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Spirito di gruppo: cosa serve per svilupparlo al meglio sul lavoro?

Spirito di gruppo: cosa serve per svilupparlo al meglio sul lavoro?

La capacità di lavorare in gruppo è, oggi, una skill fondamentale per aziende e dipendenti. Cosa serve per svilupparla? I consigli di Google.

La capacità di lavorare in gruppo sembra essere una skill indispensabile per chi si affaccia oggi al mondo del lavoro e tra quelle che un’azienda che punti a risultati performanti dovrebbe far sviluppare al meglio ai propri dipendenti.

Secondo uno studio pubblicato sull’Harvard Business Review, infatti, negli ultimi vent’anni il tempo che manager e altri dipendenti spendono in attività di gruppo è cresciuto di almeno il 50% e in alcune compagnie quasi tre quarti della giornata lavorativa è impegnata da riunioni, meeting, comunicazioni tra dipendenti e momenti operativi di team.

La ricetta per un gruppo perfetto, però, non esiste oppure, se proprio esiste, è difficile da trovare. Nella maggior parte dei casi, scrive il “New York Times”, ogni gruppo di lavoro sviluppa personalissime “norme” che lo fanno andare avanti al meglio: si tratta di abitudini, comportamenti standard o regole non scritte che, però, rendono efficiente il lavoro dei membri del team e, nel complesso, le performance del gruppo. Sono “norme” diverse da caso a caso: per un gruppo, infatti, può essere funzionale evitare liti e discussioni, mentre un altro può incoraggiare invece anche lo scambio “acceso” di opinioni, in un team si possono favorire i rapporti personali ed extra-lavorativi tra i membri, mentre in un altro possono essere severamente vietati, per non parlare dei gruppi che assumono come prassi pranzi e cene collettivi (del resto, si sa, il cibo è un grande “acceleratore” di fiducia).

Di fronte ad un mare magnum di “formule” ideali per il lavoro di gruppo, Google prova con il progetto Aristotele a individuare tutto ciò che può rendere efficiente il lavoro in team, analizzando risultati, performance e aspetti più “soft” come la soddisfazione dei dipendenti, la natura e la qualità dell’ambiente di lavoro degli oltre 180 gruppi all’interno della compagnia. La prima evidenza? Indole, carattere, capacità e background dei singoli membri non influiscono, come si pensa, sull’efficienza del lavoro di gruppo. Inutile affannarsi, insomma, se ci si occupa delle risorse umane a mettere su il team “perfetto”, composto da persone che abbiano lo stesso carattere e gli stessi interessi, che sappiano socializzare, che siano sullo stesso livello professionale, che provengano da percorsi simili di studio o di carriera o le cui capacità tecniche e professionali si completino a vicenda, a seconda della filosofia che si sceglie di seguire. La componente individuale conta ben poco per la buona riuscita del lavoro di gruppo.

Conta di più, stando ai dati raccolti da Google, per esempio, la possibilità per ogni membro del gruppo di sentirsi psicologicamente al sicuro al suo interno. Questo senso di sicurezza può essere ottenuto in diversi modi: si va da comportamenti basilari come parlare a turno, ascoltare gli altri, essere sensibili nei loro confronti e tenere conto del loro stato emotivo-psicologico, fino a task più complesse come il creare un ambiente che stimoli ciascuno ad assumersi i propri rischi. Un gruppo lavorativo che funziona, insomma, è un gruppo in cui nessuno ha paura di prendere una decisione importante, con i rischi che ne conseguono, oppure una scelta nuova.

Anche avere ben chiara la struttura e l’organizzazione aziendale è, secondo Big G., uno di quei fattori che può favorire il lavoro e lo spirito di gruppo all’interno di un’organizzazione. Non si tratta, infatti, soltanto di avere pronto un organigramma aziendale e di condividerlo con tutti i dipendenti, a qualsiasi livello si trovino. Ciò aiuta certo a snellire i processi produttivi/organizzativi e rende evidenti rapporti di forza e responsabilità all’interno dell’azienda; quello che conta di più, però, è che ogni lavoratore abbia chiaro il suo ruolo, le sue responsabilità e i suoi meriti nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.

L’altro elemento fondamentale per far funzionare il lavoro di gruppo individuato da Google è, infine, la capacità dialogo, anche quando si tratta di parlare di argomenti che sfuggono la sfera prettamente lavorativa. Dall’osservazione del comportamento dei gruppi del progetto Aristotele, infatti, ne esce smentita la massima secondo cui si dovrebbero lasciare fuori dagli ambienti di lavoro le questioni personali. Nessuno vuole davvero “dimenticarsi” di una parte importante (la più importante, si direbbe) della sua vita, per di più per otto ore al giorno. E, del resto, solo riuscendo a essere completamente se stessi si può raggiungere anche sul luogo di lavoro quel senso di sicurezza psicologica di cui sopra. Il problema? A detta di Google, è che anche se si passa gran parte della propria giornata a lavorare insieme e su progetti di gruppo, spesso non ci si conosce abbastanza per raccontarsi aspetti privati della propria vita.

La capacità di lavorare in gruppo, insomma? È molto più complicata da sviluppare di quanto non si creda. Per questo, per esempio, negli MBA (i programmi di specializzazione manageriale post-laurea, ndr) americani i gruppi di lavoro agli studenti sono assegnati d’ufficio, perché imparino cosa vuol dire condividere skill, obiettivi, visioni e cosa significhi confrontarsi ogni giorno con le (complesse) dinamiche di gruppo.

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