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Telemarketing finanziario: rischi connessi e poteri delle Authorities

Telemarketing finanziario: rischi connessi e i poteri delle Authorities

Sempre più frequenti sono le proposte di telemarketing finanziario: i rischi, tuttavia, sono molto alti. Quali gli strumenti amministrativi?

È una problematica nota e ancora irrisolta – nonostante i tentativi, anche normativi – quella del telemarketing effettuato con modalità aggressive o comunque in violazione della disciplina giuridica di riferimento. Particolarmente delicata, in tale ambito, è la questione relativa all’offerta a distanza di servizi finanziari (cd. telemarketing finanziario). Occorre però distinguere alcuni aspetti per evitare fraintendimenti.

La protezione dei dati personali e la disciplina di favore per i call center

A parte la imprescrindibilità dei requisiti di riconoscibilità, veridicità e correttezza allorché si tratti di messaggi pubblicitari, nel caso specifico del trattamento dei dati personali occorre riferirsi non solo al cd. codice privacy (D. Lgs. 196/2003) ma oramai anche al Regolamento Generale sulla protezione dei dati personali (Regolamento UE 2016/679, approvato il 27 aprile 2016 e destinato ad entrare in vigore i 25 maggio 2018 e noto come GDPR).

Ebbene, in termini generali, se il principio generale che informa la materia è quello della indefettibilità del consenso del titolare dei dati affinché degli stessi possano far utilizzo soggetti terzi (art. 23 Cod. Privacy e artt. 6-7 GDPR), una deroga significativa si rinviene proprio con riferimento alle comunicazioni indesiderate nell’ambito dei servizi di comunicazione elettronica, giacché dall’art. 130 del Cod. Privacy è stabilito che il trattamento dei dati contenuti negli elenchi pubblici di abbonati è consentito per finalità relative «all’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale».

Esiste quindi un sistema di opt-outin forza del quale gli operatori commerciali possono in via generale fruire dei dati ricavabili dagli elenchi degli abbonati, salvo che il singolo utente non esprima uno specifico dissenso, mediante l’iscrizione nei registri delle opposizioni.

Servizi finanziari e Forexdi cosa parliamo?

Ciò vale anche per il telemarketing finanziario e abilita, in senso più ampio, operatori commerciali e call-center a proporre indistintamente qualsivoglia tipo di prodotto o servizio? Non proprio. Particolari criticità genera, ad esempio, la diffusione di quelle comunicazioni a carattere commerciale aventi ad oggetto l’offerta di servizi finanziari o valutari, proposte che gli operatori telefonici spesso celano dietro più accattivanti e ambigue espressioni quali “Trading online“, “Trade” o “Forex“.

In particolare, dietro la criptica espressione Forex si cela un acronimo, ovverosia “Foreign exchange market“. Se “investiamo in Forex” in realtà stiamo entrando in un particolare mercato valutario, ovverosia un mercato per lo scambio di valuta straniera in cui gli investitori (ovverosia coloro che aderiscono alla proposta telefonica) intervengono indirettamente, cioè per il tramite di broker o investitori istituzionali. Quel che comunque è importante sottolineare è che i soggetti che operano in detti mercati sono molteplici e ancor più numerosi possono essere gli intermediari, vale a dire i “procacciatori“, spesso peraltro riconducibili a società di diritto straniero. Si tratta, peraltro, non di un mercato regolamentato e con prezzi ufficiali, bensì di un mercato non regolamentato in cui gli operatori di tutto il mondo negoziano direttamente fra loro (effettuando in questo modo negoziazioni “Over the Counter” – OTC).

Si entra, quindi, in un universo estremamente complesso e delicato, sicuramente poco adatto a chi non possiede specifiche competenze in materia di negoziazione di strumenti finanziari. In termini espliciti si esprime del resto la Consob, sostenendo che la caratteristica di tali strumenti è «quella di avere strutture e modalità di funzionamento tali per cui agli stessi sono associati una serie di rilevanti rischi difficilmente comprensibili e valutabili. Per tale ragione, le forme di investimento in parola non sono adatte alla maggior parte degli investitori» (grassetto e sottolineato originali, ndr).

L’autorità di vigilanza, del resto, è perfettamente consapevole dei pericoli connessi al telemarketing finanziario, avendo affermato che tali prodotti «vengono distribuiti molto spesso facendo ricorso a pratiche commerciali che (attraverso, per esempio, comunicazioni pubblicitarie diffuse e fuorvianti, chiamate telefoniche ripetute e insistenti, invio massivo e non richiesto di email, offerta di bonus iniziali o ricorrenti) possono condizionare le scelte economiche dei risparmiatori anche in quanto amplificano le potenzialità della commercializzazione di beni e servizi attraverso la rete elettronica (con il canale elettronico, bastano pochi click e pochi secondi per effettuare un investimento). In tali condizioni i risparmiatori finiscono, quasi sempre, per avviare l’operatività nei prodotti in parola senza una reale e preventiva comprensione e valutazione dell’effettiva portata dei rischi ad essi connessi e per perdere tutto o gran parte di quanto hanno investito».

Telemarketing finanziario: il quadro normativo di riferimento e le pratiche scorrette escogitate

Va aggiunto che ai sensi dell’art. 26 lett. c) del Codice del Consumo costituisce una pratica commerciale considerata in ogni caso aggressiva effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o altro mezzo di comunicazione a distanza. In realtà la stessa norma contempla una deroga per il caso di cui all’art. 130 del Codice privacy, come si è visto, ovvero l’attività di contatto a fini commerciali di utenze ricavate dai pubblici elenchi. Tuttavia, sembra ragionevole sostenere che la deroga in questione riguardi solamente il carattere “non richiesto” della comunicazione (che quindi non potrà essere considerata per ciò solo aggressiva), ma non invece quello della reiterazione del contatto, che ben può assumere connotati molesti e quindi dar luogo a una pratica aggressiva.

A parte ciò, comunque, va precisato che i servizi in questione, proprio per il rischio che vi è connaturato, non possono assolutamente essere proposti nelle disinvolte forme di cui si è detto:

  1. anzitutto, infatti, occorre precisare che il soggetto che negozia servizi finanziari (e che però troppo spesso rimane occulto in caso di telemarketing finanziario) deve essere autorizzato ad operare in Italia (art. 18 Testo unico in materia di intermediazione finanziaria). La verifica di tale autorizzazione è possibile consultando gli appositi elenchi tenuti a cura della Consob (per quanto riguarda le imprese di investimento) e della Banca d’Italia (per quanto riguarda le banche), reperibili sui rispettivi siti istituzionali. A tal fine, è opportuno consultare altresì la sezione “Avvisi ai risparmiatori” presente sul sito istituzionale Consob, contenente le segnalazioni, provenienti da autorità di vigilanza estere, oltre che dalla stessa Consob, di attività di tipo finanziario svolte abusivamente e dei soggetti cui fanno capo. Particolarmente efficace, in proposito, è il meccanismo integrato di “schedatura” dei soggetti che operano servizi di investimento, finanziari e assicurativi senza le previste autorizzazioni, giacché esso prevede che confluiscano in un elenco le segnalazioni provenienti dalle Authorities Ue ed extra-UE (l’ultima, proprio relativa ai Forex, del 22 gennaio 2018, ha raccolto i dati forniti da Regno Unito, Francia, Belgio, Irlanda, Polonia, Svizzera, Austria, Hong Kong, Repubblica Ceca e Jersey);
  2. ai sensi degli artt. 67-bis e ss. del Codice del Consumo, poi, ove si faccia luogo alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, anche nell’ipotesi in cui una delle fasi della commercializzazione comporti la partecipazione di un soggetto diverso dal fornitore (come, ad esempio, ove interviene il call-center) sono imposti particolari ed estremamente stringenti obblighi informativi relativi al fornitore (art. 67-quinquies), al servizio finanziario (art. 67-sexies), al contenuto e alle peculiarità del contratto a distanza (art. 67-septies) nonché alle procedure di ricorso (art. 67-nonies). Ulteriori e ancor più specifiche informazioni sono poi dovute in caso di comunicazioni mediante telefonia vocale;
  3. tranciante, poi, è la previsione di cui all’art. 67-sexiesdecies del Codice del Consumo, secondo cui le tecniche di comunicazione a distanza, allorché effettuate mediante sistemi di chiamata senza intervento di un operatore, cioè mediante telefax e comunque quando consentono una comunicazione individualenon sono autorizzate se non è stato ottenuto il consenso del consumatore interessato. In altri termini, non si possono vendere servizi finanziari come fossero surgelati o enciclopedie.

Il tutto, peraltro, è aggravato dal fatto che spesso i contatti telefonici (o telematici) con cui viene effettuata l’offerta di sottoscrizione di servizi finanziari avvengono da parte di soggetti che non si premurano di identificare chi sia il committente per conto del quale viene effettuata la proposta e, anzi, mettono in atto dei veri e propri tentativi di sviamento anche della loro identità. Da alcune verifiche effettuate dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, infatti, è emerso che molto spesso gli stessi call-center, ove pure rendano visibile il proprio numero telefonico, adottino accorgimenti di occultamento mediante i quali si fa apparire una numerazione geografica nazionale (ad esempio con indicazione del prefisso di Roma o Milano) mentre in realtà il contatto proviene da soggetti stabiliti al di fuori dell’Unione Europea.

Come difendersi e quali poteri hanno le Autorità Amministrative?

Ciò deve spingere a dure riflessioni: a parte il caso in cui il telemarketing finanziario (ma non solo) sia tout court abusivo e/o aggressivo, in ogni caso la mancanza di trasparenza che sotto più profili è stata evidenziata dovrebbe indurre i soggetti contattati a una estrema prudenza nell’accogliere le sollecitazioni all’acquisto o all’investimento ricevute, giacché il fatto di non voler rendere palesi i soggetti in nome e per conto dei quali si opera ovvero l’alterazione della provenienza geografica non possono che deporre negativamente in ordine all’affidabilità di questi industriosi interlocutori.

Sotto altro ma connesso profilo, poi, è facile comprendere come il radicarsi dei soggetti in questione non solo al di fuori del territorio nazionale, ma addirittura al di fuori dei confini UE, comporta la limitazione sostanziale, per non dire l’annullamento, dei poteri di controllo esercitabili dalle Autorità Amministrative a ciò preposte (Garante Privacy, Consob, AGCM).

In particolare, va ribadito che i soggetti effettivamente autorizzati a proporre servizi finanziari sono per lo più imprese di investimento o banche comunitarie che operano in Italia in libera prestazione di servizi (cioè direttamente dal Paese in cui hanno la sede legale e sulla base dell’autorizzazione concessa dall’Autorità di vigilanza del loro Paese di origine), ovvero comunitarie o extracomunitarie che operano attraverso una sede secondaria stabilita sul territorio nazionale (succursale). Nei confronti di tali soggetti effettivamente la Consob dispone di poteri, seppur limitati, di vigilanza e/o di intervento secondo la normativa comunitaria, comunque circoscritti all’azione della succursale italiana in caso di soggetti che hanno sede in altro paese dell’Unione.

Diversamente, con riferimento ai numerosi soggetti abusivi, cioè sprovvisti di autorizzazione a operare nel nostro Paese e che, cionondimeno, agiscono nell’universo del telemarketing finanziario, non si è garantiti dalla vigilanza amministrativa da parte di alcuna Autorità.

Anche il Garante Privacy, poi, pur con i limiti giuridici e materiali anzidetti, è impegnato, per quanto di competenza, in una azione di contrasto al marketing aggressivo e abusivo connesso all’offerta di servizi in violazione delle norme sul trattamento dei dati personali, come ad esempio è avvenuto con il provvedimento del 22 giugno 2016, n. 275, che ha riguardato l’illecito trattamento di circa due milioni di utenze telefoniche o quello del 15 giugno 2017, n. 268 relativo ad un milione di utenti. La prudenza, in ogni caso, deve essere massima.

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