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Ricordi sui social media: come Facebook&co hanno preso il posto della memoria

Ricordi sui social media: affidare a Facebook il compito della memoria

"Snapchat Memories" oppure "Accadde Oggi" e "Memories" di Facebook sono feature che permettono di condividere ricordi sui social media. Perché hanno successo?

In principio fu Snapchat Memories, una particolare feature del social del fantasmino che permetteva di pubblicare e conservare foto anche scattate precedentemente e dopo averle personalizzate con filtri, testi, adesivi. L’obiettivo era evidente: superare almeno in parte quella natura momentanea e “sfuggevole” degli snap. Ben prima che le Storie di Instagram sdoganassero a un pubblico più mainstream le condivisioni temporanee, i contenuti di Snapchat infatti furono i primi a durare solo 24 ore e per cui potevano essere utilizzate solo foto scattate nelle 24 ore precedenti. Snapchat sembra abbia inventato, insomma, quell’incessante live streaming della vita quotidiana a cui ormai siamo abituati e una vera e propria grammatica dell’immediatezza rispetto a cui è lecito chiedersi che fine fanno i ricordi sui social media ?

Il web, l’oblio che non esiste, la serendipità  e il business dei ricordi

Niente è perduto, tanto più che c’è chi parla di una sorta di “memoria elefantiacadel web. La Rete non dimentica; i sistemi di indicizzazione dei principali motori di ricerca possono riportare a galla notizie e informazioni che, pure, hanno ormai perso la loro pertinenza e utilità sociale come sa bene chi si sia trovato a fare appello al diritto all’oblio e la serendipità è la “modalità” tipica con cui sui social basta un tag, un commento per ritrovarsi davanti a vecchi post e a interagire con essi. La possibilità di trovare raccolti, in un solo luogo e a portata di tap, i propri ricordi sui social media però è un’altra cosa. E se persino il social più improntato al “tempo reale” si è invento uno spazio per le Snapchat Memories, qualcosa dovrà pur significare. Non è certo una strategia di repurposing content, né si tratta di semplice effetto nostalgia.

Le persone amano riguardare le vecchie foto e, in qualche caso, farlo in compagnia. È quello a cui servivano fino a qualche anno fa i vecchi album di famiglia o le diapositive delle vacanze da mostrare fieramente agli amici. Così scrissero da casa Zuckerberg per il lancio ufficiale di “On This Day” di Facebook, una particolare funzione che permette ogni giorno di vedere cosa si è postato su Facebook negli anni precedenti. Da quando è stata introdotta, nel marzo 2015, più di 90 milioni di persone visitano ogni giorno la sezione apposita, oltre centocinquanta milioni di utenti avrebbero attivato addirittura le notifiche e quello dei ricordi sui social media sembra essere diventato un vero e proprio eldorado a cui da Facebook non sono intenzionati a rinunciare. Tanto che, dalla primavera 2017, capita di imbattersi nella home in post speciali con i ricordi del mese o della stagione appena passata, che celebrano anniversari e obiettivi importanti o ricordano con quante persone si sia fatto amicizia.

A giugno 2018 è stata data invece la notizia della nascita di Memories, una sorta di timeline parallela (raggiungibile da www.facebook.com/memories) in cui vengono visualizzati solo post, foto, eventi importanti, amicizie strette negli anni precedenti, oltre ai contenuticelebrativi” speciali di cui si accennava. È un modo come un altro per avere sempre a portata di mano le proprie memorie e ritrovare in tutta semplicità, senza dover ripercorrere a ritroso tra centinaia di post, quello che si è fatto in passato su piattaforme come queste.

Il successo dei ricordi sui social media: da cosa dipende e a cosa fare attenzione

È lecito chiedersi, allora, da cosa dipenda il successo dei ricordi sui social media. La risposta più semplice è che migliorano l’esperienza dell’utente. Alla base sta, infatti, lo stesso principio su cui si fonda il nostalgia marketing: spesso si stabilisce una sorta di legame affettivo verso un prodotto che si usava da piccoli, un programma che andava in onda in periodi particolarmente felici o anche – è il caso di dirlo – verso post condivisi in occasioni speciali e proprio questo legame è un driver potente che ci spinge di nuovo ad acquistarli, vederli, ricondividerli. Secondo qualcuno c’entra la capacità della tecnologia, quando usata nel campo dei ricordi, di far rivivere esattamente le stesse emozioni e le stesse sensazioni che si sono provate nel momento reale: grazie ai ricordi sui social media, insomma, si vive un’esperienza che riconduce a quella originale e che ha un alto tasso di emotività.

Per questo, soprattutto quando non è l’utente a scegliere quali ricordi conservare e quali no come avviene nelle Snapchat Memories ed è invece tutto delegato a un algoritmo come succede su Facebook, è di fondamentale importanza fare selezione. Non si tratta di un artificio: i meccanismi selettivi sono alla base del funzionamento della stessa memoria umana; se non fosse perché, volontariamente o meno, dimentichiamo parte delle informazioni che accumuliamo ogni giorno esauriremmo presto i fantomatici pochi  giga di cui sarebbe capace il nostro cervello. La stessa riluttanza che, nella vita reale, si dimostra verso eventi tristi o spiacevoli fissati nella memoria, si manifesta insomma anche verso i ricordi indesiderati sui social.

C’è un esempio limite che rende bene l’idea di ciò di cui si sta parlando: chiunque abbia perso una persona cara sa bene quanto possa essere doloroso imbattersi casualmente in un dettaglio, un particolare che la ricordi ed è facile capire che tutto voglia tranne un social che gli riproponga i momenti felici in sua compagnia. Con un numero di utenti defunti in costante crescita, del resto, proprio la “gestione” della morte potrebbe diventare nel tempo una issue prioritaria su cui le piattaforme social saranno chiamate a riflettere. In questo senso per esempio, per chi si stia chiedendo come Facebook sceglie i ricordi dell’On This Day, l’ultima versione dell’algoritmo pare sia in grado di “scartare” automaticamente i post in cui sono taggati profili commemorativi. Più in generale, comunque, il team di Facebook ha investito molto e fin da subito perché anche tramite i suoi Accadde Oggi ne risultasse migliorata l’esperienza degli utenti, di tutti gli utenti. Lo ha fatto, tra l’altro, sfruttando i principi dell’analisi semantica, dopo essersi accorto per esempio che non sempre i post che avevano ricevuto originariamente più interazioni erano quelli che venivano più ricondivisi e che lo erano invece i post che contenevano le parole «faccia» o «mancare». Per continuare con una sorta di tassonomia dei temi della memoria (“Taxonomy of Memory Themes”, in originale nelle ricerche di Facebook) tra i ricordi meno ricondivisi, nonostante lo spopolare di foodporn e foodtography, ci sono i contenuti collegati al cibo che, prevedibilmente, perdono d’interesse agli occhi degli utenti con il passare del tempo.

Rimettere le persone al centro dell’esperienza social e farlo a partire dai ricordi

Una piattaforma che raccoglie e ripropone i ricordi sui social media dovrebbe poter essere considerata, del resto, una piattaforma che fa una sorta di “dono” ai suoi iscritti. Quest’ultimi dovrebbero potersi sentire grati, non frustrati. Per questo l’ideale sarebbe evitare qualsiasi defaillance e dove non può l’algoritmo dovrebbe poter intervenire il singolo utente (scegliendo per esempio le date di cui non vuole aver riproposti i ricordi, le persone di cui evitare i post, ecc., ndr). Per quanto possa sembrarlo, insomma, la condivisione di ricordi sui social media non è affatto una issue secondaria tanto per gli utenti, quanto per chi gestisce queste piattaforme. Anzi: c’è chi ha proposto di considerare l’Accadde Oggi di Facebook tra quei segnali (tanti) che indicano il livello di cura e di attenzione che la piattaforma ha verso i suoi utenti. Facebook&co. del resto sarebbero niente senza le persone, non sorprende quindi che gli aggiornamenti, le politiche, le feature specifiche (persino l’ultima che sposta post non sponsorizzati e di contatti con cui non si hanno interazioni frequenti nel feed ‘esplora’, ndr) abbiano al centro le persone, le relazioni che si creano tra di loro, in una sorta di ritorno “all’antico” che premi appunto la dimensione di reti sociali, reti di persone.

Il tutto senza contare che, più in generale, la condivisione di ricordi sui social media come quelli delle Snapchat Memories o dell’“On This Day” di Facebook avrebbe l’effetto, più concreto, di aumentare il tempo che gli utenti passano su queste piattaforme. C’è chi ha sottolineato in questo senso che i ricordi hanno il vantaggio di rendere migliore e più “vivibile” l’ecosistema social, rifocalizzando l’attenzione su quei dettagli e quelle narrazioni intime e personali che interessano davvero agli utenti, dimostrandosi un’alternativa preferibile a clickbait , flaming, discorso dell’odio. Aumentare il tempo che gli iscritti passano sulla piattaforma è, ovviamente, anche questo un business per i giganti del social networking.

C’è un altro aspetto secondario, ma non per questo trascurabile, che spiega infine il successo dei ricordi sui social. Ben oltre qualsiasi preoccupazione relativa alla privacy e alla riservatezza delle informazioni e dei propri dati personali (si tratta, infatti, di contenuti già condivisi sui social, per cui si è scelto di accettare determinate policy e linee guida già al momento della prima condivisione, ndr), infatti, contribuiscono a creare il proprio, personalissimo, archivio digitale: se si è smesso (o quasi) di stampare le foto è perché si fa prima a condividerle sui social, dove si può dire tra l’altro con chi si era, dove si era, ecc. Ora, così, i ricordi di Facebook, le memorie di Snapchat risolvono anche il problema della persistenza di questi contenuti, rendendoli fruibili, dando loro nuova vita, e protagonisti a richiesta del percorso di (ri)costruzione identitaria.

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