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Spot contro l'inquinamento da plastica: l'impegno delle ONG e dei brand per sensibilizzare ed educare i consumatori

Spot contro l'inquinamento da plastica: alcuni esempi

Da quelli più divertenti o artistici a quelli più seriosi e anche scioccanti: alcuni esempi di spot contro l'inquinamento da plastica.

«Forse non lo sapete, ma più del 40% della plastica viene usato una sola volta e poi gettato»; se poi si considera anche che «una bottiglia può restare intatta per 450 anni» si comprende ancor meglio la dimensione del problema e l’urgenza di combatterlo: anche se c’è ancora molta disinformazione sul tema e su cosa in concreto fare, spot contro l’inquinamento da plastica, come “Planet or Plastic” di National Geographic, contribuiscono ad aumentare la consapevolezza. Tali messaggi promozionali, infatti, illustrano il preoccupante scenario e la dura sfida da affrontare, suggerendo di partire da semplici gesti, perché ogni individuo può dare il suo contributo per aiutare il pianeta.

ONG e molti brand hanno finalmente deciso di affrontare il problema seriamente e, consapevoli dell’impatto negativo delle proprie azioni sul pianeta, hanno lanciato delle campagne volte a informare i consumatori sulle piccole azioni del quotidiano che possono fare la differenza in questa missione di salvaguardia della Terra.

Spot contro l’inquinamento da plastica per raccontare una realtà che «fa paura»

«Dobbiamo parlare. Questo rapporto non sta funzionando. Non è positivo per me. Ti sto lasciando. […] Sei sempre stata lì per me quando ho avuto bisogno, ma ho capito il danno che stavi causando»: così comincia il video che, a primo impatto, potrebbe rappresentare un individuo che intende interrompere un rapporto tossico, di lunga data. A spezzare il filo prevedibile della storia c’è invece l’altro interlocutore che non è il fidanzato/a, bensì una bottiglia di plastica.

Ecco lo spot contro l’inquinamento da plastica di UN Environment, che ha deciso di affrontare il tema in maniera umoristica e al contempo seria: «mi stavi soffocando. Non siamo più compatibili. E c’è un’altra cosa che devi sapere… ho conosciuto un’altra “persona”…» e cioè la bottiglia di alluminio, che può difatti sostituire quella di plastica e contribuire alla riduzione dell’utilizzo di questo materiale così difficile da smaltire.

Screen dal video:

E se c’è chi la prende con umorismo, c’è chi invece ha deciso di assumere con un tono più serio e autoritario. Stranamente, però, in questo caso si tratta di bambini: in uno spot del magazine Ohga, un gruppo di “piccoli attivisti” rimprovera gli adulti e lo fa in maniera informativa: «il mare ricopre il 71% della superficie terrestre e tu sei stato capace di inquinarlo tutto», fanno notare i protagonisti del video. Essi confessano anche le proprie preoccupazioni: «comincio ad avere paura di respirare l’aria perché sento che è sporca. […] Io non voglio nuotare più in un mare di plastica. E se mi ammalo, di una cosa brutta?».

Dai più grandi, così, pretendono: «da oggi, le regole le faccio io! Usa una borraccia invece di mille bottiglie, un bicchiere di vetro invece di mille di plastica e basta con le cannucce. Non sai bere direttamente dal bicchiere?». La simpatia dei più piccoli contrasta con la serietà del messaggio che comunicano, in una maniera così tenera da non poter lasciare indifferentei gli ascoltatori.

Il degrado dei mari: come restare indifferenti di fronte a una strage?

sea Shepherd, l’ONG che si occupa della tutela degli ambienti e della fauna marini, ha deciso di stimolare delle emozioni specifiche nel pubblico, partendo dall’effetto sorpresa e dallo shock e portando a una riflessione sui danni provocati dai rifiuti di plastica presenti negli oceani: «ogni anno miliardi di pezzi di plastica vengono gettati, mettendo in pericolo la vita degli oceani».

Per rendere più concreto il concetto, l’organizzazione ha deciso riprodurre il problema in un luogo “più vicino” ai consumatori, riempendo così una piscina, a Parigi, con delle buste di plastica e ricordando che «tu puoi decidere di non nuotare in un posto così, ma la fauna selvatica marina no».

In un altro spot dallo stile ben diverso ma ugualmente toccante, invece, Sea Shepherd tratta il tema della morte di milioni di animali causata dai detriti marini, illustrando con un’animazione la morte di delfini, tartarughe e altri animali, provocata dai rifiuti gettati in mare.

Ugualmente artistico è lo spot di United Nations EnvironmentPlastic Ocean“, creato con dei rifiuti di plastica ritrovati nelle strade di Bangkok, in Tailandia, per ricordare le previsioni degli scienziati per il 2050, quando appunto «ci sarà più plastica che pesci negli oceani».

Lo spot citato in apertura, creato e lanciato da National Geographic a marzo 2019, invece, conta sulla partecipazione di Marco Mengoni per richiamare l’attenzione degli utenti sulle conseguenze dell’utilizzo di plastica monouso: «entro il 2050 tutte le specie di uccelli marini avranno consumato plastica» e bisogna assolutamente fermare questo disastro in corso.

Cosa fare per affrontare questa sfida?

Cosa fare, allora, in concreto? Certamente educare le persone, insegnando loro quali sono i comportamenti da mettere in atto per ridurre l’inquinamento e tutelare il pianeta. Chi meglio di Gianluca Fru (uno dei noti content creator di The Jackal) potrebbe spiegare ai consumatori come adottare uno stile di vita più eco-friendly?

«L’essere umano ha sviluppato dei metodi di recupero dei materiali grazie a impianti che li distinguono e li preparano a ricevere una nuova vita. La plastica PET, ad esempio, può essere riciclata all’infinito. Se riciclassimo la plastica già esistente non sarebbe necessario produrne di nuova. Per questo è importante riciclare correttamente»: il messaggio dei The Jackal che, in uno spot per Ferrarelle, raccontano proprio “Le 8 cose che non sapevi sul riciclo“.

Per promuovere il servizio Plastic Radar, Greenpeace ha creato uno spot che spiega agli utenti come possono collaborare con l’organizzazione attraverso delle segnalazioni di rifiuti di plastica dispersi in spiaggia, a mare, nei fiumi o nei laghi, inviate tramite WhatsApp a un chatbot ad hoc. Come sostiene l’organizzazione, «più del 90% della plastica finora prodotta (oltre otto miliardi di tonnellate) non è stata riciclata, ma le aziende continuano a fare profitti vendendo sempre più plastica usa-e-getta, spesso senza darci alternative».

Greenpeace chiede allora ai consumatori di “denunciare” i responsabili, inviando delle foto dei rifiuti trovati (come bottiglie per esempio), insieme alla relativa posizione geografica e al nome del brand in questione, partecipando così a un’indagine collettiva che punta a sensibilizzare e responsabilizzare le aziende circa il loro impatto negativo sul pianeta.

Da anni, in realtà, l’organizzazione cerca di incentivare le grandi multinazionali a trovare delle soluzioni per il packaging più ecologiche. Sono infatti stati ideati anche degli spot che giocano in maniera ironica sul danno causato da grandi aziende come Nestlé che, secondo Greenpeace, ha creato un vero e proprio “mostro” con la produzione massiccia di bottiglie di plastica usa e getta.

Un altro esempio di spot contro l’inquinamento da plastica è quello di SC Johnson che invita i consumatori a utilizzare le ricariche del detergente Windex per poter usare per circa tredici volte lo stesso flacone spray progettato dal brand proprio per essere riutilizzato.

Anche Unilever ha lanciato diversi video di sensibilizzazione a riguardo, come quello dal titolo “Start a little good“, in cui una singola busta di plastica, lanciata dalla finestra di un autobus, cade vicino a una mucca che immediatamente cerca di mangiarla: ecco un piccolo gesto (molto scorretto) che può avere un grande impatto sull’ambiente. Così, in questo spot contro l’inquinamento da plastica, Unilever cerca di educare i propri consumatori promuovendo la corretta separazione delle confezioni di plastica per il riciclaggio: «fai ciò che puoi, perché anche un piccolissimo gesto può fare una grande differenza», nel bene e nel male.

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