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Tra influencer e viralità: le strategie di promozione di Gomorra

Strategie di promozione di Gomorra: un'analisi del successo

Tra ascolti molto alti e il ricorso ad alcuni influencer, un'analisi delle strategie di promozione di Gomorra.

Come ha dimostrato il caso “Game of Thrones, il successo di una serie TV dipende molto anche da quanto si investe nella sua promozione. La messa in onda della terza stagione, così, sembra essere stato un banco di prova importante per la validità delle strategie di promozione di Gomorra, la serie tratta dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano e che, dopo il cinema, è approdata sul piccolo schermo grazie alla regia, tra gli altri, di Stefano Sollima.

E se il successo di Gomorra fosse una strategia di branding per l’emittente?

In tanti provano dal 2014 (anno in cui è andata in onda in Italia la prima stagione, ndr) ad analizzare il successo delle vicende televisive della famiglia Savastano e dei clan rivali, nella maggior parte dei casi legandolo a scelte narrative atipiche nel panorama della serialità televisiva italiana, specie se il riferimento specifico è il crime drama. Per la prima volta, infatti, Gomorra sembra aver raccontato il sistema camorristico senza alcun intento didascalico e senza la classica dicotomia bene-male. Il risultato? Molto gradito al pubblico, almeno se si guardano i numeri: gli ultimi disponibili, quelli riguardo agli ascolti del primo episodio di #Gomorra3, parlano di un milione e tredici mila spettatori medi (più addirittura di quelli di altri prodotti di punta del palinsesto Sky, come la settima stagione de Il Trono di Spade che ha fatto, al primo episodio, ascolti di poco superiori ai 570mila) e di una permanenza allo schermo dell’80% (percentuale da Champions League).

Numeri come questi spingono a pensare che le strategie di promozione di Gomorra possano essere, almeno in parte, anche strategie di branding efficaci per l’emittente di riferimento. L’operazione Gomorra sembra essere stata, in altre parole, molto proficua per un player come Sky che non può non vivere di contenuti. Da anni infatti – come ha ribadito anche Simone Daniele, advertising e sales agent di Sky, in un’intervista ai nostri microfoni durante il Marketers Day 2016 – le pay TV hanno cominciato a puntare su format evento come Masterchef, X Factor, Gomorra appunto, sempre molto attesi dal pubblico e in grado di generare autonomamente conversazioni e conversioni, nel tentativo di aumentare la fedeltà e la retention degli spettatori.

È il modello stesso delle pay TV, del resto, che non permette di ignorare la questione abbonamenti: prima fonte di introiti insieme alla raccolta pubblicitaria, rischiano oggi di essere cannibalizzati sempre di più da forme alternative di consumo televisivo, come lo streaming su piattaforme in stile Netflix.

Non stupisce, allora, che realtà come Sky intraprendano strategie di branding piuttosto competitive, nella maggior parte dei casi guardando al modello della quality TV americana. Come prova a spiegare uno studio dell’Università di Salerno dal titolo “Gomorra remixed. Transmedia storytelling tra politiche di engagement mainstream e produttività del fandom”, infatti, con prodotti come Gomorra, Sky si emancipa dalla serialità italiana per com’è interpretata dalla maggior parte dei broadcaster nostrani, crea racconti globali (non a caso i diritti della serie sono stati già venduti in molti paesi esteri, ndr) e che, dalle scelte grafiche a quelle di regia, ricordano gli standard di HBO, uno dei maggiori punti di riferimento quanto a prodotti seriali. Un po’ meno semplice è valutare i risultati effettivamente ottenuti. Qualche suggerimento viene da uno studio di Talkwalker: nell’analizzare il corpo delle conversazioni social a tema #Gomorra3 e nel paragonarle a quelle di Suburra (una serie di Netflix appartenente allo stesso genere del crime drama e resa disponibile anch’essa nell’autunno 2017, ndr) è stato evidenziato come, su oltre 18 mila risultati attribuibili a Gomorra, solo in 3mila contenuti era stata menzionata Sky Atlantic – mentre chi parlava di Suburra menzionava Netflix oltre 10mila volte –, segno, forse, che il brand Sky è ancora troppo poco forte rispetto al brand Gomorra.

Una strategia digitale e glocale per la promozione di Gomorra è possibile?

A proposito di social e ambienti 2.0, non si può non notare però come nel tempo anche le strategie di promozione di Gomorra abbiano assunto una componente digitale sempre più spiccata, nonostante alcune scelte appaiano contrastanti in questo senso. Ci sono, per esempio, decine di pagine Facebook dei fan della serie e altrettanti account Instagram e Twitter curati da appassionati, ma non ci sono invece account ufficiali, direttamente gestiti dalla produzione. Tutti i contenuti sono veicolati dai canali ufficiali di Sky e sono rivolti a un pubblico in qualche misura generalista e, di conseguenza, non necessariamente già fan della serie. Sotto una lente strategica ciò potrebbe apparire come il tentativo di penetrare segmenti di pubblico molto diversi tra loro: una delle caratteristiche che Gomorra condivide con show diventati di culto come House of Cards o Game of Thrones è, del resto, risultare d’appeal per tipologie di spettatori molto diversi tra loro, giovani e meno giovani, binge watcher e fruitori solo occasionali di serie TV, riuscendo ad andare oltre a specifiche territoriali e linguistiche — a guardarla bene, la sfida di Gomorra sembra infatti saper parlare anche a un pubblico nazionale e internazionale nonostante scelte narrative, contestuali e linguistiche fortemente localizzate.

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Da dove provengono le conversazioni social a tema #Gomorra3? Fonte: Talkwalker

Proprio sull’aspetto linguistico vale la pena soffermarsi ulteriormente dal momento che Gomorra è tra le prime serie a parlare completamente in dialetto o, meglio, in uno slang che è facile immaginare sia quello di clan camorristici e affiliati. Si tratta, certo, di una scelta narrativa molto forte e che, a sentire qualcuno, avrebbe contribuito al successo stesso del “prodotto narrativo” Gomorra. Ci sono battute e “mantra” spesso ripetuti dai personaggi della serie diventati ormai topici, fino quasi a rappresentare un brand (le “due fritture” del boss Salvatore Conte o il suo “vienet’ a piglia’ ‘o perdono”, ecc.). Sono battute che hanno subito esse stesse una sorta di processo di “rimediazione”, tanto da essere ripetute in contesti molto differenti ed essere diventate elemento di riconoscimento tra i fan della serie. Non stupisce, allora, che proprio sul dialetto si siano giocate alcune strategie di promozione di Gomorra. Sky ha coinvolto attori storici e new entry dell’ultima stagione in un esperimento di brevi video-lezioni sullo slang, i modi di dire, la gestualità tipica dei personaggi e dell’espressività campana.

Un’operazione simile ha fatto Now TV (il servizio streaming e on demand per i contenuti di proprietà Sky) con le “lezioni di Gomorrese”: realizzate in collaborazione con il dizionario Zanichelli, si tratta di brevi contenuti destinati ai social che spiegano origine, etimologia, significato e utilizzi anche lati di alcuni termini ricorrenti nella serie.

Solo apparentemente controintuitive appaiono, proprio a proposito, scelte di Sky come quella di rendere contenuti extra e materiali di backstage disponibili anche a i non abbonati e a chi semplicemente acceda alla homepage: è una sorte che tocca a tutti i contenuti di punta del catalogo dell’emittente ed è chiaramente una mossa finalizzata a favorire l’incremento delle sottoscrizioni.

Strategie di promozione di Gomorra: perché non rinunciare a degli influencer

Per tornare però alla mancanza di canali social ufficiali di Gomorra, è interessante osservare come questi siano stati efficacemente rimpiazzati dall’attività di testimonial d’eccezione come il cast della serie. Non si tratta solo di essere presenti ad appuntamenti fondamentali del settore – conferenze stampa, prime, festival del cinema, ecc. – e documentare la propria presenza attraverso uno scatto su Instagram, uno snap, un post su Facebook: il coinvolgimento degli utenti va conquistato ormai giorno per giorno, con un continuo live streaming anche degli aspetti più personali e privati della propria vita, se questo serve ad accorciare le distanze e anche a rischio che personaggio e interprete si confondano. Nel caso di Gomorra esemplare è l’attività social di Salvatore Esposito (nella serie Genny Savastano, ndr): durante le riprese, nella fase di montaggio e di lavorazione in particolare della terza stagione, ha sfruttato i suoi canali social, le Storie di Instagram soprattutto, per creare una sorta di teaser continuo e altamente coinvolgente, con tanto di hashtag #stammturnann che è stato in diversi frangenti tra i trend di conversazione. Sua l’idea di coinvolgere anche altri influencer : alla vigilia della première, infatti, ha raccolto sui suoi canali social i messaggi di incoraggiamento e gli auguri per la nuova stagione di vip e personaggi famosi.

Anche lo studio già citato di Talwalker, del resto, rimarca l’importanza nelle strategie di promozione di Gomorra del ricorso agli influencer: Emma Marrone, nello specifico, si aggiudica la posizione di top influencer grazie a un selfie con Salvatore Esposito che ha ricevuto 52mila interazioni solo su Instagram (a novembre 2017, ndr).

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Il selfie con Salvatore Esposito, alias Genny Savastano, che ha incoronato Emma Marrone top influencer per #Gomorra3.

Senza contare che, andando indietro alle scorse stagioni della serie, non si può non guardare al ruolo che hanno avuto alcuni influencer d’eccezione. Come Roberto Saviano, per esempio, che più volte soprattutto nella prima stagione ha seguito la messa in onda degli episodi, commentandoli scena dopo scena e inserendosi come voce autorevole nel corposo flusso del second screen sulla serie. Persino più interessanti appaiono, però, i contributi di altri personaggi che hanno contribuito a dare una connotazione particolare all’universo Gomorra. Sono personaggi come cantanti neomelodici o nomi celebri del rap partenopeo (Ntò, Luchè, i Co’Sang, ecc.) che non hanno solo dato una colonna sonora alla serie ma l’hanno resa appetibile a un target molto ben definito e in parte diverso da quello di Sky.

Esattamente come il contributo dei The Jackal è stato fondamentale nello sdoganare la serie verso un pubblico più ampio: visto il grande successo e la viralità della cosiddetta “Trilogia della Frittura”, una serie di video che giocavano dichiaratamente sugli effetti – linguistici, più che comportamentali – di Gomorra sulla gente, è lecito chiedersi quante persone abbiano cominciato a vedere la serie dopo aver riso sulle battute del gruppo di comici. Gruppo di comici che il già citato studio dell’Università di Salerno individua, tra l’altro, come una sorta di terzo intermediario, Pro-Am (e cioè un professional amateur, letteralmente un amatore che lavora con standard e tecniche da professionisti, ndr), che è riuscito a creare un legame tra la produzione della serie e il suo pubblico e tanto più utile per Sky quanto più gratuito e frutto di dinamiche grassroots.

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I top influencer per #Gomorra3. Fonte: Talkwalker

Viralità, rischio spoiler, real time marketing: tutta la promozione involontaria di Gomorra

Proprio i contenuti dei The Jackal e gli altri user generated content mostrano chiaramente come una caratteristica imprescindibile delle strategie di promozione di Gomorra sia stata la condivisibilità: che siano contenuti ufficiali o che siano, invece, frutto della creatività della Rete, tutto ciò che riguarda la serie diventa virale in poco tempo e con pochi sforzi, come dimostra tra l’altro la grandissima quantità di meme sui personaggi, le battute iconiche della serie che circolano sui social e non solo.

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Uno dei tanti meme a tema Gomorra. Come sempre accade, citazioni e topoi della serie vengono ripresi e “remixati” in contesti diversi che hanno spesso a che fare con la contestazione o la satira politica.

Il contraltare è il rischio spoiler: per questo tra le iniziative più originali per il lancio della terza stagione della serie c’è stata “Spoiler Killers”, una sorta di campagna di sensibilizzazione con tanto di sito dedicato che permetteva di scegliere il personaggio preferito della serie e indirizzare un messaggio personalizzato, e non meno spietato, al colpevole dello spoiler.

A proposito di facilità di condivisione, infine, anche se di certo non ufficiali né previste dalla produzione tra le strategie di promozione di Gomorra, anche le iniziative di real time marketing dei brand hanno contribuito a creare buzz intorno a ogni nuova uscita della serie. Nel caso della messa in onda della terza stagione, per esempio, i protagonisti sembrano essere stati soprattutto i brand del food and beverage, forse anche perché alcune scene di culto delle precedenti stagioni avevano elementi culinari caratterizzanti.

In parte inedito, ma facilmente comprensibile se si guarda a quel radicamento al territorio di cui si accennava, è stato in questo senso il ricorso a strategie di marketing in tempo reale anche da parte di aziende e attività del territorio, strategie spesso tra l’altro associate a offerte, promozioni o presentazioni di prodotti speciali.

Immancabile invece l’iniziativa dell’agenzia funebre Taffo che, complice un turning point nella trama, più che un semplice meme virale ne ha approfittato per coinvolgere la sua fanbase in un’operazione di gamification.

real time marketing gomorra taffo

Come teaser della messa in onda di #Gomorra3, l’agenzia funebre Taffo ha organizzato il funerale di don Pietro Savastano e permesso a tutta la sua fanbase di scegliere la bara degna del boss.

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