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Arte e social media: come usarli per coinvolgere le community, fare personal branding e vendere

Social media per l'arte: uso, vantaggi, strategie e best practice

Curare strategicamente la propria presenza digitale è ormai essenziale per chi lavora con l'arte, come per ogni altro professionista. Per questo un artista non può rinunciare ad account e profili sui social da cui costruire un rapporto diretto con fan, appassionati, clienti, talent scout. 

Il calo endemico del traffico organico è ormai da tempo croce di molti social media manager e gestori di pagine e account aziendali. Eppure un’eccezione positiva sembra esserci: i contenuti di carattere culturale. Nel 2019 PaesiOnLine.it aveva analizzato, per un periodo di tempo di sei mesi, piani editoriali per Facebook che comprendevano tipologie diverse di post e si era accorto che ogni volta che si utilizzava il social media per l’arte e, cioè, per condividere foto e immagini di repertorio di musei o opere custodite al loro interno, curiosità su luoghi di cultura o siti storico-artistici rinomati e via di questo passo si riusciva a generare almeno un quarto di interazioni (like, commenti, condivisioni) in più rispetto a quelle raccolte da post su altri temi.

Se l’arte sui social crea engagement e sa far divertire

Lo studio aveva provato anche a identificare se ci fossero – e quali eventualmente fossero – differenze di genere nella fruizione di contenuti culturali come questi e a stilare una sorta di classifica dei monumenti e musei più coinvolgenti sui social. Ne è venuto fuori che mentre gli uomini avrebbero una particolare propensione per foto aeree e panorami, le donne apprezzerebbero soprattutto i dettagli dei luoghi di interesse storico-culturale che hanno visitato o che visiteranno.

Gli animali e in particolare i gatti, star della Rete anche indipendentemente dall’essere protagonisti di opere d’arte, sembrano tra quei dettagli di quadri, sculture, installazioni, pezzi di arte performativa più capaci di creare engagement e per natura propensi a diventare virali. Quanto al luogo d’arte più coinvolgente sui social, invece, si tratterebbe dell’Ermitage: non solo le opere conservate all’interno del museo simbolo della Russia, ma le sue stesse architetture, se condivise su Facebook e simili, genererebbero più interazioni del 90% di altri contenuti simili.

Sebbene poco rappresentativi a livello statistico, risultati come quelli dell’indagine di PaesiOnline.it bastano a spiegare perché oggi non c’è museo che non abbia almeno un account social o come, accanto al tradizionale intrattenimento culturale “da TV” (quello tornato in voga di recente con Meraviglie di Alberto Angela per esempio), sia emerso un genere di intrattenimento del tutto simile nei contenuti ma in versione social.

È fatto di micro influencer che si preoccupano di promuovere i tesori artistici o storico-culturali del proprio territorio; da star della Rete e big influencer desiderosi di proporsi come role model che condividono guide per un viaggio alla scoperta delle ricchezze nascoste della Puglia o si fanno testimonial di istituzioni come gli Uffizi e, ancora, da pagine Facebook che trasformano i capolavori dell’arte in meme divertenti e capaci di arrivare con più facilità anche ai più giovani (sono pagine come, solo per citarne due tra le più seguite, “Se i quadri potessero parlare” o “Make Italian Art Geart Again”) e persino da profili TikTok che fanno cantare a capolavori dell’arte di tutti i tempi pezzi cult della musica pop-rock, in perfetto omaggio alla cosiddetta remix culture .

Giovane ragazza che lavora a maglia – William-Adolphe Bouguereau (1849) #seiquadripotesseroparlare

Posted by Se i quadri potessero parlare on Tuesday, December 31, 2019

Fine delle consultazioni #sergiomattarella #crisidigoverno #marinaabramovic

Posted by Make Italian Art Great Again on Saturday, January 30, 2021

@culturezvous

🥳 L’ambiance dans les musées quand ils pourront rouvrir 🤣 • #culture #art #culturetiktok #tiktokacademie #tiktokculturefestival #museum #musee

♬ son original – Culturez-vous

Come usare i social media per l’arte in maniera professionale

Usare i social media per l’arte, del resto, ha ribadito il curatore ed esperto d’arte Andrea Speziali durante la puntata di Inside Talk, nostro format di live video, del 4 febbraio 2021, vuol dire sempre combinare intrattenimento e divulgazione. Chi vuole parlare d’arte sulle reti sociali deve saper «suscitare interesse, trovare aneddoti o curiosità» e, sotto un punto di vista più strategico, conoscere e comprendere al meglio logiche e grammatiche tipiche del mezzo che intende utilizzare e, in considerazione di queste, stabilire «che obiettivi si vuole ottenere, per che audience».

Arte e digitale: un connubio rodato per la nuova normalità delle esperienze culturali
Arte e digitale: un connubio rodato per la nuova normalità delle esperienze culturali

Vale per i musei che sfruttano i social media per “espandere” anche oltre il momento e il luogo fisico della visita l’esperienza artistica vissuta dai visitatori, tanto quanto per gli artisti, di tutti i generi, interessati a sfruttare soprattutto le potenzialità in termini di visibilità di questi canali digitali.

Ogni professionista sa bene, del resto, che investire sul personal branding è ormai essenziale, anche considerato che il mercato del lavoro è in costante e rapida trasformazione, oltre che oltremodo competitivo. I social network possono essere di grande aiuto in questo senso a far emergere il proprio brand personale, a patto certo di mostrarsi interessati a curare ogni aspetto della propria presenza digitale.

Anche per chi lavora con l’arte (pittori, scultori, visual artist, fotografi, performer, ecc.) “essere sui social è, insomma, una sorta di Canvas «progredito» che serve per far circolare nuove idee o trarne ispirazione, creare una comunità di persone con interessi simili, ricevere feedback sul proprio lavoro, oltre che poterlo vendere come si vedrà.

Costruire community affezionate è la prima regola d’oro per l’artista sui social media

Proprio creare una community, insieme certamente al lavoro di community management indispensabile in un secondo momento per tenerla viva e in salute, è uno step imprescindibile quando si intende sfruttare i social media per l’arte o, meglio, per mettere a frutto la propria arte. L’artista che sta sui social, infatti, può usare la Rete in funzione d’ascolto proprio come i brand che fanno social media monitoring o usano tool per indentificare le conversazioni social riguardanti i propri prodotto o la propria azienda: lo aiuterà a intercettare nuove tendenze, nuove sensibilità o a ricevere feedback spontanei da parte di fan e appassionati, preziosi per migliorare il proprio lavoro.

I membri delle proprie community più affezionate possono trasformarsi, però, in veri e propri stakeholder del proprio lavoro d’artista presso chi sta a monte nella filiera dell’industria dell’arte che, in tempi di crisi, è facile pensare abbia tutto l’interesse a investire per lo più su prodotti – o esperienze – per cui esista già una buona domanda.

Di “casi” che sono diventati tali anche e soprattutto grazie al potere delle community non ne mancano, del resto, nell’ industria culturale contemporanea. “After“, la fortunata saga di Anna Todd, è nata su Wattpad e come fanfiction prima di arrivare nel catalogo di Sperling&Kupfer proprio grazie alla pressione di tanti lettori appassionati.

Una sorte simile è toccata allo scrittore e fotografo nigeriano Teju Cole, che solo grazie a Twitter e alla sua cerchia di follower affezionati è riuscito a far conoscere e far tradurre in più lingue il suo primo romanzo, “Città aperta”.

Anche il trentaquattrenne newyorkese Daniel Arnold aveva già su Instagram decine di migliaia di seguaci prima che Vogue America lo volesse come fotoreporter ufficiale delle feste più esclusive della Parigi Fashion Week 2014: in poco tempo i suoi scatti hanno cominciato a essere valutati decine di migliaia di dollari al pezzo ed esposti nelle più famose gallerie londinesi.

daniel arnold parigi fashion week 2014

Per la Parigi Fashion Week 2014, “Vogue America” si rivolse come fotoreporter a Daniel Arnold, un allora trentaquatrenne già molto attivo e con buon seguito su Instagram. I suoi scatti sono ora quotati decine di migliaia di dollari. Fonte immagine: Vogue

A Eddie Rossetti, studente di Design che di sé dice di essere un «menswear addict & fashion blogger», una corposa community su Pinterest è valsa, invece, la collaborazione continuativa con brand del lusso tra i più noti, da Versace a Ferragamo.

eddie rossetti pinterest

I pin di Eddie Rossetti erano molto apprezzati anche prima che cominciasse a collaborare con grandi firm della moda. Fonte: Pinterest/@EddieRossetti

L’esempio forse di più facile comprensione riguardo a quali risultati ottenere sfruttando i social media per l’arte è, però, quello di Rupi Kaur: oggi ha all’attivo tre pubblicazioni capaci di vendere da sole più dei primi dieci libri di poesia più famosi di tutti i tempi, ma all’inizio era “solo” una poetessa che usava Instagram (dove ha tra l’altro, attualmente oltre 4 milioni di follower, numeri da star e presidenti americani) per condividere i propri versi che parlavano di consapevolezza del corpo, di sessualità, di femminilità.

Ci sono rischi nell’esporre il proprio lavoro artistico sui social?

Proprio l’instapoet Rupi Kaur, però, è stata protagonista di una vicenda che mette in guardia dai rischi che possono derivare talvolta anche dall’utilizzare i social media per l’arte. L’artista si è vista oscurato, infatti, uno scatto realizzato per un corso di retorica visiva che la ritraeva distesa sul letto con i pantaloni del pigiama sporchi di sangue mestruale.

social network per l'arte immagine censurata ciclo

Uno degli scatti di Rupi Kaur censurati da Instagram.

È una “censura” che è toccata anche a opere in cui si intravedevano genitali femminili (Facebook è finito davanti a un tribunale francese per aver censurato “L’origine del mondo” di Courbet) o capezzoli di donna (tanto che #freethenipple è diventato l’ hashtag simbolo della lotta per la normalizzazione del corpo femminile anche da parte delle piattaforme e non sono mancate, nel tempo, campagne come “TETTE FUORI” di CHEAP che trasformano gli stessi standard sessisti delle piattaforme nei confronti dei corpi femminili in tema d’indagine artistica).

Se è impensabile che policy, linee guida, standard di comunità arbitrariamente adottati dalle singole piattaforme, secondo qualche accusa peraltro in maniera poco trasparente, possano trasformarsi in nuovi canoni estetici, “incidenti” come questi ricordano comunque quanto importante sia per chi vuole usare i social media per l’arte conoscere alla perfezione questi ambienti, chi li frequenta, con quali dinamiche e quale sia la “fenomenologia dei social network” (Boccia Artieri G. et al., GueriniScientifica, Milano, 2017).

Strategie social per artisti: consigli da cui partire

Una sorta di ideale guida al social media marketing per gli artisti non potrebbe partire dalla scelta dei social network giusti su cui essere presenti. Non è detto, infatti, che una strategia “all channel”, che preveda ossia di aprire account e profili social su praticamente ogni piattaforma esistente, sia sempre la più indicata.

Meglio concentrare i propri sforzi sui social più frequentati dai propri target di riferimento, soprattutto se ci si dovrà occupare da soli e senza uno staff di aggiornarli costantemente e riempirli di contenuti. Attenzione soprattutto a identificare a quale scopo ogni canale può rivelarsi più performante: si potrebbe usare Instagram, per esempio, per nutrire la propria community con contenuti di backstage” e che raccontino la quotidianità della propria vita d’artista, ma meglio utilizzare Pinterest invece come uno storyboard che renda immediatamente idea di quali siano il proprio stile, le proprie linee di ricerca artistica, ecc. o come una sorta di portfolio dei propri lavori. Non mancano, naturalmente, anche piattaforme verticali e specializzate (come Dantebus, solo per citarne una) nate appositamente per far incontrare artisti, appassionati d’arte, compratori e collezionisti in un ambiente in cui arte e senso del bello siano al centro di tutte le conversazioni.

Anche costruire uno storytelling coinvolgente è essenziale: come ha raccontato ancora Andrea Speziali, nella già citata puntata di Inside Talk dedicata ad arte e digitale, infatti, in Rete e considerato l’uso perlopiù ludico di questi servizi è possibile che le persone siano più interessate a scoprire la vera storia del furto del Klimt di Piacenza che ad addentrarsi nell’anatomia di un’opera d’arte o in una serie di dettagli tecnici che la riguardano.

Sul profilo Instagram di @jago.artist, uno degli scultori contemporanei più quotati, l’importanza di costruire uno storytelling emozionale, ancor più che semplicemente coinvolgente, appare evidente nella scelta di rendere la community partecipe di ogni turning point che porta alla nascita dell’idea artistica de “Il figlio velato” o di “Lookdown”.

Se non deve essere difficile per chi lavora con l’arte procurarsi contenuti sempre originali e di qualità con cui riempire i propri piani editoriali per i social, un po’ di praticità in più serve per imparare il timing perfetto: non si tratta tanto di sapere quali sono giorni e orari ideali per postare sui diversi social network, quanto di imparare a condividere solo quando si abbia qualcosa di veramente rilevante e che possa risultare di valore per le proprie community. Evitare l’overposting è essenziale, insomma, per chi usa i social media per l’arte come per chiunque intenda fare un uso professionale degli stessi canali digitali.

Social media per l’arte: possono servire a creare un funnel di vendita?

Ci sarebbe, infine, una sorta di “regola 80/20” anche per gli artisti sui social. È una formula che riassume bene l’importanza che il grosso della propria attività in Rete sia fatto di contenuti che interessino e coinvolgano le proprie community e solo una piccola parte, il 20% appunto, sia attività di tipo promozionale.

Senza dare l’impressione di voler spammare a tutti i costi il proprio lavoro, infatti, si possono usare i social anche come punto di partenza di un funnel che porti a vendere la propria arte.

Secondo una ricerca riportata da Artsy, infatti, più della metà di chi ha una collezione d’arte avrebbe comprato oggi almeno un’opera di un artista scoperto su Instagram. Chi si innamora di un nuovo artista su Instagram, o dopo averlo scoperto si convince che le sue opere possano diventare affari in futuro, però arriverebbe talvolta ad acquistare fino a cinque opere mai viste altrove.

Gli ambienti digitali, cioè, disintermediano anche il talent scouting o, meglio, sono capaci di mettere in contatto direttamente domanda e offerta d’arte. I vantaggi vanno in questo senso dalla possibilità di aggirare i vincoli geografici – vincoli che spesso condannavano gli artisti di provincia a una vita di gallerie di seconda scelta, mettendo ora a contatto artisti e nuovi mecenati che si trovano in parti completamente diverse del mondo – alla maggiore trasparenza nelle transazioni.

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