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Techonomy italiana: un nuovo approccio all'economia e al mondo del lavoro

Techonomy italiana: un nuovo approccio all'economia e al mondo del lavoro

L'economia digitale ha portato alla nascita di nuove prospettive in ambito lavorativo e alla definizione della nuova techonomy italiana.

La continua crescita nel settore della tecnologia digitale sta lentamente cambiando il mercato italiano del lavoro. Tutti i settori, dai servizi bancari e finanziari al governo, fino al marketing e alla pubblicità, hanno tratto beneficio dall’integrazione digitale, creando nuovi posti di lavoro necessari per gestire le nuove risorse disponibili. Molti di questi profili richiesti oggi nel mercato del lavoro sono inediti, infatti alcuni di essi qualche anno fa nemmeno esistevano. Si pensi, per esempio, ai programme architects e ai social media manager. Ecco, quindi, che si entra a far parte in questo modo della nuova “techonomy“.

A questa crescita, però, si accompagna una velata minaccia: con l’economia digitale in crescita a un ritmo così serrato, il talento è diventato una merce rara. Trovare e assumere il giusto talento digitale è una necessità fondamentale per molte aziende italiane e per l’industria colmare le lacune sarà un lavoro arduo che richiederà grande attenzione. Infatti, ricerche di Empirica mostrano che entro il 2020 circa 500mila posti di lavoro nel mondo digitale potrebbero rimanere scoperti nell’UE. Le ripercussioni di questo divario di competenze si sentono già nel nostro paese. Secondo uno studio condotto da Modis, un’agenzia di reclutamento IT e ingegneria, il 22% dei posti nel settore digitale italiano è scoperto attualmente.

Competenza prima dell’esperienza

Nell’ambito della “techonomy”, quindi, la priorità è la formazione di dipendenti in grado di soddisfare i requisiti dell’era digitale. Coding e analisi dati possono essere insegnati, ma non la curiosità e la determinazione. Sempre più spesso, i datori di lavoro sono alla ricerca di “all-rounders”, persone con una marcata comprensione delle esigenze aziendali generali oltre che delle loro aree specifiche. Poiché i ruoli continuano ad evolversi in parallelo con la tecnologia, i dipendenti capaci di acquisire rapidamente le nuove competenze necessarie per gestire questi strumenti sono quelli che si distinguono. Infatti, la capacità di acquisire nuove competenze, oggi è la più rilevante.

Investire nella formazione e nello sviluppo contribuirà a colmare eventuali lacune di competenze, mentre fornire programmi di tutoraggio aiuterà i dipendenti a districarsi nel panorama digitale, particolarmente in quei nuovi posti di lavoro dove non è possibile seguire un percorso preimpostato.

Promuovere lo scambio di informazioni

Questo approccio alle competenze è particolarmente importante in quanto sviluppa la collaborazione tra team e abbatte la competizione a lavoro. Nella pubblicità digitale, ad esempio, le squadre non potranno più essere suddivise tra menti creative e menti analitiche. Non sono sufficienti un buon livello di conoscenza tecnica, capacità analitica e creatività, il marketer moderno deve riuscire ad unire queste competenze per creare correlazioni tra discipline che all’apparenza o in passato non erano integrate.

Inoltre, adottare un modus operandi che permetta l’errore, interpretandolo come strumento di crescita, è fondamentale per promuovere l’ innovazione e la crescita digitale. In un mondo in continua evoluzione, ci sono pochi standard, dunque avere un ambiente lavorativo che permette di testare, sbagliare e correggere è fondamentale nell’ambito della techonomy.

Formazione tecnica

Non tocca, però, solo al mercato promuovere la nuova economia: anche le università giocano un ruolo essenziale. In molti istituti europei gli esaminandi, invece di analizzare criticamente l’oggetto in esame, recitano pedissequamente le lezioni a memoria. Incoraggiare gli studenti a pensare analiticamente, qualunque sia l’oggetto, sarà fondamentale per dotarli della mentalità di cui hanno bisogno per lavorare nell’economia digitale. D’altronde, stiamo inventando il futuro, non esistono molti benchmark.

Le università possono anche cooperare con le imprese e le organizzazioni per introdurre e promuovere, presso gli studenti, queste nuove opportunità di lavoro tecnologico, talvolta anche per caso: non si tratta, però, di un aspetto negativo perché è probabile che di questa posizione lavorativa non se ne conosceva neanche l’esistenza finché non si è iniziato a cercare.

Promuovendo i rapporti con le università e le fiere del lavoro per laureati, dunque, le aziende possono aiutare questi talenti a trovare la propria destinazione.

Techonomy: verso una crescita sostenibile

È incoraggiante notare come il Governo stia lavorando duramente per investire e promuovere le competenze digitali nelle scuole e nelle università in tutto il paese. Entro il 2020 prevede, infatti, di investire 335 milioni di euro nel “Piano nazionale scuola digitale“, diretto alla creazione di studi digitali e all’insegnamento. Altri 70 milioni di euro andranno alle scuole secondarie e alle università per contribuire a finanziare corsi a indirizzo tecnico e master.

In quello che è stato un anno record per le M&A, è chiaro che l’economia digitale è destinata a crescere ulteriormente, quindi è incoraggiante notare iniziative, soprattutto sostenute dal governo, per promuovere e migliorare le competenze digitali. Per farlo in maniera sostenibile, però, le imprese e le università devono impegnarsi a promuovere questi percorsi di carriera alla prossima generazione di operatori tecnologici, consentendo di raccogliere i frutti del lavoro attraverso la creazione, magari, di uno specifico corso di laurea.

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