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Diciannove piattaforme digitali tra le più usate sono sorvegliate "speciali" della Commissione Europea

decisioni UE

Nell'elenco ci sono Facebook e Instagram, Twitter, TikTok, ma anche i servizi di casa Google, Amazon, Apple. La Commissione Europea ha chiesto loro di conformarsi al Digital Services Act quanto a trasparenza e sicurezza.

Scatta la sorveglianza UE per diciannove big tech. Tra queste ci sono Amazon, Apple, Meta, Google, Twitter e ByteDance. Entro quattro mesi dal provvedimento, e cioè entro il 25 agosto 2023, dovranno dimostrare di rispettare il Digital Services Act (DSA) e le sue previsioni su protezione degli utenti online (specie se minori), moderazione dei contenuti, trasparenza, risk assessment e mitigazione dei rischi sistemici.

Sorveglianza UE per diciannove big tech: quali sono (e perché)

Il Digital Services Act, del resto, è nato con l’obiettivo dichiarato di creare, insieme al Digital Markets Act (DMA), uno spazio digitale più sicuro ed equo.

Tra le varie previsioni c’era che le grandi aziende operanti in Europa pubblicassero entro il 17 febbraio scorso dati, come quelli sul numero di utenti dei propri servizi, utili al fine di identificare chi e in che misura dovesse rispettare i nuovi standard.

È sulla base di tali dati che la Commissione Europea ha identificato le major che hanno attualmente in Europa una base di almeno 45 milioni di utenti attivi al mese e ha fatto scattare la sorveglianza UE per diciannove big tech, dividendo le ultime tra Very Large Online Platforms (VLOPs) e Very Large Online Search Engines (VLOSEs).

Le piattaforme online “molto grandi” operanti in Europa individuate dalla Commissione sono diciassette: Alibaba AliExpress, Amazon Store, Apple AppStore, Booking.com, Facebook, Google Play, Google Maps, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter, Wikipedia, YouTube e Zalando.

Due sono, invece, i motori di ricerca osservati speciali: Google Search e Bing.

Cosa dovranno fare, entro agosto, le aziende digitali operanti in Europa per adeguarsi al Digital Services Act

Aziende e servizi «designati» dalla Commissione Europea avranno ora, come in parte già si accennava, quattro mesi di tempo per adeguarsi a quanto previsto dalla nuova normativa europea sui servizi digitali.

Più nel dettaglio dovranno rispettare la libertà di scelta degli utenti e dovranno farlo in vari modi: dando loro maggiori e più chiare informazioni su come vengono selezionati i contenuti suggeriti e la possibilità di disattivarli, per esempio, ma anche prevedendo modalità di segnalazione dei contenuti controversi o illegali più semplici e immediate; segnalando opportunamente i contenuti pubblicitari e fornendo informazioni dettagliate riguardo a chi li finanzia; evitando di usare per la profilazione dati sensibili degli utenti, come quelli su religione, appartenenza politica, orientamento sessuale o etnia, e scrivendo policy e termini e condizioni di utilizzo del servizio chiari e comprensibili.

Per una maggiore protezione dei minori sul web, le diciannove big tech “sorvegliate” dalla Commissione Europea dovranno porre fine alla profilazione degli stessi a scopo pubblicitario, in primis, ma anche portare a termine una serie di valutazioni. Dovranno valutare, per esempio, come le dinamiche che si stabiliscono all’interno delle proprie piattaforme, se non addirittura le interfacce delle ultime, possano avere effetti negativi per la salute fisica e mentale dei bambini. I risultati di tali valutazioni dovranno essere resi pubblici e le aziende dovranno intervenire a correggere eventuali meccanismi pericolosi per la sicurezza dei minori online.

Più in generale, piattaforme e motori di ricerca dovranno dotarsi di policy chiare e «non arbitrarie» contro la diffusione di disinformazione e contenuti illegali online e garantire che siano sempre rispettati la libertà d’espressione e il diritto all’informazione. Nella pratica ciò si traduce soprattutto nella necessità di predisporre meccanismi più veloci e accurati di verifica dei contenuti segnalati come controversi.

In ottemperanza agli obblighi di trasparenza, infine, le principali aziende digitali operanti in Europa dovranno pubblicare periodicamente report riguardanti le decisioni intraprese relativamente a moderazione dei contenuti e gestione dei rischi; per la valutazione degli ultimi potranno rivolgersi, eventualmente, a un audit esterno e indipendente.
Inoltre, dovranno rendere pubblicamente disponibili archivi di tutti i contenuti pubblicitari pubblicati sulle proprie piattaforme e mettere a disposizione di studiosi e ricercatori i propri dati.

Un sistema di controllo «pan-europeo» verificherà se le big tech rispettano le regole

Un’«architettura di supervisione pan-europea» si occuperò di vigilare per garantire che tutto ciò avvenga. Essa è stata annunciata contestualmente allo scatto della sorveglianza UE per diciannove big tech, è ancora in via di definizione e in essa con ogni probabilità saranno coinvolte anche le autorità nazionali.

«La logica complessiva di queste regole – ha ribadito Margrethe Vestager, commissario europeo per la concorrenzaè assicurare che la tecnologia sia a servizio delle persone e delle società in cui viviamo e non il contrario».

Dello stesso avviso sembra essere anche il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, che ha ricordato in questa occasione – come aveva già fatto, per esempio, anche all’indomani dell’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk – la necessità per le big tech di «cambiare i propri comportamenti e seguire le regole se vorranno continuare a operare in Europa».

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