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Stop a baci e abbracci nelle pubblicità: le reazioni dei brand all'emergenza coronavirus

così cambia la comunicazione dei brand ai tempi del coronavirus.

Così cambia la comunicazione dei brand ai tempi del coronavirus: Hershey ha detto (temporaneamente) no a baci e abbracci nelle pubblicità.

La diffusione del coronavirus, dichiarata dall’OMS pandemia, sta avendo un grande impatto sulla vita dei cittadini che, nelle ultime settimane, hanno dovuto adottare delle abitudini diverse, allo scopo di frenare ed evitare i contagi. Cercando di adattarsi ai cambiamenti e alle regole sociali necessarie per affrontare quest’emergenza, la marca statunitense Hershey ha così detto stop a baci e abbracci nelle pubblicità del suo cioccolato, proponendo, almeno per il momento, delle adv più incentrate sui prodotti.

Hershey dice no a baci e abbracci nelle pubblicità

I cambiamenti derivanti dalle misure adottate dai governi dei diversi paesi in cui si è diffuso il contagio stanno riguardando non solo la sfera professionale degli individui ma anche la vita sociale, poiché le misure prevedono, tra le altre cose, il mantenimento di una distanza minima tra le persone negli spazi pubblici e, nel caso specifico dell’Italia, soprattutto il monito di rimanere in casa (le iniziativa per #iorestoacasa sono emblematiche in tal senso) e uscire solo se strettamente necessario, per esempio per visite mediche, acquisto di beni di prima necessità, lavoro (laddove non è possibile lavorare da casa), da comprovare mediante autocertificazione da esibire alle autorità competenti.

Frame di uno degli spot di Hershey. Fonte: Ad Age

In questo periodo di dure sfide per i sistemi e per i professionisti della salute, anche i brand possono (e devono) dare un contributo nella promozione di comportamenti più responsabili. Partendo da questo presupposto, l’azienda ha deciso di bloccare la diffusione e la circolazione di due spot, incentrati sulla condivisione e sui rapporti umani, in cui Diggy Moreland e Bob Williams offrono delle barrette di cioccolato a dei passanti per strada, spesso insieme ad abbracci o strette di mano.

«Purtroppo abbiamo deciso temporaneamente di sostituire due dei nostri annunci pubblicitari in cui si vedono interazioni umane, come abbracci e strette di mano, per l’attuale sensibilizzazione riguardo al COVID-19», ha spiegato Jill Baskin, attuale chief marketing officer di Hershey Co., alla rivista Ad Age, aggiungendo: «in questo momento le nostre adv sono state sostituite da spot incentrati sui prodotti» in cui non compaiono delle persone.

Una premessa importante va fatta, soprattutto per fornire maggiori dettagli a chi non ha particolare familiarità con il brand statunitense, noto – tra i vari prodotti – per i cioccolatini Hershey’s Kisses” (letteralmente “i baci di Hershey’s”): l’identità della marca è fortemente collegata alla promozione dei legami tra le persone, all’amicizia e alla coltivazione di rapporti significativi con gli altri. Iniziative come “The Heartwarming Project“, lanciate dal brand proprio a questo scopo, illustrano bene lo stile comunicativo di quest’azienda.

Con una simile brand identity e una comunicazione fortemente incentrata sui legami e sul contatto umano, è facile comprendere come il cambiamento, anche se temporaneo, inciderà in maniera considerevole sul tono di voce e sulla tipologia di adv proposti dal brand. Tuttavia, la presentazione di messaggi simili, in un periodo in cui i contatti fisici vengono espressamente sconsigliati (o vietati) per ridurre ed evitare i contagi di coronavirus, potrebbe stonare ed essere percepita come insensibile e inadeguata.

la comunicazione dei brand ai tempi del coronavirus

Anche altre aziende hanno adottato delle misure simili, adeguandosi all’attuale situazione di crisi e cercando di andare incontro allo stato d’animo o alla situazione di molti consumatori, colpiti in maniera diretta o indiretta da questo virus. Per esempio, il brand di birra Coors Light ha deciso di cancellare il lancio di una campagna dallo sloganOfficial beer of working’ remotely” (tradotto: “La birra ufficiale del lavoro da remoto“). Lo spot sarebbe stato lanciato in occasione dell’evento “March Madness”, il campionato statunitense di pallacanestro NCAA, e avrebbe ironizzato sulla «notevole riduzione nella produttività lavorativa» durante il torneo, a causa del grande interesse nei confronti dei match, come ha spiegato il CMO di Molson Coors, Michelle St. Jacques.

Tuttavia, considerando le numerose aziende che stanno chiedendo ai dipendenti di fare home working e smart working per evitare eventuali contagi, il messaggio potrebbe suonare inadeguato: «molte persone stanno lavorando da casa, non per vedere partite di pallacanestro ma per evitare di essere contagiati» e «l’ultima cosa che vogliamo è che la nostra comunicazione sembri insensibile o che venga fraintesa», ha precisato ancora il CMO.

Frame dello spot di KFC. Fonte: Ad Age

Anche la catena di fast-food KFC ha sospeso una campagna, lanciata di recente in UK, incentrata sul piacere di leccarsi le dita quando si mangia il pollo (“Finger Lickin’ Good“): un messaggio fortemente criticato perché ritenuto inappropriato e irresponsabile in questo periodo in cui, per combattere l’epidemia di coronavirus, bisogna essere più attenti alle regole relative all’igiene personale (e quindi anche alla pulizia delle mani). «Non sembra il momento giusto per trasmettere questa campagna, per cui abbiamo deciso di fermarla per ora, ma siamo molto fieri di essa e speriamo di ritrasmetterla in un altro momento», ha dichiarato un portavoce di KFC, sulla campagna ritirata per il coronavirus, al canale Fox News.

Qual È il ruolo dei brand (e della comunicazione pubblicitaria) in questa emergenza?

Potrebbero queste iniziative spingere altri brand a trasformare (almeno temporaneamente) la propria strategia comunicativa, adeguandosi all’attuale emergenza? Oppure la brand identity di marche come Baci Perugina o Mulino Bianco (per i celebri biscotti “Abbracci“) potrebbe essere sfruttata, in maniera creativa, per comunicare dei messaggi di sensibilizzazione e di promozione di comportamenti responsabili tra i consumatori, in questo momento di crisi?

Con le misure adottate soprattutto dall’Italia, inevitabilmente aumenterà il tempo trascorso a casa e, con ogni probabilità, anche il tempo trascorso davanti agli schermi, come ha dichiarato Steve Nason, research director di Parks Associates. Fra il consumo di TV, social media e piattaforme di streaming si potrebbe prevedere un potenziale aumento anche del tempo di esposizione alle pubblicità. Indipendentemente dalle abitudini di consumo dei media, adottate dai consumatori nei prossimi giorni, un momento di grave emergenza globale come quello attualmente vissuto non può che far riflettere sull’enorme responsabilità di tutti i soggetti che, come le grandi multinazionali, hanno la capacità di raggiungere un gran numero di persone con i propri messaggi.

Da questo punto di vista, ancora una volta, la pubblicità si presenta non solo come un riflesso della società (e dei relativi valori e problematiche vissute), ma anche come potenziale strumento per fornire modelli di comportamento positivi e, in questo caso, assolutamente necessari per affrontare un problema la cui soluzione dipende anche dal contributo e dalle precauzioni di ciascuno. Lo ha ricordato anche il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel discorso tenuto l’11 marzo, concluso con la frase: «Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore, per correre più veloci, domani».

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