti web sono assolutamente essenziali in ottica seo .

Qualcuno potrebbe obiettare che lo sono altrettanto i social. Molti infatti hanno anche effettuato dei test per dimostrarlo in qualche modo (possiamo citare tra questi Francesco Margherita, che ne parlato in un’intervista al nostro giornale sul nuovo algoritmo di Facebook, ndr), però Cutolo precisa che «in ottica SEO, al momento, non ci sono dati rilevanti, che dicano, che i social siano un fattore di ranking», e aggiunge: «dal mio punto di vista, i social non incidono in nessun modo diretto sulla SEO, possiamo parlare di fattore indiretto».

Qual è il legame tra siti web e social network?

Si può creare però, come si accennava prima, un anello di congiunzione tra social e siti. I post condivisi sulle pagine e nei gruppi social possono contenere infatti link che rimandano a pagine dei siti, aiutando la diffusione delle informazioni.

Quanto poi siano importanti i social e quanto lo siano i siti e su quale dei due canali di comunicazione bisogna puntare maggiormente dipende dalla tipologia di settore in cui si opera, ma anche dal pubblico – e in quale fase del suo percorso di conoscenza del brand o di acquisto – si vuole colpire. Stefano Civiero e Luca Vescovi ci hanno portato come esempio il settore turistico.

«In ambito turistico ad esempio, la comunicazione veicolata tramite social network si riferisce a un target di persone interessate ma non ancora pronte alla prenotazione. In questo punto del funnel d’acquisto si lavora principalmente sulla cosiddetta “domanda latente” ovvero su potenziali consumatori che non erano a conoscenza del servizio prima di essere esposti al contenuto pubblicitario. Siamo nella fase di “ricerca informazioni” e non ancora in quella della “conversione” vera e propria. Quest’ultima solitamente viene effettuata tramite diverso dispositivo (i social si adoperano soprattutto da smartphone) e per mezzo di una diversa forma pubblicitaria (ad es. AdWords) sebbene la genesi del percorso d’acquisto possa essere nata antecedentemente, attraverso appunto la comunicazione nei social network.
Limitare la propria presenza nei canali presidiati dal proprio target significa privarsi di una fetta importante di mercato.»

Tra passato, presente e futuro

Non solo social network allora, perché a ruotare attorno ai siti è tutta una serie di altre cose che può accrescerne la visibilità. Se il sito web come pensato in passato non esiste più, resta ancora uno strumento importante e necessario, anche essenziale per certi settori. Non si possono però ignorare le evoluzioni e non si può non tener conto di nuovi modi di fruizione delle informazioni da parte degli utenti e il loro contributo attivo nel comunicare – lasciando anche recensioni – azienda, prodotti e servizi.

Per sintetizzare: è essenziale, come affermato da Ivan Cutolo, tener sempre in considerazione che «comunicare sui siti o sui social ha delle rilevanze diverse, con finalità e obiettivi diversi» e che, riprendendo le parole di Pierangelo Polito, «sito e social media sono canali di comunicazione distinti (che possono interagire tra loro) ognuno con i suoi difetti e punti di forza».

Dobbiamo essere consapevoli del presente, insomma, senza poter dire cosa ci aspetterà nel futuro. Una previsione? Lo abbiamo chiesto a Pierangelo Polito.

A livello globale il web (inteso come sito e social) continua ad evolversi e mi risulta difficile fare una previsione. Se ci contestualizziamo al mercato italiano per molte persone il “futuro” è quello che per gli addetti ai lavori è quasi ancora il “passato” e credo che più che parlare di futuro di social e siti (che potrebbero ulteriormente trasformarsi o vedere la nascita di nuove diverse piattaforme), la sfida principale dovrebbe essere di “portare tutti al presente”».

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